Il caso
Tentato omicidio D’Amico: Contini prende 6 anni con il rito abbreviato
Contini interrogato durante il processo ha detto di non conoscere D’Amico e Tonti; di non incontrare da tempo la parente oggetto delle presunte offese di D’Amico
FOGGIA - Il gup Marialuisa Bencivenga al termine del processo abbreviato e considerata la riduzione di un terzo della pena ha condannato a 7 anni Cristian Contini, 36 anni, foggiano, riconosciuto colpevole del tentato omicidio di Claudio D’Amico e porto illegale di arma. Il ventiquattrenne fu ferito dalle pistolettate a un braccio il pomeriggio del 15 ottobre 2023 mentre percorreva via Fuiani in auto insieme alla compagna e una bambina rimaste illese. Motivo del ferimento il pestaggio subito 48 ore prima da Contini da parte di D’Amico che avrebbe offeso una parente del presunto pistolero, e dell’amico Luigi Tonti, 28 anni. D’Amico e Tonti in seguito al ferimento del primo si armarono per vendicarsi, ma furono arrestati in flagranza dalla squadra mobile che sequestrò due pistole: nei mesi scorsi patteggiarono 2 anni e 2 mesi a testa. Il pm chiedeva 10 anni per Contini; l’avv. Claudio Caira assoluzione e scarcerazione: l’imputato resta ai domiciliari, la difesa ha preannunciato appello.
Contini fu arrestato per l’agguato a D’Amico dalla squadra mobile il 31 ottobre su ordinanza cautelare in carcere del gip; nei mesi successivi ottenne i domiciliari a Campomarino. Si dice innocente. Per lui è la terza condanna: ha scontato 12 anni (ridotti a 9 per buona condanna) perché da minorenne il 17 novembre 2005 uccise con una fucilata Antonio Cassitti, dipendente della ditta di spedizioni Tnt durante un tentativo di rapina nella sede dell’azienda in via Manfredonia; patteggiò poi 3 anni e 8 mesi per il possesso di 645 grammi di eroina, cocaina e hashish per i quali fu arrestato in flagranza il 19 agosto 2016, cioè 10 mesi dopo aver finito di espiare la condanna per l’omicidio Cassitti.
Pm e Polizia sulla scorta di intercettazioni e del video della sparatoria di via Fuiani ricostruiscono così la vicenda. Il 13 ottobre scorso D’Amico davanti a un locale offese una foggiana per la scarsa avvenenza; la donna se ne lamentò con il parente Contini che affrontò D’Amico minacciando di “mettergli il ferro” (la pistola) “in testa”. In aiuto di D’Amico intervenne Luigi Tonti; i due pestarono Contini che si allontanò, si armò per vendicarsi, tornò poco dopo davanti al locale senza però trovare il rivale. La vendetta - prosegue l’atto d’accusa – fi fu 48 ore dopo, domenica pomeriggio 15 ottobre quando Contini a bordo di una “Fiat Idea” affiancò in via Fuiani la “Nissan Juke” guidata da D’Amico e sparò 3 pistolettate ad altezza d’uomo che ferirono al braccio il giovane, salvo per miracolo. A quel punto D’Amico e Tonti decisero di vendicarsi a loro volta, ma i poliziotti ne anticiparono le mosse arrestandoli in flagranza il 25 ottobre dopo aver sequestrato nelle rispettive abitazioni due pistole: l’8 gennaio D’Amico e Tonti patteggiarono 2 anni e 2 mesi a testa. Il 31 ottobre a distanza di due settimane dall’agguato fallito, Contini fu arrestato e portato in cella.
L’avv. Caira nel chiedere l’assoluzione di Contini ha replicato, e lo ribadirà nei motivi d’appello, che non ci sono prove. Non è dimostrato che Contini litigò con D’Amico, perché tra l’altro non sono stati mai interrogati la donna che sarebbe stata insultata da D’Amico né il titolare del locale teatro del pestaggio; né sono stati acquisiti video; l’imputato non ha mai avuto la disponibilità di una “Fiat Idea”, l’auto usata per l’agguato; essendo poi il filmato dell’agguato sgranato, non c’è certezza nemmeno che la macchina del pistolero fosse davvero una “Idea”; la persona a bordo non è identificabile e nella mano sinistra non impugna una pistola come sostenuto dalla Procura, ma un telefonino; non furono eseguiti accertamenti sui tabulati telefonici dell’imputato, altro tasto battuto in arringa dall’avv. Caira, per accertare dove si trovasse al momento del ferimento.
Contini interrogato durante il processo ha detto di non conoscere D’Amico e Tonti; di non incontrare da tempo la parente oggetto delle presunte offese di D’Amico; di non essere mancino, mentre chi fece fuoco impugnava l’arma con la mano sinistra; di non aver mai avuto una “Fiat Idea”; e aggiunto che all’ora del ferimento era a casa perché aveva mal di pancia.