La decisione

Mittal Taranto, può riprendere la vendita dell'acciaio. Sindacati amareggiati. Melucci: sono preoccupato

Il prefetto ha ritenuto di non prorogare il decreto del 26 marzo scorso che imponeva fino a ieri all’azienda la sospensione dell’attività produttiva ai fini commerciali

TARANTO - ArcelorMittal può riprendere la vendita dell’acciaio prodotto nello stabilimento siderurgico di Taranto. Il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha ritenuto di non prorogare il decreto del 26 marzo scorso, che imponeva fino a ieri all’azienda nell’ambito delle misure per il contenimento dei rischi di contagio da Coronavirus, la sospensione dell’attività produttiva ai fini commerciali pur consentendo l’impiego di un numero massimo giornaliero di 3500 dipendenti diretti e 2mila dell’appalto nelle 24 ore. Decreto che impediva di commercializzare l’acciaio prodotto, tenendo comunque in attività gli impianti per ragioni di salvaguardia e sicurezza.

Nella comunicazione ad ArcelorMittal, il prefetto spiega di aver deciso di non prorogare il provvedimento «in applicazione dei principi generali di proporzionalità e adeguatezza», fermo restando «il monitoraggio ed il controllo sulle condizioni di impiego del personale, con riferimento anche ai valori numerici giornalieri e sulla costante e totale applicazione delle misure di prevenzione da rischio sanitario», contenute nel protocollo operativo adottato dall’azienda il 17 marzo scorso.

«Occorre tenere conto - osserva il prefetto Martino - di quanto dichiarato da codesta azienda relativamente alla difficoltà di carattere economico a motivo della produzione ridotta al minimo (3 milioni di tonnellate annue a fronte di 8 milioni di tonnellate annue a regime) la cui mancata commercializzazione, ove dovesse prorogarsi il divieto sino al 13 aprile, porterebbe l'impossibilità di pagare i fornitori e le imprese dell’indotto e progressivamente alla crisi dell’impianto mettendone a rischio la salvaguardia e la sicurezza».

Secondo il prefetto di Taranto «va considerato che nel periodo di sospensione, il numero dei dipendenti impiegati in lavorazioni, sia diretti che dell’indotto, è rimasto sostanzialmente inalterato e comunque entro i limiti massimi indicati dal provvedimento prefettizio e che tale assetto di marcia è stato confermato, anche come impegno per il futuro, con nota pervenuta in data odierna». Non privo «di rilievo - si aggiunge infine nella comunicazione all’azienda - appare anche il rafforzamento delle misure di protezione dei lavoratori, realizzato con la disposizione, adottata dal Dirigente dello Spesal dell’Asl di Taranto, che ha aumentato di 5 unità l’organico» delle persone addette al servizio.

SINDACO PREOCCUPATO - «Rammaricato e preoccupato per la retromarcia della Prefettura, sembra che le ragioni del profitto abbiano prevalso. L’emergenza epidemiologica è lungi dall’essere risolta, stiamo consegnando un rischio troppo grande ad una intera città, mi sembra la solita ingiusta eccezione rispetto alla direzione intrapresa dal Paese». Lo afferma il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci in merito alla decisione del prefetto Demetrio Martino di non prorogare il decreto del 26 marzo scorso, che imponeva fino a ieri all’azienda nell’ambito delle misure per il contenimento dei rischi di contagio da Coronavirus, la sospensione dell’attività produttiva ai fini commerciali pur consentendo l’impiego di un numero massimo giornaliero di 3500 dipendenti diretti e 2mila dell’appalto nelle 24 ore.

 «A qualche Ministro - aggiunge Melucci - mi verrebbe da rispondere che poi dovremmo essere comprensivi sulla produzione di acciaio utile alle manifatture del nord! Di Coronavirus si muore, il lockdown nazionale non è un gioco, è il momento che ognuno si prenda le responsabilità delle proprie azioni. Diciamo no alla Pasquetta in spiaggia dei giovani e poi mandiamo migliaia di operai in fabbrica la Domenica delle Palme? Non si è credibili così». Il primo cittadino chiede «un forte intervento del presidente della Regione Puglia su questa decisione a favore dello stabilimento siderurgico. I cittadini chiedono di continuo al Sindaco di governare le vicende dell’ex Ilva, devono finalmente rendersi conto che molte decisioni, come quella di oggi, il Sindaco le subisce esattamente come loro, nonostante da settimane chieda a tutti una netta inversione di tendenza sulle relazioni dell’Italia con ArcelorMittal. E ancora - conclude - chiediamo di intervenire per mettere in sicurezza la salute di quei lavoratori che in caso di altri contagi metterebbero a rischio la città e l’intera provincia».

L'AMAREZZA DEI SINDACATI - «La scelta del Prefetto di Taranto di non prorogare il provvedimento del 26 marzo scorso non ci meraviglia, ma ci lascia l’amaro in bocca». Lo afferma il coordinatore provinciale dell’Usb di Taranto, Francesco Rizzo, commentando la decisione del prefetto Demetrio Martino che consente ad ArcelorMittal di riprendere l’attività produttiva ai fini commerciali e non accoglie la richiesta dei sindacati di ridurre ulteriormente la presenza in fabbrica dei lavoratori per i rischi di contagio da Coronavirus. «Ormai - aggiunge Rizzo - non ci sorprende più nulla, neanche che istituzioni che dovrebbero prima di tutto raccogliere e valutare le istanze che vengono da cittadini e lavoratori, decidano di lasciare campo libero ad un’azienda che, come ArcelorMittal, mostra piuttosto chiaramente l’unico interesse: la produzione e il profitto anche a costo della salute, anzi della vita».
Secondo il sindacalista «suonano come una presa in giro» le indicazioni del prefetto contenute nella comunicazione all’azienda circa «il monitoraggio ed il controllo sulle condizioni di impiego del personale», così come anche la "costante e totale applicazione delle misure di prevenzione da rischio sanitario». Il governo, attacca Rizzo, dovrebbe «svelare in maniera palese che si è schierato vergognosamente dalla parte della multinazionale a scapito della salute di migliaia di persone».

Privacy Policy Cookie Policy