bullismo urbano
Foggia, pestaggio di piazza Mercato: «Solo lesioni, non ci fu un tentativo di omicidio»
La linea dei difensori dopo gli interrogatori dei tre maggiorenni arrestati per la brutale violenza
FOGGIA - Chi ammette il coinvolgimento nella vicenda ma con una posizione marginale, dicendo d’essere intervenuto solo per difendere un amico; e chi sceglie la linea del silenzio. Così gli interrogatori di garanzia ieri mattina nel carcere di Foggia davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, Margherita Grippo dei tre diciannovenni foggiani arrestati il 27 luglio dalla squadra mobile per rapina e tentato omicidio di un marocchino di 39 anni, aggredito, derubato di collanina d’argento e cappellino, pestato, umiliato sputandogli addosso, seviziato con lo spegnimento di una sigaretta sul petto la notte sul 24 giugno scorso mentre beveva una bibita davanti a un locale di piazza Mercato in zona Movida.
Nell’inchiesta sono coinvolti anche due minorenni pure arrestati nel blitz di una settimana fa e che hanno parzialmente ammesso il coinvolgimento nell’aggressione (come già riferito nell’edizione di ieri della Gazzetta). Per i due minorenni non è escluso l’affidamento in una comunità in alternativa al carcere “Fornelli” di Bari dove sono rinchiusi dopo il blitz della squadra mobile.
“Il mio assistito ha risposto alle domande del giudice, chiarito la marginalità della sua posizione che è limitata alla fase iniziale della vicenda: è intervenuto solo per difendere l’amico” (uno dei due minori coindagati) commenta l’avv. Michela Scopece difensore di Luigi Cognetti: “ho chiesto al gip la sostituzione della misura cautelare del carcere con gli arresti domiciliari”; istanza su cui il gip deciderà nei prossimi giorni dopo aver acquisito il parere della Procura della repubblica presso il Tribunale di Foggia.
Analoga richiesta l’ha avanzata al termine dell’interrogatorio anche l’avv. Vincenzo Paglia, difensore di Antonio Raffaele Palladino che l’accusa indica tra l’altro come colui che spense la sigaretta sul petto della vittima ormai esanime a terra; “sto valutando se depositare ricorso al Tribunale della libertà di Bari” dice l’avv. Paglia “e ho chiesto al gip la concessione dei domiciliari anche eventualmente con braccialetto elettronico; ritengo che non sussistano i presupposti della rapina sia perché manca il dolo specifico sia perché dal video, la prova principale, non emerge che sia stata sottratta la collanina alla parte offesa; peraltro mi lascia perplesso la contestazione di tentato omicidio in quanto secondo me ci si trova davanti a un caso di lesioni”.
Ha risposto alle domande del gip anche il terzo maggiorenne arrestato, Matteo Gesualdo, assistito dall’avv. Ettore Censano. L’indagato ha sostenuto d’aver visto il suo amico (uno dei minorenni) aggredito e d’essere intervenuto in sua difesa per poi defilarsi. Il legale non ha avanzato richieste al gip e preferisce non rilasciare dichiarazioni.
La difesa, come chiarito dall’avv. Paglia, solleva quindi dubbi sulla sussistenza del reato di tentato omicidio contestato dalla Procura della repubblica di Foggia con l’aggravante dei motivi abietti “rappresentati dalla sola volontà di prevaricazione della persona offesa e affermazione della loro fama criminale”, e dell’aver agito con sevizie “quali sputare addosso alla vittima e spegnere una sigaretta sul costato quando giaceva inerme a terra” e con crudeltà.
Pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia ritengono sussistente il più grave reato di tentato omicidio per sette motivi: “le zone attinte dai calci e pugni quali capo, nuca, torace, costato, anca, collo volto, tutti settori esposti e posti a protezione di organi vitali; l’elevatissimo numero di pugni e calci ricevuti dalla vittima; la straordinaria e impressionante intensità dei colpi, come emerge dai filmati dalla videosorveglianza; l’imponente ripetitività dei colpi assestati, numerosissimi nello spazio di pochi secondi; gli esiti degli accertamenti medici sulla parte offesa che ha riportato emorragie al capo e fratture multiple della mandibola; l’assenza di qualsiasi forza respingente della vittima, inerme e in stato di semi-incoscienza”; e il pestaggio conclusosi “non per volontà degli indagati, ma per l’intervento salvifico di alcuni testimoni per far cessare il violentissimo pestaggio, l’arrivo del 118 e della polizia”.