il rapimento

Foggia, ladro ritira la querela per sequestro di persona nei confronti di due 20enni

Redazione Foggia

Rimase segregato in casa per 9 ore

FOGGIA - La vittima del rapimento rimette la querela, vengono quindi meno le accuse di sequestro di persona e esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con conseguente rimessione in libertà di due foggiani arrestati il 26 giugno e che restano sotto processo soltanto per lesioni aggravate: processo a febbraio.

Colpo di scena nel processo abbreviato a Vincenzo Pio Zingaro, 25 anni e Elio D’Agrosa, 21 anni, accusati d’aver sequestrato un amico del padrone di casa che fu sorpreso a rubare nell’abitazione di Zingaro, utilizzando le chiavi perse da quest’ultimo. Il pm contestava ai due imputati d’aver rinchiuso nell’abitazione e preteso dal ladro 20mila euro a titolo di risarcimento per un orologio Rolex rubato. Furono arrestati la mattina del 26 giugno dalla squadra mobile che dopo la denuncia della madre del ladro, perquisì l’alloggio di via Intonti trovando l’”ostaggio” e due dei quattro presunti sequestratori: gli altri due non sono stati individuati.

La riforma Cartabia in vigore da fine 2022 prevede per alcuni reati la procedibilità solo se c’è la querela della parte offesa: il sequestro di persona non aggravato rientra tra questi reati, come l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Visto che la parte offesa ha rimesso la querela, il Gup Michela Valente ha rimesso in libertà Zingaro, difeso dagli avv. Carlo Alberto e Massimiliano Mari; e D’Agrosa, assistito dall’avv. Giulio Scapato: erano ai domiciliari. Udienza rinviata a febbraio per processarli per lesioni.

Zingaro e D’Agrosa rispondevano di sequestro di persona “per aver privato della libertà personale un giovane trattenendolo contro la sua volontà per 8/9 ore nell’abitazione di via Intonti: la porta fu chiusa dall’interno, fu interrotta l’erogazione dell’energia elettrica perché le serrature delle 2 porte d’accesso all’immobile erano comandate elettronicamente dall’interno, per impedire alla parte offesa di allontanarsi”. Il presunto ladro fu pestato e riportò lievi escoriazioni giudicate guaribili in sei giorni “con schiaffi, pugni al volto, calci; percosso con una mazza da baseball; ferito alle mani col manico di una scopa; gli fu imposto di non parlare, non bere, non mangiare, non fumare, gli fu impedito di sedersi; il suo corpo fu utilizzato come poggiapiedi; Zingaro gli schiacciò la faccia sotto la pianta del piede”.

ESERCIZIO ARBITRARIO - Contestato anche l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni perché gli imputati “al fine di esercitare un preteso diritto e pur potendo ricorrere al giudice, si fecero arbitrariamente ragione: Zingaro rivolse minacce di morte a C.M. e alla sua famiglia, dicendogli che lo avrebbe trattenuto fin quando non avesse chiesto ai genitori 20mila euro pretesi quale risarcimento per la sottrazione dell’orologio Rolex”.

Interrogato dal gip all’indomani degli arresti Zingaro “scagionò” D’Agrosa; annunciò la decisione di querelare per furto il presunto ladro; ammise d’avergli dato qualche ceffone perché si era sentito tradito dall’amico per aver rubato in casa; parlò di un accordo col ladro per andare dai genitori di quest’ultimo e concordare un risarcimento per i furti. D’Agrosa negò e disse d’essere andato a casa di Zingaro all’alba del 26 giugno per chiedergli di ospitarlo per qualche ora.

Zingaro perse le chiavi di casa; un amico le ritrovò e invece di restituirle le usò per introdursi per due notti nell’appartamento, rubando modeste somme di denaro e un Rolex. In mancanza di segni di effrazione alla porta Zingaro sospettò che il ladro avesse trovato le chiavi di casa: informò alcuni amici che sarebbe stato fuori città per qualche giorno mentre in realtà tese una trappola al “topo d’appartamento”; nell’alloggio si piazzarono due uomini (rimasti ignoti) che bloccarono il ladro quando entrò alle 2 di notte del 26 giugno: subito dopo sopraggiunsero il padrone di casa e, secondo l’accusa, anche D’Agrosa. Seguirono sequestro, botte, minacce, richiesta di risarcimento.

L'ARRIVO DELLA POLIZIA - La mattina del 26 giugno la madre del ladro denunciò alla Polizia d’aver appreso da un’amica che il figlio aveva sottratto le chiavi di casa a un amico e che era trattenuto in un appartamento di via Intonti fin quando non avesse detto al derubato a chi avesse consegnato l’orologio Rolex. I poliziotti eseguirono un controllo nell’abitazione e vi trovarono Zingaro, D’Agrosa e il presunto ladro “con una vistosa ferita sanguinante al labbro, ematomi ed escoriazioni sulle braccia che disse” si legge negli atti d’indagine “d’essere stato aggredito e trattenuto da 8/9 ore”; Zingaro e D’Agrosa furono arrestati.

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