Il retroscena
Presunte «mazzette» al Comune di Foggia per l’appalto pubblica illuminazione
Azzariti conferma le accuse nei confronti dell’ex sindaco: «Landella mi chiese una tangente di 300 mila euro»
FOGGIA - A dire di Luca Azzariti, il sindaco Franco Landella gli chiese a gesti nella primavera 2020 una mazzetta di 300mila euro per non far saltare il progetto di finanza per la pubblica illuminazione cui era interessata la società Gi.One. di cui era dirigente. Per oltre 90 minuti Azzariti uno dei principali testi d’accusa, ha ribadito quanto riferì a Polizia e pm nell’interrogatorio del 30 aprile 2021 e ha raccontato in aula la sua verità, deponendo nel processo per le presunte tangenti al Comune a 14 imputati. Il principale è l’ex primo cittadino Landella accusato di tentata concussione ai danni di Azzariti, costituitosi parte civile. Stando al capo d’imputazione contestato dai pm Roberta Bray e Enrico Infante, il sindaco nel marzo 2020 “prospettando al manager di poter mandare a puttane l’operazione economica cui era interessato evidenziando talune criticità che potevano precluderne il buon esito, cercò di costringere il dirigente della Gi.One. interessata al project financing per i lavori agli impianti di pubblica illuminazione e gestione a consegnargli dapprima 500mila, poi 300mila euro”.
Landella ieri presente in aula, respinge le accuse. Con la deposizione di Azzariti che proseguirà il 29 maggio quando saranno i difensori a controinterrogarlo, è entrato nel vivo il processo iniziato il 15 marzo 2023. Primo teste d’accusa a sedersi davanti ai giudici del Tribunale, Azzariti rispondendo alle domande dei pm e dell’avv. Di Terlizzi legale di parte civile, ha parlato di 4 incontri con Landella tra marzo e aprile/maggio 2020. La Gi.One. era interessata a subentrare alla Go4green che aveva vinto l’appalto, a patto che il Comune desse il nulla osta al subentro della società quale capofila delle imprese aggiudicatarie dei lavori. La Gi.One a marzo inviò una pec al Comune con la documentazione richiesta; nei giorni successivi – ha riferito Azzariti – fu contattato telefonicamente da Landella, e fissarono un appuntamento. Azzariti ne informò il suo amico Leonardo Iaccarino (ex presidente del consiglio comunale) per chiedergli come comportarsi quando avrebbe incontrato Landella, e gli fu consigliato di registrare il colloquio, cosa che il manager fece.
Nel primo faccia a faccia, Landella - a dire dell’accusa – avrebbe espresso a Azzariti le proprie perplessità sull’appalto dicendo che se ne avesse parlato con Iaccarino, lui sindaco poteva “mandare tutto a puttane”. Azzariti invece si confidò con Iaccarino, che poi lo informò d’averne parlato con Landella e d’averlo invitato a non contattare più il manager. Invece il sindaco - stando alla tesi accusatoria - dopo qualche giorno si presentò a casa di Azzariti: sotto al portone ci fu il secondo contatto, seguito da un terzo nell’aprile/maggio 2020, e questi due incontri non furono registrati dalla parte offesa. L’imputato gli avrebbe prospettato che ufficio tecnico e avvocatura del Comune erano perplessi sull’appalto; Azzariti disse d’aver sentito parlare di mazzette, e specificò che la sua azienda non avrebbe pagato alcuna somma, tanto meno quella di cui si sentiva dire: un milione di euro, che indicò col gesto del pollice alzato. Landella avrebbe replicato facendo a sua volta un gesto orizzontale con la mano aperta, nel senso secondo Azzariti che i soldi richiesti non erano un milione ma la metà; nuovo rifiuto, al che Landella avrebbe indicato con la mano il numero 3, nel senso inteso dal manager di una tangente da 300mila euro. In un quarto incontro avvenuto casualmente a dire di Azzariti, il sindaco lo avrebbe informato che la Gi.One. non poteva subentrare nell’appalto. Alla società venne successivamente comunicato il “no” del Comune; fece ricorso al Tar che lo rigettò, decisione confermata dal Consiglio di Stato. Per gli avv. Michele Curtotti e Roberto Sisto difensori di Landella, il rigetto della magistratura amministrativa dell’istanza della Gi.One. è una delle carte principali per sostenere l’innocenza dell’ex sindaco e la legittimità della decisione del Comune di non affidare l’appalto della pubblica illuminazione alla società ritenendo che non avesse i titoli richiesti; il “no” – argomentano i legali - non fu affatto quindi una conseguenza del mancato pagamento di tangenti, mai pretese dal sindaco.