il processo

Foggia, per il voto di scambio ammessi 39 testimoni: a processo per le comunali 2019 e regionali 2020

redazione foggia

L’accusa ipotizza irregolarità alle elezioni comunali 2019 e regionali 2020 per favorire Danilo Maffei: fu eletto consigliere comunale, non ce la fece a entrare nel consiglio regionale

FOGGIA - Entrerà nel vivo l’8 ottobre con l’interrogatorio del consigliere regionale Rosa Barone la cui denuncia nell’ottobre 2020 diede il via all’inchiesta, il processo davanti alla sezione collegiale del Tribunale a 22 foggiani accusati a vario titolo di voto di scambio; violazione del decreto legge 49/2008 sulle misure per assicurare la segretezza del foto, in quanto sarebbero state fotografate alcune schede elettorali per dimostrare d’aver epresso il voto di preferenza a un candidato in cambio di soldi; istigazione alla corruzione; violenza a un presidente di seggio perché commettere un reato; violenza privata. Ieri i giudici hanno ammesso le prove richieste da Procura della repubblica di Foggia e difensori e rinviato l’udienza all’8 ottobre per l’interrogatorio dei primi 2 dei 39 testi d’accusa indicati dal pubblico ministero, a cominciare da Rosa Barone, già assessore al welfare della giunta regionale guidata da Emiliano ed attuale consigliera regionale del movimento Cinquestelle.

Rosa Barone dopo aver depositato il 14 ottobre 2020 l’esposto presso gli uffici della polizia giudiziaria del Tribunale, fu interrogata nel dicembre successivo quale persona informata sui fatti. Così la sua testimonianza: “Ho sentito più voci provenienti dall’elettorato foggiano sulla compravendita di voti da parte di Danilo Maffei. Queste continue indiscrezioni ni hanno convinto a rilasciare un post su Facebook; successivamente sulla mia mail è giunta una segnalazione in cui veniva confermato il mercimonio dei voti elettorali; a questo punto mi sono decisa a presentare un esposto/denuncia in Procura perché venissero compiute indagini per verificare la fondatezza o meno di queste voci. Una settimana dopo l’esposto, ho incontrato l’ex amministratore di una coop che mi disse d’avermi inviato lui la segnalazione via mail; e 7 lavoratrici della cooperativa che lamentarono il clima pesante e ricattatorio correlato alla candidatura del figlio del titolare della coop, dicendomi che era successo sia alle regionali del settembre 2020 sia alle amministrative del maggio 2019. Tra le voci ricorrenti c’è anche quella su un numero telefonico di riferimento dove venivano convogliate le prove dell’avvenuta votazione a favore di Danilo Maffei: è un numero dove venivano inviate le foto del voto elettorale”.

L’accusa ipotizza irregolarità alle elezioni comunali del 2019 e a quelle regionali del 2020 per favorire Danilo Maffei: fu eletto consigliere comunale, non ce la fece invece l’anno dopo a entrare nel consiglio regionale. A dire dell’accusa nel 2019 Ludovico Maffei - padre di Danilo e unico imputato del filone processuale relativo alle elezioni comunali - quale presidente di una cooperativa avrebbe esercitato pressioni e minacciato di licenziamento una dipendente nominata presidente di seggio perché facesse risultare che il figlio aveva ottenuto 40 e non 4 voti; e avrebbe preteso da altri 4 lavoratori che votassero il familiare e persuadessero altri 10 elettori a testa a fare lo stesso. Quanto a Danilo Maffei nel 2020 con la complicità di alcuni coimputati, ipotizza la Procura, avrebbe offerto direttamente o indirettamente soldi a 17 elettori perché lo votassero alle regionali, fotografando col telefonino la preferenza espressa. Padre e figlio respingono le accuse.

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