la sentenza

Foggia, la Cassazione annulla condanna del membro di spicco del clan Moretti: sarà riprocessato a Bari

Redazione Capitanata

Stessa decisione anche per la moglie e il cognato. Giuseppe Albanese, 45 anni, è detenuto ininterrottamente dal 21 novembre 2018, attualmente è rinchiuso nel carcere di Parma al 41 bis

La Cassazione ha accolto il ricorso difensivo e annullato con rinvio la condanna a 2 anni e 4 mesi a testa per rapina di Giuseppe Albanese, 45 anni, presunto componente del gruppo di fuoco del clan Moretti; della moglie Maria Assunta Micaletti, 34 anni; e del cognato Angelo Salerno, 37 anni. Annullamento con rinvio significa che sarà la corte d’appello di Bari a dover riprocessare i tre foggiani. Il pg chiedeva il rigetto del ricorso difensivo e quindi di rendere definitiva la sentenza; gli avv. Francesco Santangelo e Claudio Caira sollecitavano l’assoluzione e in subordine la derubricazione del reato di rapina in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ormai prossimo alla prescrizione visto che i fatti contestati risalgono all’aprile 2017) con annullamento del verdetto e nuovo processo d’appello.

Albanese è detenuto ininterrottamente dal 21 novembre 2018, attualmente è rinchiuso nel carcere di Parma al 41 bis. E’ stato condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Rocco Dedda ucciso davanti casa il 23 gennaio 2016 nella guerra tra i Moretti/Pellegrino/Lanza e i Sinesi/Francavilla; a 11 anni e 6 mesi in appello in “Decimaazione” per mafia e tentata estorsione; a 8 anni in primo grado per traffico di droga in “Araneo”; è sotto processo in Tribunale a Foggia per il triplice tentato omicidio del capo clan rivale Roberto Sinesi, della figlia Elisabetta e del nipotino di 4 anni, datato 6 settembre 2016 collegato sempre alla guerra di mafia. Si dice innocente.

Era quindi detenuto in carcere Albanese quando il 10 maggio 2019 i carabinieri gli notificarono l’ordinanza cautelare in carcere del gip del Tribunale dauno, mentre altri tre familiari - moglie e cognati - furono posti ai domiciliari: da tempo i 4 erano tornati liberi, scarcerazione solo virtuale per il principale sospettato. Secondo l’accusa basata su intercettazioni, Albanese nella primavera del 2017 mentre era agli arresti domiciliari per possesso di armi, mandò il cognato Salerno a picchiare un foggiano debitore del presunto mafioso: il sospetto, rimasto tale, è che non avesse pagato l’acquisto di droga. Sempre Albanese avrebbe ordinato alla moglie, al cognato a un terzo familiare di recarsi a casa della vittima e sottrarle lo scooterone “T Max”, a saldo del credito vantato: da qui l’accusa di rapina.

In primo grado, il 14 maggio 2021, il gup condannò i 4 foggiani a 2 anni e 4 mesi a testa al termine del processo abbreviato condizionato all’interrogatorio della vittima. La corte d’appello di Bari confermò le condanne per Albanese, moglie e cognato e assolse il quarto componente del nucleo familiare. Nel ricorso in Cassazione contro la condanna dei tre foggiani, gli avv. Santangelo e Caira hanno sostenuto che tutt’al più si tratta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni visto il credito lecito vantato da Albanese; e lamentato che i giudici di primo e secondo grado avessero valutato soltanto le intercettazioni, senza però dar conto delle dichiarazioni della parte offesa (che pure era stata sentita nel processo abbreviato condizionato proprio al suo interrogatorio, quindi ritenuto importante dal giudice tanto da ammetterlo) che aveva scagionato gli imputati. I 5 giudici della seconda sezione penale della Suprema corte hanno condiviso la tesi difensiva, annullato la condanna, e ordinato la celebrazione di un nuovo processo d’appello.

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