BARI - Avvocato e politico, Raffaele Della Valle è stato, tra gli altri, il legale di Enzo Tortora e della modella americana Terry Broome. Ha fatto parte della Commissione Giustizia, nella quale ha svolto l'attività di relatore nel disegno di legge sulla custodia cautelare ed è stato membro della Commissione Stragi.
La questione Uffici giudiziari a Bari è ormai paradossale. Si discute da decenni di un Polo giudiziario, ma se tutto - difficilmente, sembra - andrà bene, occorrerà attendere ancora un bel po’. Che ne pensa?
«La civiltà di un Paese si misura dalla qualità e dall’efficienza degli ospedali, delle carceri e degli uffici giudiziari. E non mi riferisco solo alla qualità del capitale umano che ci lavora, ma anche all’aspetto prettamente edilizio. Una struttura gradevole, tecnologica, affidabile conquista la fiducia del cittadino e può essere anche da deterrente per chi delinque».
Poi però ci vuole anche il «materiale umano», non crede?
«Certo, e penso all’organico dei magistrati e forse ancor più dei cancellieri. Altrimenti è come saper fare il pane, ma poi non trovare nessuno che lo inforni. Oltretutto, la prenda come una provocazione, ma è una mia vecchia battaglia, se non si riesce a separare le carriere, separiamo almeno fisicamente gli uffici dei pm da quelli dei magistrati giudicanti. La giustizia ne guadagnerà in credibilità e il sistema capacità».
Una Cittadella della Giustizia per essere tale necessita anche di servizi di supporto adeguati. A Bari se n’è discusso per anni con il risultato di rinviare ancora. Meglio i centri storici delle città o le periferie?
«Sarebbe bello avere questi palazzi nelle aree centrali, ma conoscendo le nostre città, temo che i disagi sia per chi ci lavora che per gli utenti, sarebbero di gran lunga maggiori rispetto a un “Polo” collocato in una zona periferica. Un Tribunale è anche parcheggi, viabilità, facilità di accesso. Oltretutto si liberano i quartieri centrali dal caos e dall’inquinamento migliorando notevomente la qualità della vita dei residenti».
Quindi non ritiene che la Cittadella della Giustizia possa svolgere una funzione sociale per il territorio?
«Sì, ma soprattutto se è funzionale e funzionante, non se congestiona il quartiere e rende più complicato viverci».
Avvocato ma perché in Italia ci sono sempre tempi biblici per realizzare queste opere?
«Per i soggetti che stanno a monte. Perché siamo ancora un po’ terzo mondo. Per l’iter degli appalti, con l’immancabile passaggio al Tar, le sospensive, il “sottobosco” che si muove su scelte che hanno una forte valenza politica. Si chieda perché le Prefetture - e lo dico col massimo rispetto - spesso sono in edifici lussuosi e arredati lussuosamente. Perché questa disparità tra i luoghi delle autorità amministrative e quelle giudiziarie?»
I Tribunali devono insomma essere riformati e non solo sotto l’aspetto legislativo ma anche architettonico?
«Sì, devono essere avanti con i tempi, moderni. E soprattutto inseriti in un contesto di arredo urbano confortevole e adeguato. I progettisti, gli architetti che disegnano un ufficio giudiziario, devono avere la cultura dell’arredo urbano. Per non parlare della ricerca del particolare. In Svizzera, per esempio, anche la collocazione in aula di pm, difensore e giudice è frutto di un’attenta pianificazione. Ma quella, appunto, è la Svizzera».