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Scandalo fecondazione assistita, il caso Nardò nel mirino del Nirs: «La Asl rischia di pagare i danni»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Scandalo fecondazione assistita, il caso Nardò nel mirino del Nirs: «La Asl rischia di pagare i danni»

Pma, Puglia in ritardo: aperti soltanto due centri pubblici

Martedì 02 Agosto 2022, 14:15

I 300 campioni biologici stoccati nel centro di Procreazione medicalmente assistita di Nardò, chiuso nel 2019 per carenze strutturali, potrebbero essere ormai inutilizzabili. Avrebbero dovuto essere trasferiti nella nuova struttura di Lecce, che non c’è e non ci sarà a breve. È per questo che la Asl, finita nella bufera dell’inchiesta della Procura sull’ex assessore Totò Ruggeri, rischia di essere chiamata a risarcire le coppie che avevano avviato il percorso della fecondazione artificiale.

È questo il tema più spinoso affrontato la scorsa settimana dal capo del Nucleo degli ispettori della sanità, Antonio La Scala, che ha condotto in prima persona le verifiche nella sede della Asl di Lecce. L’ormai ex direttore generale Rodolfo Rollo (il gip non ha ancora deciso sulla richiesta di interdizione presentata dalla Procura) è accusato di concorso in corruzione per aver stipulato una convenzione da 3 milioni l’anno con l’ospedale ecclesiastico Panico di Tricase in cambio dell’assunzione del figlio. Ma dalle carte dell’inchiesta condotta dal pm Alessandro Prontera è emerso anche il rilascio di un’autorizzazione per un centro privato di Pma di primo livello a Muro Leccese, ubicato in un immobile di proprietà di Ruggeri: la stessa struttura stava tentando di ottenere anche l’autorizzazione di secondo livello.

Il paradosso del centro di Nardò (che dista 30 km da Muro Leccese) non poteva dunque passare sotto silenzio. L’unica struttura pubblica di Pma del Salento doveva essere trasferita al «Fazzi», dove però non ci sono spazi sufficienti: la Regione ha chiesto al commissario straordinario della Asl, Stefano Rossi, di presentare un cronoprogramma. Ma il tempo si misura in mesi. E i campioni congelati a Nardò potrebbero, ormai, essere inutili, perché più passa il tempo e minori sono le possibilità che la fecondazione artificiale abbia successo: per questo la Asl di Lecce è subissata di diffide da parte degli avvocati.

La Pma in Puglia è nei fatti affidata ai privati, favorendo da anni un oscuro sistema di «consulenti» (molto generosi con i medici) che convogliano le coppie verso la Spagna. La programmazione regionale è rimasta sulla carta. I centri pubblici attivi sono solo due (Bari e Conversano), e nessuno è abilitato per il terzo livello (il Policlinico dovrebbe partire nel 2023, Lecce e Foggia non pervenuti). Compmetano la rete sette strutture private di primo livello (fecondazione intrauterina) e nove di secondo livello (abilitate cioè alla fecondazione in vitro) di cui sette da ri-certificare, più Molfetta (sospesa) e Salus Brindisi (in attesa di autorizzazione). Quello di Lecce, però, è un vero e proprio scandalo. «Sono passati davvero troppi anni - allarga le braccia il professor Loreto Gesualdo, coordinatore del Centro regionale trapianti -, noi ci occupiamo della certificazione e della validazione del percorso, ma l’accreditamento dei centri spetta sempre alla Asl».

Il Nirs dovrà stabilire se ci siano state irregolarità nel percorso amministrativo per il centro di Nardò, mentre il dipartimento Salute della Regione sta predisponendo una relazione sull’iter di accreditamento del centro di Muro Leccese finito nell’inchiesta di Lecce. Ma gli ispettori sanitari si occuperanno anche della Sanitaservice, partendo anche qui come a Bari dalle ambulanze per internalizzare il 118: la società in-house salentina le ha comprate utilizzando la convenzione Consip, ma è emerso che la spesa (5 milioni) non trovava copertura in bilancio, e adesso dovrà essere assunta dalla Asl. Criticità anche sul fronte del personale: oltre alle assunzioni di parenti di persone coinvolte nell’inchiesta, sono emerse consulenze per centinaia di migliaia di euro l’anno a fronte di funzioni ritenute non indispensabili.

L’inchiesta del pm Prontera ha ricostruito un sistema di favori che vedeva al centro l’ex assessore Ruggeri e aveva nella Asl uno dei suoi punti nevralgici. La prospettazione di accusa, a livello indiziario, è stata confermata davanti al Riesame che ha sostanzialmente confermato le misure emesse dal gip Simona Panzera. Gli ultimi ricorsi verranno discussi venerdì. Ma nel frattempo le indagini della Finanza stanno approfondendo altri episodi collegati con la gestione della sanità.

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