L'inchiesta

Pop-Bari, l'indagine prosegue sul risiko degli immobili

Massimiliano Scagliarini

L'ex sede di BancApulia ceduta da Vito Fusillo a costruttori romani: «Un finanziamento da 7 milioni in cambio dell’acquisto di azioni»

L’inchiesta sul crac da quasi 400 milioni dell’imprenditore Vito Fusillo gira intorno alla «segregazione» di un ricco patrimonio immobiliare che - secondo l’accusa - sarebbe stato acquistato con i soldi della PopBari e poi fatto sparire. Ma le operazioni che due settimane fa hanno fatto scattare l’arresto-bis dell’ex condirettore generale della banca, Gianluca Jacobini, accusato insieme a un ex manager di aver contribuito alla bancarotta, non esauriscono la lista: il procuratore aggiunto Roberto Rossi e il pm Lamberto Marazia hanno infatti messo nel mirino anche la vendita di un immobile storico del centro murattiano, Palazzo Barone Ferrara di corso Vittorio Emanuele. Quella che fino a poco tempo fa era la sede di BancApulia è infatti al centro di una complessa ragnatela di scambi che - questo il tema al centro di nuove indagini - potrebbero costituire una operazione baciata: azioni in cambio di un finanziamento milionario.

La Fimco di Vito Fusillo aveva comprato il palazzo ottocentesco attraverso a un leasing del Mediocredito Centrale da 4,2 milioni di euro. Un affare, considerando che il valore commerciale è parecchio più alto. E infatti nel 2013 i costruttori romani Antonio Pulcini e Luca Cieri si presentano con una offerta che non si può rifiutare: 21,5 milioni. Una somma che garantirebbe alla Fimco una ricca plusvalenza. Ma le indagini della Finanza, e la consulenza tecnica dei commercialisti Massimiliano Cassano e Michele Danza, si concentrano sui contorni dell’operazione. Al momento della vendita Fusillo ha infatti firmato una scrittura privata che lo obbliga al riacquisto dell’immobile, accollandosi in caso contrario una penale da 7 milioni (poi scesi a 1,5). Un contratto che ha poco senso, se non quello di «parcheggiare» il palazzo in attesa che Fimco mettesse a posto i suoi bilanci già scricchiolanti: l’idea della famiglia Jacobini, sfumata a fine 2019 per il fermo «no» del cda brevemente guidato dal professor Gianvito Giannelli, era di trasferire a Palazzo Barone Ferrara gli uffici che oggi occupano l’immobile di piazza Massari, che a sua volta sarebbe stato trasformato in appartamenti. Un «portage», dunque. Che si sarebbe realizzato attraverso un finanziamento concesso da PopBari ai costruttori romani (non indagati) in cambio, questo l’oggetto delle nuove indagini, dell’acquisto di 14 milioni di azioni. Titoli che oggi, come noto, sono carta straccia.

L’operazione di Palazzo Barone Ferrara viene considerata la prova generale di quella da 40 milioni sul palazzo romano «De Angelis» di via delle Muratte, a due passi dalla Fontana di Trevi, che Vito Fusillo ha ceduto all’immobiliarista Salvatore Leggiero grazie a un finanziamento del 100% di PopBari: anche questa operazione, secondo l’indagine, è servita a «scaricare» i debiti di Fusillo su un imprenditore sano, salvo incagliarsi adesso che i lavori per la ristrutturazione dell’immobile (che per molti anni era stato sede dell’AgCom ed era destinato a diventare un albergo a cinque stelle) si sono arenati, e Leggiero è finito ai domiciliari. Le due operazioni - secondo chi indaga - hanno dunque molti punti in comune, a cominciare dalla «regia occulta» dei vertici della PopBari che, in un caso e nell’altro, avrebbero individuato gli acquirenti offrendo loro i finanziamenti necessari a concludere gli acquisti con l’obiettivo di fare «maquillage» su conti delle aziende di Vito Fusillo.

Ieri intanto il Tribunale del Riesame (relatore Montemurro) ha discusso il ricorso presentato dall’immobiliarista Leggiero: i difensori chiedono che venga rimesso in libertà, valorizzando la circostanza dell’unico capo di imputazione a suo carico. Ma la Procura - che ha depositato altra documentazione - insiste affinché l’imprenditore resti ai domiciliari. Al momento nessun altro degli arrestati (Gianluca Jacobini, l’ex capo dei Crediti della banca, Nicola Loperfido, Giacomo Fusillo, figlio di Vito, il commercialista Vincenzo Elio Giacovelli e il finanziere siciliano Girolamo Stabile) hanno presentato ricorso al Riesame: i termini scadono sabato.

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