Via libera all’utilizzo dei test sierologici, ma soltanto all’interno dei laboratori pubblici o di quelli autorizzati e - sempre e comunque - sotto sorveglianza medica. Dopo le linee guida di maggio, la Regione approva i protocolli di sorveglianza che riguardano in primis gli operatori sanitari. Ma aprendo, in linea teorica, anche alla popolazione generale: i cittadini potranno eseguire l’esame sierologico, previa prescrizione «bianca», pagando 25 euro. Anche se rischia di essere poco più di una curiosità.
Ciò che invece si riapre, dopo la delibera del capo dipartimento Salute, Vito Montanaro, che ha preso atto del lavoro di un gruppo di esperti coordinati da Lucia Bisceglia (Aress), sono le campagne di screening sugli operatori sanitari che potranno essere estese anche al personale delle Sanitaservice e del 118. Con l’obiettivo di prepararsi alla seconda ondata.
«Il test nazionale Istat - dice Danny Sivo, coordinatore del Sirgisl (i medici del lavoro delle Asl) ha confermato che i livelli di prevalenza nella popolazione generale pugliese non sono diversi da quelli registrati negli operatori sanitari: tutti gli screening effettuati in Puglia nello stesso periodo del test nazionale hanno rilevato circa l’1%. Significa che la circolazione del virus è sostanzialmente sovrapponibile tra dentro e fuori gli ospedali».
A maggio la Regione, anche su input dell’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, aveva avviato uno studio di popolazione sugli operatori sanitari imponendo (non senza qualche polemica) di evitare il ricorso indiscriminato ai tamponi. Adesso si riparte con l’obiettivo di continuare a tenere la situazione sotto controllo. «L’indagine Istat ci dice anche che abbiamo il 99% degli operatori sanitari suscettibili - prosegue Sivo -. Dobbiamo capire quanto circola adesso il virus: la ripresa era prevista e prevedibile, tanto che sono state emanate misure per il controllo della popolazione turistica. E ci sono molti asintomatici che non possono essere individuati con le strategie di tipo clinico».
Il discorso può essere generalizzato per tutti i luoghi di lavoro. «Con questo ultimo protocollo - spiega Montanaro - abbiamo sistematizzato tutta la fase di test, prescrivendo in modo preciso la catena delle responsabilità e stabilendo quali sono i test utilizzabili e dove possono essere effettuati». Le campagne di screening possono infatti riguardare anche le aziende, pubbliche e private, ad esempio in fase di riapertura dopo le ferie: sotto la sorveglianza del medico del lavoro (e a proprie spese) possono chiedere di sottoporre i dipendenti a test sierologico. Il tutto ferma restando la necessità di coinvolgere le Asl, perché l’eventuale presenza di anticorpi deve poi essere approfondita in modo corretto: il test ha valore statistico, ma per sapere se la persona è contagiosa serve il tampone. «Peraltro - fa notare Sivo - trattandosi di una situazione nuova non abbiamo abbastanza dati. E non è improbabile che gli anticorpi IgG (quelli che si formano dopo circa 15 giorni dal contatto con il virus, indicando il “passaggio” della malattia, ndr) a un certo periodo di tempo tendano a diminuire, rendendo inutile il test anche dal punto di vista della semplice curiosità personale». Questo spiega anche perché le linee guida nazionali vietino la vendita dei test al pubblico: si tratta comunque di dispositivi medici.