Preoccupa l'escalation di prepotenze e rabbia indomita che sta prendendo sempre più piede tra i giovani pugliesi.
Gli ultimi incresciosi episodi accaduti nel Tacco d’Italia (ad agosto, per esempio, il titolare di un locale in piazza Castello a Bitonto è stato accerchiato e picchiato da un gruppo di minorenni terribili e, la stessa sera, nella vicina piazza Cavour, sempre nel centro storico, un 40enne fu aggredito con un pugno al volto da un adolescente che lo avrebbe inseguito dopo un tentativo fallito di scippargli il borsello; a Bari, invece, solo qualche giorno fa, un 20enne di Ceglie del campo è stato aggredito ripetutamente con calci e pugni al volto, all’addome, alle gambe da un gruppo di coetanei in pieno centro cittadino, nelle strade che dal retro del teatro Petruzzelli conducono al mare), purtroppo, confermano il triste dato che è emerso dal report stilato di recente da «Transcrime», il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con il Servizio analisi criminale del Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno e il Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità del ministero della Giustizia: secondo gli Uffici di servizio sociale per i minorenni, infatti, negli ultimi cinque anni in Puglia è aumentata la presenza di baby gang e i reati commessi da gruppi criminali composti da ragazzi e giovani sono sempre più gravi.
I carabinieri, invece, nell'ultimo quinquennio registrano un aumento delle denunce nella provincia di Lecce e un dato stabile nelle province di Bari, Bat e Foggia. Per la polizia è il Foggiano a subire le conseguenze di un aumento delle baby gang.
Si tratta di gruppi composti da meno di dieci membri, nella maggior parte dei casi italiani, in prevalenza maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. È la fotografia delle gang giovanili operanti in Puglia scattata dal rapporto del Viminale.
Le vittime di aggressioni, lesioni, atti di bullismo, sono spesso coetanei, ma si parla anche di atti di vandalismo e disturbo della quiete pubblica, fino a reati più gravi come traffico di stupefacenti e rapine.
La mappatura di «Transcrime» individua quattro macro-modelli di banda giovanile, definiti anche in base all'attività sui social dei loro componenti, alle loro caratteristiche socio-anagrafiche e alla ripetitività dei reati commessi.
Il più diffuso sui territori del Sud è quello caratterizzato dalla mancanza di organizzazione verticistica, composto in maggioranza da ragazzi minorenni che infieriscono su coetanei. Traffico di droga, estorsioni, rapine, in case o locali pubblici, sono invece reati, di altra gravità, commessi da un secondo tipo di gang, più diffusa in Puglia come in altre regioni del Sud Italia, che si ispira a o ha legami con organizzazioni criminali strutturate.
Nel Salento, per esempio, il report cita la banda dei «Orfanelli», una gang giovanile composta da quasi 20 membri, tutti italiani e prevalentemente minorenni. Fra i reati commessi da questo
gruppo vi sono quelli di tortura, lesioni, danneggiamento, violazione di domicilio nei confronti di un sessantaseienne affetto da disabilità psichica.
Nel Centro-Nord Italia, invece, a differenza di quanto avviene nel Sud, più diffuso è un terzo tipo di banda giovanile che si ispira a gang criminali estere, composto prevalentemente da ragazzi stranieri, di prima o seconda generazione, non integrati a livello sociale. Il quarto e ultimo tipo di baby gang mappato è quello diffuso nelle aree urbane, caratterizzato da una struttura definita e dalla gravità dei reati commessi, pur non avendo legami con la criminalità.
«La risposta delle istituzioni (raramente in sede giudiziaria è riconosciuta l'associazione per delinquere, ndr) è "la messa alla prova" ma - commenta il prefetto Vittorio Rizzi, direttore centrale della Polizia criminale che, tramite il Servizio analisi criminale, ha già dedicato diversi report alla devianza minorile - ma denota la mancanza a oggi di un approccio specifico, mentre il quadro complessivo del fenomeno evidenzia la necessità di un approccio integrato alla devianza di cui le baby-gang sono espressione, che tenga conto di molteplici aspetti, familiari, sociali e psicopatologici».