Il caso
Foggia, presa la banda degli esplosivi illegali: per mesi hanno terrorizzato la città
L'indagine della squadra mobile, coordinata dalla Procura, è partita dall'individuazione di un ventenne foggiano che, da mesi, aveva avviato una redditizia attività di rivendita a stock e al dettaglio di esplosivi
Sette persone sono state raggiunte questa mattina da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Foggia ed eseguita dalla polizia per illeciti penali in materia di esplosivi. Cinque indagati sono finiti in carcere (4 foggiani ed un uomo di Potenza) e altri due, tra cui una donna, ai domiciliari. Un altro indagato, invece, è finito ai domiciliari poiché sospettato di falso in atti pubblici. L'indagine della squadra mobile, coordinata dalla Procura, è partita dall'individuazione di un ventenne foggiano che, da mesi, aveva avviato una redditizia attività di rivendita a stock e al dettaglio di esplosivi. Con la collaborazione della sua compagna e di altri indagati si è recato almeno da settembre a dicembre dello scorso anno, in più occasioni, in un paese in provincia di Potenza per rifornirsi da un altro indagato di manufatti esplosivi poi rivenduti, spesso utilizzati proprio a Foggia dove gli investigatori stimano che siano stati introdotti e poi distribuiti almeno 12.240 manufatti esplosivi di portata offensiva micidiale e distruttiva.
Proprio in corrispondenza dell'arrivo di questi esplosivi si era verificata, dallo scorso settembre e per alcuni mesi, una serie di continue e violente esplosioni in città, anche nelle zone del centro più frequentate, in particolare in orario serale e notturno generando allarme sociale. A riscontro c'è l'arresto in flagranza a metà dicembre di un uomo ed il contestuale sequestro di 4800 manufatti esplosivi. Accertata anche la responsabilità di un'altra persona residente provincia di Foggia, pure destinataria della misura cautelare in carcere, che avrebbe venduto agli altri indagati circa 200 esplosivi. Le investigazioni hanno messo in luce come il principale indagato, durante un periodo di messa alla prova presso un'associazione di promozione sociale si sarebbe appropriato di merce destinata ai bisognosi. Il rappresentante legale dell'associazione si sarebbe adoperato per agevolare l' indagato falsificando i registri di presenza.
Si tratta di episodi che avevano destato allarme sociale nei cittadini e nei gestori delle attività commerciali. Numerose le segnalazioni giunte alle forze di polizia da parte di tanti cittadini che lamentavano l'impossibilità di passeggiare in serenità per le strade di Foggia per il rischio, frequente soprattutto nel fine settimana, di incappare in violente esplosioni, potenzialmente letali. Gli stessi commercianti avevano lamentato che, in più occasioni, i propri clienti dopo essersi accomodati ai tavoli delle loro attivita' di ristoro, avevano abbandonato i locali in quanto terrorizzati da quanto stesse accadendo a pochi metri di distanza.
A dicembre dello scorso anno gli agenti avevano arrestato una persona con il sequestro di 4800 manufatti esplosivi. Stando a quanto emerso dalle indagini a Foggia sarebbero stati distribuiti 12.240 manufatti esplosivi, privi di regolare omologazione, con effetti detonanti a rischio potenziale elevato e che, per le modalità di detenzione e conservazione, sono da ritenere di portata offensiva micidiale e distruttiva. Tra gli arrestati anche un altro foggiano che avrebbe venduto agli altri indagati circa 200 esplosivi cilindrici, le cosiddette "Cipolle".
Le indagini, inoltre, hanno messo in luce come il principale indagato, il ventenne foggiano, durante il periodo di messa alla prova - cui era stato ammesso nell'ambito di un diverso procedimento penale - effettuato presso un'associazione di promozione sociale senza scopo di lucro che si occupa di distribuire beni di prima necessità per persone bisognose, si sarebbe appropriato illegalmente di merce destinata alla beneficenza. Il rappresentante legale dell'associazione si sarebbe adoperato - secondo l'accusa - per agevolare l'indagato mediante la falsificazione dei registri di presenza che attestano l'adempimento degli obblighi imposti per il superamento del periodo di messa alla prova, riportandone falsamente la presenza: per questo è finito ai domiciliari con le accuse di falso in atto pubblico.