Il caso

Beatificazione Moro, prof. Coppola replica a Maria Fida: «Processo mai avviato»

Leonardo Petrocelli

Il giurista che vanta incarichi Oltretevere interviene sulla lettera inviata dalla figlia dello statista al papa con cui chiedeva di interrompere la beatificazione

«Il processo di beatificazione di Aldo Moro in questo momento non esiste. E non esiste da parecchio tempo». Abbassa i toni della polemica Raffaele Coppola - avvocato, accademico e direttore del Centro di ricerca «Renato Baccari» dell’Università di Bari - dopo la durissima lettera-appello inviata al Papa da Maria Fida Moro, figlia dello statista di Maglie, per chiedere l’interruzione del processo di beatificazione del padre, evocando «strumentalizzazioni e infiltrazioni anomale e ributtanti». Coppola - che ricopre un incarico di grande rilievo in Vaticano -ricuce i fili di una storia complessa, su cui molto si è detto e scritto, non sempre in omaggio alla verità. Lo intercettiamo subito dopo la chiusura del seminario di studio su «Aldo Moro politico e cristiano», svoltosi ieri a Venosa. «Un appuntamento - precisa Coppola, fresco cittadino onorario della città lucana - che non deve spaventare nessuno ma qualificarsi solo come momento di approfondimento».

Professor Coppola, da dove facciamo partire il racconto?
«Tutto ha inizio anni fa con l’introduzione della causa attraverso la presentazione del libello. Dal giorno dopo, però, ecco scatenarsi una intensa pubblicità che ha messo sul chi vive l’autorità ecclesiastica».

Quale l’effetto del battage mediatico?
«Il cardinale Augusto Vallini, al tempo vicario del Santo Padre, dà la possibilità di andare avanti. Ma non nel senso del processo, bensì nella direzione dell’approfondimento della figura del Moro religioso»

In altre parole?
«L’approfondimento non porta alla beatificazione ma spinge a comprendere se ci sono le condizioni per avviare il percorso. Per di più, sul caso non è intervenuta l’approvazione di tutti i vescovi della regione Lazio, lì dove il processo si svolgeva. Dunque, Moro non è figlio di Dio».

Da quel momento in poi cosa accade?
«Il postulatore (cioè colui che si occupa delle pratiche fino alla beatificazione, ndr) ha cercato di ottenere appoggi e consensi che ci sono stati, ma non al punto da poter avviare il processo».

La figlia di Moro ha evocato, con durezza, la questione dei due postulatori, parlando del secondo come di una figura «spuntata non si sa a quale titolo».
«L’attore principale, cioè la Federazione dei centri studi “Aldo Moro” ha revocato il mandato al primo postulatore per affidarlo a un’altra figura che però non ha ricevuto l’approvazione della Santa Sede. Quindi, ne abbiamo uno revocato e uno nominato ma non approvato».

Professore, come andrà a finire questa vicenda?
«Siamo solo agli inizi, la Chiesa ha tempi lunghi che, nel caso di un politico, si moltiplicano ulteriormente. Tommaso Moro fu canonizzato a 400 anni dalla morte. Ripeto, il processo non è iniziato (come confermato ieri anche dal cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ndr)».

E quanto alle polemiche?
«Vorrei precisare una cosa. Moro, figura gigantesca di grande cattolico, appartiene a tutti. Coloro che hanno promosso il congresso di Venosa tendono la mano anche a chi non la pensa come loro. Vogliamo dare un messaggio di pace e ricordare che, per arrivare a un obiettivo condiviso, bisogna essere uniti».

In tutto questo, infine, qual è la posizione del Pontefice?
«Il Santo Padre credo sia informato di tutto ma lascia ai competenti organismi ecclesiastici ogni decisione in proposito. È in particolare il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa nella diocesi di Roma, a dover decidere se avviare o meno il processo».

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