Lo scandalo
«Protezione civile, Lerario truccò l’appalto per la sede di Foggia»
La Finanza: un errore sull’Iva fece recuperare il ribasso all’impresa. Il funzionario intercettato: «Marescià, noi non c’entriamo niente...».
BARI - A un certo punto anche i più stretti collaboratori di Mario Lerario si erano resi conto che qualcosa non andava. «Io posso capire le cose piccole sì, ma su queste grosse forniture, bisogna cambiare... Dmeco...», diceva il 21 settembre, tre mesi prima dell’arresto del suo capo, il funzionario regionale Antonio Mercurio riferendosi all’azienda foggiana Dmeco. «Gli abbiamo dato venti milioni di euro... trenta milioni di euro», gli ribatteva un collega. E poi, ancora Mercurio: «Marescià, se stai ancora là, noi non c'entriamo niente».
Sul punto («Non c’entriamo niente») la Procura di Bari sta svolgendo approfondimenti, perché pure Mercurio risulta indagato (turbativa d’asta e falso) nel filone che riguarda i lavori per l’ospedale covid della Fiera del Levante, quello da cui è partita l’inchiesta sugli appalti della Protezione civile. E che, grazie alle intercettazioni, ha portato all’arresto in flagranza di Lerario e dei due imprenditori che il 16 giugno andranno a processo per corruzione. Uno è appunto Donato Mottola, di Noci, cui fa capo la Dmeco, che ha fornito moduli prefabbricati in mezza Puglia. «Io - dice in quella intercettazione Mercurio, riferendosi a Lerario e all’appalto per il campo Covid del Cara di Borgo Mezzanone che poi la Regione ha rescisso riconoscendo le irregolarità procedurali - gli dissi “fatti un indagine di mercato, non li devi prendere per forza da Dmeco (...) Non so perché quello si è innamorato di Dmeco». La Finanza ritiene che il motivo siano i soldi: i 20mila euro in contanti che Mottola ha messo tra i regali di Natale, il giorno prima che l’altro imprenditore arrestato, Luca Leccese, consegnasse a Lerario altri 10mila euro in contanti facendo scattare il fermo della Finanza.
Nei capi di imputazione su cui il procuratore Roberto Rossi e l’aggiunto Alessio Coccioli hanno chiesto il giudizio immediato di Lerario e dei due imprenditori, l’accusa ritiene che l’ex dirigente della Protezione civile abbia truccato gli appalti (tra cui quello per il Cara) a favore delle società di Leccese e Mottola. Utilizzando espedienti poi emersi a seguito dell’esame degli atti sequestrati dalla Finanza in Regione.
Una delle situazioni più clamorose è quella che riguarda la sede della Protezione civile nel nuovo aeroporto di Foggia, aggiudicata alla Edil Sella di Leccese a seguito di una procedura cui Lerario ha invitato 24 imprese, tra cui tre riconducibili all’imprenditore foggiano (tutte senza i requisiti specifici necessari). Ebbene, non solo i finanzieri ritengono di avere accertato che la commissione di gara ha aggiustato ex-post i punteggi per far sì che la Edil Sella superasse l’unica altra impresa partecipante (che aveva offerto un ribasso del 23,98% contro). Ma hanno verificato che, grazie a un trucco, Lerario avrebbe fatto recuperare alla Edil Sella il ribasso del 5% offerto in gara.
Ad aprile 2020, infatti, Lerario ha approvato il quadro economico dell’appalto commettendo un singolare errore. «A fronte dell’importo imponibile di 755.007,37 (soggetto ad un’Iva del 10%) - scrive la Finanza nell’informativa conclusiva -, viene indicata un’Iva errata (con aliquota del 15%) pari ad euro 113.251,10, anziché quella corretta del 10% pari a 75.500,74. Va quindi evidenziato che, nei fatti, il ribasso offerto in fase di gara dall’aggiudicataria dell’appalto, viene poi completamente assorbito dall’errata indicazione dell’Iva». Infatti poi «in sede di pagamento, l’Iva è stata correttamente calcolata con aliquota 10% ma l’impegno di spesa è rimasto quello sovrastimato». In questo modo all’impresa è stato liquidato «un importo superiore rispetto a quello dovuto pari ad euro 28.251,53».
Anche su quell’appalto, come in molti degli altri finiti sotto indagine, la Protezione civile ha poi fatto crescere la spesa totale da 755mila a oltre 1,2 milioni di euro attraverso due ordini di servizio in tre mesi. «Si può ipotizzare - scrive la Finanza - che le due varianti disposte siano in realtà parte di un unico lavoro e pertanto il relativo frazionamento è stato verosimilmente inteso ad aggirare il codice degli appalti». Lerario chiederà il giudizio abbreviato.