sanità

«Usiamo solo il 5% di farmaci generici», ecco perché la Puglia spende troppo

Massimiliano Scagliarini

Parla il capo dipartimento Vito Montanaro alle Asl: il resto d'Italia li usa per il 50%

L’impennata della spesa farmaceutica si è fermata. Ma ora bisogna cambiare di passo, aumentando l’appropriatezza prescrittiva e la penetrazione dei medicinali generici: che sono equivalenti e costano meno. Mettendo intorno al tavolo i direttori generali del Barese, ieri la Regione ha ricominciato a occuparsi del buco nero della sanità pugliese, la spesa per i farmaci che ogni anno si mangia l’equivalente di due medi ospedali: la Puglia è la seconda peggiore in Italia per il mancato rispetto del tetto previsto dalla legge.


Da gennaio a luglio, la spesa territoriale (le farmacie) è stata pari a 563 milioni di euro, praticamente la stessa del 2018. Ma con una dinamica interna che vede risparmi per le Asl di Brindisi, Bat, Lecce e Taranto e aumenti per tutte le altre. Ieri il capo dipartimento Vito Montanaro ha incontrato i direttori generali di Asl, Policlinico e dei due Irccs del Barese per quello che ha definito «l’attacco finale al problema».

I tecnici dell’assessorato hanno preso a riferimento tutte le delibere emanate dalla giunta regionale negli ultimi due anni per limitare la spesa inappropriata. E hanno analizzato ogni singolo principio attivo per mostrare ciò che avviene a livello nazionale e ciò che accade in Puglia. La differenza principale è il tasso di utilizzo dei farmaci generici, che è estremamente basso e che in alcuni casi porta a squilibri di spesa non giustificabili. Un esempio può essere l’Adalimumab, un biologico che si usa ad esempio per alleviare i dolori dell’artrite: la media nazionale vede per il 58% l’utilizzo del farmaco «originator» (un trattamento costa 12mila euro l’anno) e per il 42% del biosimilare (2-3mila euro) farmaco per la reumatologia, gastro e derma). In Puglia il biosimilare è al 5%.

Di esempi simili ce ne sono molte decine. L’analisi sui dati di Edotto ha consentito alla Regione di consegnare alle Asl prospetti molto precisi, a livello di singolo reparto. Ciò che accade, ad esempio, è che lo specialista utilizzi il farmaco generico durante il ricovero ma che poi indichi il «griffato» nel piano terapeutico che poi viene trascritto sulle ricette e portato in farmacia.

«Nessuno vuole colpevolizzare il medico - spiega Montanaro -. Piuttosto è necessaria una azione di confronto con le Asl e le direzioni delle farmacie territoriali. Siamo secondi in Italia per la spesa perché siamo ancora lontani sui livelli di prescrizione del generico: su questo è iniziato un percorso importante. Ai direttori generali chiediamo di applicare con attenzione le delibere di giunta degli ultimi due anni, in una azione di confronto continuo tra le direzioni farmaceutiche e i medici prescrittori per invitarli a utilizzare le molecole generiche sia in reparto che alla dimissione».

Proprio lunedì la giunta aveva approvato una delibera sul colecalciferolo (l’ormone che stimola la produzione di vitamina D), evidenziando che la prescrizione delle gocce (invece delle più costose fiale) potrebbe far risparmiare al servizio sanitario 9 milioni di euro l’anno. Una questione su cui è intervenuto Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari. Anelli parla di «rischio di additare i medici come facile capro espiatorio»: «Se la Regione ritiene che, a fronte di rilevanti differenze di prezzo, la formulazione dei farmaci con colecalciferolo sia identica, dovrebbe segnalare l’anomalia all’Aifa, cioè all’autorità che determina il prezzo dei farmaci e la loro rimborsabilità. Il fatto che non ci siano medici all’interno dell’Aifa è è un’altra anomalia che da tempo chiediamo di sanare, perché non comprendiamo come si possa vigilare senza sentire il parere di chi i farmaci li deve poi prescrivere

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