criminalità
Foggia, la «pax» mafiosa per il traffico di droga
Il racconto del pentito Pettinicchio collegato da una sede segreta
Anche il clan garganico Li Bergolis era a conoscenza della tregua tra le batterie della “Società foggiana” per mettere da parte rivalità e guerre, e imporre il monopolio sullo spaccio di cocaina in città ordinando a grossisti e spacciatori di rifornirsi esclusivamente dalla mafia cittadina che decideva prezzi e quantitativi, pena rappresaglie. Parola dell’ex numero 2 del gruppo Li Bergolis, Matteo Pettinicchio, 40 anni, di Monte Sant’Angelo, pentitosi nel gennaio scorso. L’ha riferito testimoniando da una località protetta nella tranche foggiana del processo “Game over” a 19 imputati tra cui il boss Rocco Moretti, accusati di traffico e spaccio di cocaina aggravato dalla mafiosità. Su accordo tra il pm Bruna Manganelli e la difesa acquisite le dichiarazioni rese dal pentito il 5 e 28 marzo alla Dda; sono seguite domande dei legali a chiarimento di alcuni aspetti.
La pax mafiosa - “I clan di Foggia” il racconto di Pettinicchio “fecero una pax mafiosa, strinsero un accordo per spartirsi la droga; ci fu l’imposizione agli spacciatori di rifornirsi soltanto dai clan. Quando dico loro mi riferisco ai Moretti/Lanza e ai Sinesi/Francavilla. Ciro Francavilla, mio amico, mi raccontò che Leonardo Lanza, il figlio del ‘lepre’, tutti i mesi portava 10mila euro a lui, e 10mila euro al fratello Giuseppe Francavilla. Eppure Lanza mica era amico dei Francavilla, però in quel periodo si spartivano i soldi, facevano le cose insieme”. Si parla di un affare da 200mila euro al mese, pari a 10 chili per 50mila dosi che ogni trenta giorni venivano smerciati nel capoluogo. Per l’accusa il pentito conferma l’impianto accusatorio che ha già retto al vaglio del gup nel processo abbreviato celebrato a 58 coimputati condannati in primo grado dal gup di Bari nel luglio 2024 a 560 anni. Per la difesa invece il racconto del mafioso garganico è la riprova che il presunto patto rimase in piedi sino al 2016 quando scoppiò la nuova guerra tra Moretti/Pellegrino/Lanza e i Sinesi/Francavilla; per cui, argomenta il collegio difensivo, all’epoca dei fatti oggetto di contestazione che abbracciano il 2018/2019, il presunto sistema era finito da un pezzo e il reato non sussisterebbe.
“Conobbi Bruno” - Pettinicchio dice d’aver “conosciuto Rodolfo Bruno”, presunto cassiere del clan Moretti ucciso il 15 novembre 2018 a Foggia in un agguato ancora impunito, “che gestiva la droga per il gruppo Moretti, chiaramente poi dava i soldi a Rocco Moretti. Il gruppo Moretti prese una brutta botta con l’omicidio di Rodolfo Bruno perché lui era il più grande nel narcotraffico per il suo gruppo”.
I Sinesi/Francavilla - A dire di Pettinicchio invece nell’ambito della pax mafiosa il referente per la droga dei Sinesi/Francavilla era Alessandro Aprile, condannato a 20 anni nel processo abbreviato. “Nel gruppo di Aprile c’erano Antonio Salvatore” (uno dei 19 imputati sotto processo a Foggia) “e Francesco Pesante detto ‘u sgarr’”, anche quest’ultimo condannato a 20 anni con rito abbreviato. “Li ho conosciuti entrambi per averli incontrati a casa di Salvatore. So che avevano rapporti con Rodolfo Bruno, me lo dissero pure loro. L’accordo si ruppe in seguito al tentato omicidio di Roberto Sinesi” il 6 settembre 2016 collegato alla guerra con i Moretti/Pellegrino/Lanza.
“Uccidere Salvatore” - Rispondendo all’avv. Claudio Caira difensore di Salvatore, Pettinicchio ha detto d’essersi “recato due volte a casa di Salvatore tra luglio e settembre 2016 quando lui era libero”; il legale dimostrerà che invece l’imputato era ai domiciliari. “Ci andai insieme a Enzo Miucci”, al vertice del clan Li Bergolis, “che conosceva Salvatore meglio di me; gli voleva bene e gliene vuole tutt’ora. In quegli incontri parlammo di droga anche se io non ha mai acquistato o venduto droga dai foggiani e da Salvatore; noi cercammo di mettere pace perché c’erano alcune gelosie nel gruppo Sinesi/Libergolis”. Il pentito ha anche parlato di un progetto rimasto tale del gruppo Moretti e degli alleati Romito, rivali dei Li Bergolis nella guerra di mafia garganica, per uccidere Salvatore. “Ne parlammo in carcere io e Miucci”, aggiungendo che anche Mario Romito (dell’omonima famiglia manfredoniana ucciso il 9 agosto 2017 nella strage di mafia garganica con 4 morti firmata dai Li Bergolis) avrebbe manifestato questi propositi. “Perché volevano uccidere Salvatore? Perché lui era vicino a Miucci, al nostro gruppo contrapposto a quello dei Romito. L’intenzione era quella di prendere vivo Salvatore e farlo sparire”.