L'intervista
Uricchio: «Ammodernare la tassazione per ridistribuire gli introiti nel welfare»
Il convegno; oggi a Giurisprudenza a Bari si discute di fisco al tempo della crescente e debordante economia digitale
«Un fisco al passo del tempo digitale, che sappia immaginare nuovi scenari, funzionali anche alla tenuta del welfare europeo»: Antonio Uricchio, ordinario di Diritto Tributario e Scienze delle Finanze all’Università di Bari, nonché presidente dell’Anvur, spiega così il focus del convegno su “La tassazione nell’era digitale”, promosso oggi a Bari, nell’aula Aldo Moro, da Top24 Fisco. Alla giornata di studi parteciperanno il direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo barese Andrea Lovato, Serena Triggiani, presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari, Saverio Piccarreta, presidente dell’ordine dei commercialisti di Bari. Terranno una relazione, oltre all’ex rettore, anche il prof. Gaetano Ragucci di UniMilano, e il prof. Gianluca Selicato di Uniba.
Professor Uricchio, il mondo cambia e l’infrastruttura digitale influisce anche sulle tassazioni nazionali e sui bilanci degli stati. Da dove partire per immaginare nuove regole?
«La spinta dell’innovazione tecnologica ha ridisegnato le modalità di produrre ricchezza, ma il fisco è rimasto immutato rispetto a queste dinamiche. Con questo volume di denaro sul web, immaginiamo un nuovo scenario di cui si discute da anni, senza però un approdo definitivo. Con il saggio a quattro mani, con il prof. Franco Gallo, “La tassazione dell’economia digitale” per Cacucci, abbiamo studiato nuove forme di prelievo, come le imposta sui servizi digitali, ma anche la global minimun tax».
In cosa consiste?
«Attraverso un prelievo minimo si incide anche su aziende che hanno sedi in paesi a bassa fiscalità. Oltre a tassare lavoro e casa, abbiamo voluto approfondire forme di tassazione possibili legate alla rete, come la tassazione, le criptovalute e il metaverso, con modelli di prelievo più aderenti alla ricchezza che corre sui sentieri digitali».
Molte transazioni avvengono su piattaforme internazionali apolidi. Che può fare uno stato per regolamentare gli spostamenti di denaro per merci o servizi sul proprio territorio?
«L'Italia ha introdotto l’imposta sui servizi digitali limitata a pochi operatori, circa 200, con una soglia di operazioni molto alta. La global minimum tax è solo una ipotesi».
Spesso le grandi multinazionali che fanno utili con il web sono state multate, ma con piccole cifre rispetto alla mole di introiti acquisti quotidianamente. Un nuovo quadro dovrebbe prevedere norme nazionali e internazionali. Chi sono i legislatori?
«C’è un livello di condivisione della comunità internazionale che passa attraverso trattati multilaterali. La global minimum tax potrebbe nascere da una condivisione di una tassazione minima, che ha già registrato l’adesione di quasi 150 paesi. L’Ocse è una delle sedi adatte per un accordo multilaterale. I livelli sono unionale, statale e internazionale-globale».
La global minimum tax: chi la osteggia?
«Apparentemente gli stati sono concordi, persino Biden l'ha sostenuta, ma i tempi si sono dilatati e la tassazione della rete non è praticata. C’è un dibattito da venti anni, ma ci sono grandi ritardi, per la resistenza delle lobbies delle multinazionali digitali e una scarsa capacità dei legislatori nazionali e internazionali nel muoversi su queste frontiere».
Il welfare dei prossimi anni si dovrà fondare e soprattutto sulla tassazione delle transazioni digitali?
«Bisogna rendere il sistema fiscale più moderno e equo per ridistribuire le ricchezza al tempo di colossi che hanno capitali enormi non tassati. Non si può rimanere a tassare solo case e redditi come nel secolo scorso».