I retroscena
«Il costruttore Fratianni doveva morire: la sua ribellione era rischiosa per la credibilità del clan»
L'omicidio fu sventato dalla squadra mobile il 26 giugno 2022 alla periferia di Foggia
FOGGIA - “L’assassinio del costruttore Antonio Fratianni sventato dalla squadra mobile il 26 giugno 2022 alla periferia di Foggia fu sì una reazione di Emiliano Francavilla all’agguato subito il 2 marzo precedente a Nettuno dal fratello Antonello, che fu ferito insieme al figlio minore proprio da Fratianni. Ma la finalità perseguita da Emiliano Francavilla fu in realtà diversa: punire il comportamento di Fratianni che dopo aver omesso di restituire alla batteria Sinesi/Francavilla un’ingente somma di denaro, aveva osato reagire alle ‘legittime’ pretese del clan tentando di assassinarne uno dei massimi esponenti. In seguito a tale affronto che avrebbe potuto intaccare la fama criminale del sodalizio, era necessario dare conferma della spietatezza del clan e della persistente egemonia sul territorio”. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Foggia nell’indicare il doppio movente del tentato omicidio Fratianni, nelle 274 pagine della motivazione della sentenza del 12 febbraio con 5 condanne e 1 assoluzione.
Inflitti 12 anni a Emiliano Francavilla (insieme al fratello maggiore Antonello è al vertice dell’omonimo clan federato con il gruppo Sinesi); 8 anni e 8 mesi al genero Giovanni Consalvo, e a Antonio Lanza; 7 anni al padre Mario Lanza; 10 anni e 8 mesi a Giuseppe Sonnino; assolto (e scarcerato) Michele Ragno. I sei foggiani respingono le accuse: furono fermati dalla squadra mobile il 22 luglio 2022 su decreti della Dda per tentato omicidio aggravato dalla mafiosità. Fratianni fu a sua volta fermato il 2 agosto 2022 su decreto della Dda di Roma per il duplice tentato omicidio di Antonello Francavilla e del figlio minore, feriti a pistolettate il 2 marzo 2022 nell’appartamento di Nettuno dove il capo-mafia era ai domiciliari per estorsione; Fratianni sotto processo davanti al Tribunale di Velletri si dice innocente.
Il duplice movente dell’agguato sventato al costruttore l’ha svelato di Domenico Solazzo, già dipendente di Fratianni: fu fermato nel blitz del 22 luglio 2022 perché sospettato di aver piazzato un gps sotto l’auto del datore di lavoro per consentire al clan Francavilla di monitorarne gli spostamenti, ma già poche ore dopo da indagato si trasformò in testimone di Giustizia e vive protetto. Solazzo rivelò d’essere stato minacciato da Francavilla e Ragno perchè piazzasse il rilevatore: “si volevano vendicare sia per il duplice tentato omicidio di Nettuno sia perché Fratianni non voleva più restituire i soldi avuti da Antonello Francavilla che gli aveva prestato 600mila euro. Ragno mi riferì che fu Fratianni a sparare a Antonello Francavilla e al figlio”.
Nella ricostruzione dell’accusa condivisa dai giudici di primo grado, Fratianni doveva essere ucciso al ritorno a Foggia da Brindisi. Un commando armato a bordo di una “Fiat 500” rossa composta da Francavilla, Antonio Lanza e Sonnino attendeva il costruttore all’uscita dal casello industriale dell’A/14; mentre Mario Lanza e Consalvo erano appostati in un casolare attiguo alla carreggiata per avvistare l’auto di Fratianni e informare i complici. La squadra mobile che da tre mesi intercettava Emiliano Francavilla scoprì il piano; la mattina del 26 giugno ne informò Fratianni e lo mise in salvo; scoprì il gip piazzato sotto la sua auto.
Per i giudici Solazzo è attendibile perché il suo racconto è riscontrato. “La microspia piazzata sulla Mercedes classe A di Emiliano Francavilla” scrivono nel motivare le condanne “dimostra inequivocabilmente che nei giorni prima e soprattutto nella giornata del 26 giugno, l’imputato monitorò costantemente grazie al gps gli spostamenti di Fratianni per verificare l’esatto momento in cui sarebbe partito da Brindisi per rientrare a Foggia e quindi attentare alla sua vita. Significativo poi che proprio mentre compulsava il gps, Emiliano Francavilla dicesse a un coimputato di volere che l’omicidio fosse compiuto quel giorno, stante il bisogno del boss di liberare la mente da quella problematica per occuparsi degli affari del clan. E’ Francavilla a dire: ‘spariamo al birillo’”.
Gli avv. Angelo Loizzi e Roberto Di Marzo (per Francavilla), Paolo Ferragonio (per i Lanza), Claudio Caira (per Consalvo), Antonello Genua (pr Ragno, unico assolto) sostengono che le prove sono insufficienti; e comunque il presunto progetto di morte non entrò nella fase esecutiva, per cui il reato non sussiste. Per i giudici invece “il proposito omicidiario così dettagliatamente delineato era già nella fase attuativa quando intervenne la Polizia tanto che gli imputati raggiunsero le posizioni assegnate ad ognuno di loro. Palese dunque l’idoneità degli atti, andati ben al di là dell’accordo penalmente irrilevante”. Se Fratianni non venne ucciso “fu esclusivamente per l’intervento della squadra mobile e non certo, come sostenuto dalla difesa, per la desistenza volontaria degli imputati che ignoravano le indagini in corso. Francavilla, Antonio Lanza e Sonnino erano in piena fase di appostamento in attesa di ricevere la chiamata delle vedette Mario Lanza e Consalvo: la telefonata non arrivò, il terzetto tornò nella base operativa certi che per qualche ragione il piano non fosse andato a buon fine. Un comportamento che lungi dall’integrare una desistenza dal proposito criminoso, deve intendersi piuttosto come una resa imposta dalle circostanze esterne” (l’intervento dei poliziotti) “che non rese più realizzabile l’omicidio”.