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Salvataggio Pop-Bari, sì dal Fondo interbancario. Truffe ai risparmiatori: aperte decine di indagini. Dipendenti sentiti in Procura

 
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Salvataggio Pop-Bari, sì dal Fondo interbancario. Patuanelli striglia Bankitalia

Il Comitato del Fondo interbancario dà parere positivo. Esulta Gualtieri

Giovedì 19 Dicembre 2019, 10:51

18:10

BARI - Un consiglio d’amministrazione che procedeva fra «ritardi e incertezze». Sul piano del rilancio della redditività della Popolare di Bari. E sul piano della valutazione e dello smaltimento dei crediti deteriorati all’origine del dissesto, ingigantiti dall’acquisizione di Tercas che quello stesso cda - «tollerante» nei confronti dei crediti che non rientravano - gestì con un’azione «non pienamente adeguata».

È lungo l’elenco delle osservazioni e avvertimenti messi in fila da un’ispezione del 2016 disposta dalla Banca d’Italia sull’istituto commissariato venerdì scorso. Avvertimenti poco recepiti dalla banca, se si è arrivati al salvataggio, ma che non risparmiano a Via Nazionale gli strali di una parte della maggioranza: «Evidentemente c’è una difficoltà degli organi di vigilanza a rispettare fino in fondo il loro compito», tuona il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Che parla di crisi bancarie che si ripresentano «ciclicamente» e definisce «inaccettabile» che continui l’andazzo degli ultimi 10 anni», quelli del post-crisi che ha trascinato con se Mps le venete, le «quattro banche», oltre a Carige e infine la Bari: salvataggi per un costo complessivo di 33 miliardi - stima Equita sim - di cui 21 per lo Stato.

Intanto l’intervento del Fondo interbancario (che ha espresso «una valutazione favorevole in merito all’istanza formulata dai Commissari») viene salutato con favore dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: «La decisione assunta dal Fitd a favore di un intervento patrimoniale immediato «mette fin da subito la banca in condizioni di sicurezza» (si parla di 300 milioni).
In serata interviene anche il ministro Luigi Di Maio: è giusto chiedere le dimissioni del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per la vicenda della Popolare di Bari? «Io penso - replica secco - che nei prossimi mesi sia utile affrontare una riforma della governance di Bankitalia».

Se a Roma «prosegue il lavoro» del Fitd chiamato a intervenire nel salvataggio e se ne discuterà nella riunione di venerdì, come ha spiegato il presidente Salvatore Maccarone, a Bari un corteo di azionisti protestava stamani al grido di «ladri, ridateci i nostri soldi» e una delegazione di risparmiatori ha incontrato i commissari appena insediati. Dalle carte emergono dettagli destinati ad acuire quelle tensioni. Che mettono in luce le numerose problematiche che hanno fatto precipitare la solidità patrimoniale della banca dal 2014 - l’anno dell’autorizzazione a comprare Tercas dopo il divieto alla Bari ad espandersi nel 2010 - e l’epilogo di fine 2019. «Errori - scrivono gli ispettori di Bankitalia nella loro relazione dopo accertamenti svolti fra il 20 giugno e il 10 novembre 2016 - nel quantificare i prestiti ponderati per rischiosità, specie quelli con garanzie immobiliari, quando la la Popolare doveva risanare, mettere nero su bianco il «buco» degli Npl, rilanciare la redditività dopo aver acquisito Tercas. Un’operazione che ha generato «in misura rilevante» la «elevata incidenza» dei crediti deteriorati (il 40% erano finiti in pancia della Popolare dopo aver acquisito Tercas e Caripe). E ancora - si legge nel documento di cui l’Ansa è entrata in possesso - una «gestione improntata alla tolleranza» e «profili di debolezza» nel gestire i crediti che non rientravano, con alcune sofferenze sottostimate. Stress test basati su ipotesi «non sufficientemente conservative». Valutazioni degli immobili a garanzia senza definire «i criteri e le metodologie».

Una sfilza di nodi rimasti irrisolti fino al commissariamento, mentre il management non faceva bene i conti - a leggere fra le righe del rapporto ispettivo - con un piano di ricapitalizzazione tutta in salita, fra «sentiment» degli investitori verso le banche, difficoltà nella trasformazione della Popolare in spa, e valutazioni stellari delle azioni. Era infatti pari a 281 milioni di euro il valore delle azioni messe in vendita da ben 11mila soci, il prezzo delle azioni era già stato tagliato a 7,5 euro (da 9,53) eppure ancora esprimeva - scrivono gli ispettori - «multipli di patrimonio significativamente superiori» rispetto a banche comparabili. Facendo presagire quello che sarebbe avvenuto dopo, un deprezzamento progressivo fino all’inevitabile diluizione che toccherà agli azionisti che ieri protestavano a Bari.

Commissione Banche: Lannutti non sarà presidente - Si procede a piccoli passi verso l’intesa sulla commissione banche. Il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, dopo giorni di polemiche, annuncia il passo di lato di Elio Lannutti dalla presidenza della commissione banche fornendo così il suo volto più dialogante al Pd.
Di Maio annuncia il ritiro di Lannutti in televisione, nel salotto di Bruno Vespa. Un ritiro «volontario», ci tiene a dire il capo politico, ben consapevole che, tuttavia, con il senatore M5S l’accordo con i Dem era impossibile. E ora gli occhi sono puntati sui secondi più votati dal M5S, il deputato Alvise Maniero e la presidente della commissione Finanze Carla Ruocco. Senza escludere dalla gara il Questore del Senato Laura Bottici e il deputato Raphael Raduzzi. L’accordo con il Partito democratico, che su Lannutti aveva alzato il muro, ora è alla portata. La presidenza resterebbe comunque al M5S e si potrebbe incrociare con una girandola di nuove nomine (in sostituzione di Ruocco o di Bottici) e con l’elezione del presidente della commissione sui fatti di Forteto.
Intesa che sarà concretizzata a gennaio, mese comunque decisivo per Conte: all’inizio del 2020 il premier lancerà il decreto sul «cantiere Taranto» - dove si potrebbe recare alla metà del mese - e conta di trovare un punto di caduta anche sul nodo prescrizione che continua a «lacerare» la maggioranza del governo giallorsso.

TRUFFE AI RISPARMIATORI: APERTE DECINE DI INDAGINI - Decine di nuovi fascicoli d’inchiesta con l’ipotesi di truffa aggravata sono stati aperti dalla Procura di Bari sulla base di altrettante denunce che quasi quotidianamente vengono depositate negli uffici giudiziari dai risparmiatori della Banca Popolare di Bari. A quanto si apprende, ogni querela sta dando vita ad un’autonoma indagine ma tutte ipotizzano, al momento a carico di persone da identificare, lo stesso reato. Le truffe, stando alle denunce e alla ipotesi accusatoria, si configurerebbero perché i dirigenti dell’istituto di credito non avrebbero sufficientemente informato i clienti dei rischi connessi all’acquisto dei titoli, manipolando in molti casi i questionari di profilatura dei rischi stessi, con l’obiettivo di collocare strumenti finanziari evidentemente inadeguati alle caratteristiche personali.
Questo tipo di comportamento aziendale, oggetto delle nuove indagini nella procura, ha trovato conferma, secondo l’ipotesi investigativa, anche in tre recenti sentenze della Corte di Appello di Bari che nei mesi scorsi ha confermato l’esistenza di violazioni contestate e sanzionate dalla Consob alla banca fin dal 2018.
Le condotte ritenute illegittime riguarderebbero, oltre le procedure di profilazione degli utenti, anche la non adeguata motivazione sulla base della quale la banca ha stabilito di volta in volta il prezzo delle azioni e le presunte omesse informazioni da parte dell’istituto di credito sulla natura illiquida dei titoli. La banca avrebbe cioè fatto credere ai risparmiatori che stavano acquistando titoli a basso rischio e facilmente liquidabili.

DIPENDENTI SENTITI IN PROCURA - Diversi dipendenti della Banca Popolare di Bari sono stati convocati dalla Procura come persone informate sui fatti nell’ambito di una delle indagini in corso sulla presunta malagestione dell’istituto di credito barese. I verbali delle loro dichiarazioni, raccolte dagli inquirenti nei mesi scorsi, sono ora agli atti del fascicolo madre che ricostruisce quanto accaduto tra il 2013 e il 2016, gli anni dei due sospetti aumenti di capitale, dell’acquisizione di Tercas e delle presunte comunicazioni alla Consob di bilanci non del tutto veritieri, soprattutto con riferimento alla quantificazione dei crediti.

Nel fascicolo, coordinato dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dal sostituto Federico Perrone Capano, sono finiti anche tutti i documenti, bilanci, verbali dei Cda e ispezioni della Banca d’Italia, acquisiti dagli investigatori della Guardia di Finanza negli uffici dell’istituto di credito quasi quotidianamente fino a tutt'oggi.
È finito nello stesso fascicolo anche l’audio, diffuso nei giorni scorsi, della registrazione di un incontro avvenuto il 10 dicembre scorso, pochi giorni prima del commissariamento della Popolare di Bari, nel quale l’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis parlava esplicitamente di «conti taroccati».
In questa indagine, in cui lo stesso De Bustis è indagato nella sue precedente qualità di direttore generale, con l’ex presidente Marco Jacobini e altre 8 persone, sono ipotizzati i reati di ostacolo alla vigilanza, falso in bilancio e anche presunte condotte di maltrattamenti nei confronti di un ex dipendente.

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