Il caso

Depositi nucleari in Puglia: «solo errori, rischi e danni». No tombale della Regione

Marisa Ingrosso

I territori hanno un patrimonio da tutelare fatto di Doc, Dop, Igp, Igt che vale 440 milioni di export in un anno

Scienza, economia e politica si saldano e dalla Regione Puglia arriva un «no» granitico, tombale, allo Stato italiano che vorrebbe impiantare i depositi nucleari sul suolo pugliese. Il «no» arriva dopo 4 mesi di studi e riunioni, di una larga squadra di accademici e professionisti pugliesi che, nell’ambito del Tavolo di coordinamento regionale (presieduto dal presidente della Regione, composto dall’assessora all’Ambiente e dai sindaci dei Comuni di Gravina in Puglia, Altamura, Laterza, e coordinato dalla dirigente Barbara Valenzano), hanno affrontato una sfida epocale: smontare in punta di Scienza i criteri che hanno fatto rientrare 5 località pugliesi nella lista dei siti idonei a ospitare il cimitero nazionale delle scorie radiotossiche. Ricordiamo che le aree sono nella provincia di Bari, nei comuni di Gravina in Puglia (il sito denominato dallo Stato come BA-5), Altamura (i siti a cavallo con l’area di Matera e denominati BA_MT-4 e BA_MT-5), e nella provincia di Taranto, nel territorio di Laterza (i siti a cavallo del Materano definiti TA_MT-18 e TA_MT-17).

Il 12 gennaio il Consiglio regionale votava all’unanimità una mozione urgente che impegnava la Giunta «a praticare ogni utile iniziativa finalizzata a far desistere il governo» e ora, a valle della elaborazione, il documento tecnico degli scienziati è esso stesso diventato un documento «politico», fatto proprio dalla Giunta che ha approvato la relativa relazione dell’assessora all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio, manifestando – si legge sul bollettino regionale n.54 - «la totale unanime contrarietà della Regione.
Il faldone in queste ore viene trasmesso alla Sogin, la Spa pubblica che dovrebbe occuparsi di costruzione e gestione dell’opera.

ERRORI, rischi e danni Il primo macro-errore messo in evidenza dal documento è d’una gravità sconcertante: hanno cercato siti buoni a ospitare materiale ad attività media, bassa e molto bassa (le cui radiazioni si schermano con un foglio di alluminio o di carta), ma poi ci vogliono mettere anche materiale micidiale, come il Plutonio. Il rilievo è perfettamente in linea con quanto rivelò su queste pagine il prof. Paolo Spinelli, già docente di Fisica Nucleare e Subnucleare dell’Università di Bari (si veda «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 18 gennaio scorso; ndr). Infatti, questo che viene definito Deposito Unico Nazionale è, in realtà, un deposito matrioska in cui, oltre al deposito per i materiali meno pericolosi, ne costruiranno un altro, denominato CSA - Complesso Stoccaggio Alta attività, per materiali tra i più letali e «temporaneo», per almeno mezzo secolo.
Nel progetto preliminare del deposito di bassa attività, la Sogin promette di mantenere «sempre attivo un sistema di drenaggio che permetterà di isolare e controllare eventuali infiltrazioni di acqua nel deposito». La Regione fa notare che siccome i materiali disciolti possono rimanere letali anche oltre i 300 anni e il territorio prescelto è quello carsico murgiano «qualora si debbano sfruttare risorse idriche dal sottosuolo, preziose per il territorio pugliese» 300 anni sono pochi. E del resto – come disse alla «Gazzetta» il prof. Giuseppe Mastronuzzi (il numero in edicola il 18 gennaio; ndr) – gli studi geologici di Sogin sono «superati», mentre le aree interessate «risultano essere ubicate ad una distanza dai pozzi più prossimali gestiti da AQP per l’Approvvigionamento Idrico della Regione Puglia, compresa tra i 7 Km (Distanza BA-5 – Pozzo Gravina) e i 21 Km (Distanza MT-16 – Campo Pozzi Castellaneta)» e «ad una distanza compresa tra i 10 Km (Distanza da PZ-8) e i 26 Km (Distanza BA-5) dal Canale Principale dell’AQP».

Sin dal 2010 (regolamento regionale 24/2010), nelle aree in cui ricadono i siti MT-TA17 e MT TA-18 e BA-5, in quanto «aree di connessione» tra «Aree protette nazionali e regionali, Sic, Zips», non si possono costruire neppure «impianti alimentati da fonti rinnovabili» di energia, figuriamoci - dice la Regione - se si possono dedicare all’«atomo» 150 ettari. Ma la Puglia ha anche fatto un’indagine con i dati satellitari della costellazione SENTINEL e ha scoperto che le 5 aree sono soggette «ad anomale deformazioni del suolo» e non sono idonee.

Sul piano naturalistico, si tratta di siti che si «affacciano» su aree protette come il parco Nazionale dell’Alta Murgia (TA_MT-17 e TA_MT-18 sono vicinissime al Parco regionale Terra delle Gravine) e interferiscono con l’habitat di tante specie tutelate. Meraviglie assolute come l’Uomo di Altamura, la Cava Pontrelli (Cava dei dinosauri), il Pulo, ricadono proprio nelle aree BA-MT4 e BA-MT5.

I territori di Gravina in Puglia, Altamura e Laterza - rileva la Regione - hanno un altro patrimonio, si chiamano Caciocavallo silano DOP, Canestrato pugliese DOP, Mozzarella di Gioia del Colle, Pane di Altamura DOP, Olio Terra di Bari DOP, Olio Terre Tarentine DOP, Burrata di Andria IGP, Lenticchia di Altamura IGP, Olio di Puglia IGP, Primitivo di Manduria Dolce Naturale DOCG, Aleatico di Puglia DOC, Gioia del Colle DOC, Gravina DOC, Negramaro Terra d’Otranto DOC, Primitivo di Manduria DOC, Daunia IGT, Puglia IGT, Salento IGT, Tarantino IGT, Valle d’Itria IGT. Che effetti di «marketing» avrebbe il nucleare di tutta Italia su questi prodotti? Solo di export nel 2020 valevano 440 milioni di euro. Il biologico? Pure quello è un patrimonio. Nei territori di Altamura, Gravina e Laterza operano 600 produttori biologici, la superficie totale destinata a coltivazione bio è di 24.139ha e nei tre comuni ci sono 142 operatori zootecnici in biologico.
In conclusione, «la realizzazione del Deposito lascia sul territorio una lunga eredità in termini di tempo e soprattutto in termini di rischi per l’approvvigionamento potabile, la coltura, la biosfera e l’ecosistema. Rischi non accettabili».

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