il processo

Foggia, quattro pentiti contro Albanese: la difesa cita capo-clan e nipotino

Redazione Foggia

La Pm della Dda e il legale Santangelo chiedono l'ammissione di 120 testimoni ai giudici del tribunale di Foggia. Ieri prima udienza

FOGGIA - Dalla parte dell’accusa ci sono 4 pentiti; da quella della difesa ben 120 testimoni, fra cui le tre vittime scampate all’agguato, compreso il minorenne che all’epoca dei fatti aveva 4 anni e ora ne ha 11. E’ una lista testimoni corposa quella di cui il pm della Dda Bruna Manganelli e soprattutto l’avv. Francesco Santangelo hanno chiesto l’ammissione ieri ai giudici del Tribunale di Foggia nella prima udienza del processo immediato a Giuseppe Albanese, 42 anni, foggiano collegato con l’aula in videoconferenza dal carcere di Parma dov’è detenuto.

E’ accusato del triplice tentato omicidio aggravato da premeditazione e mafiosità avvenuto al rione Candelaro il pomeriggio del 6 settembre 2016, in quanto ritenuto uno dei tre killer che armati di mitra e pistola spararono da un’auto in corsa al boss Roberto Sinesi ferendolo al petto: era in macchina con la figlia Elisabetta (sposata con il capoclan Antonello Francavilla) rimasta illesa, e il nipotino di 4 anni ferito alla spalla. L’agguato è collegato alla guerra del 2015/2016 tra il clan Moretti/Pellegrino/Lanza cui è ritenuto affiliato Albanese, e i Sinesi/Francavilla: in 13 mesi 10 sparatorie con 3 morti e 11 feriti/scampati. Per questa vicenda Albanese fu arrestato lo scorso 15 febbraio dai carabinieri del nucleo investigativo su ordinanza del gip di Bari chiesta dalla Dda, il provvedimento gli notificato nel carcere di Parma dov’è sottoposto al 41 bis in quanto già detenuto dal 21 novembre 2018 per altre 4 imputazioni: omicidio, mafia e tentata estorsione, droga e rapina. L’imputato si dice innocente. Le vittime non si sono costituite parte civile; i giudici hanno ammesso le prove richieste e rinviato l’udienza al 19 settembre per affidare l’incarico al perito fonico per trascrivere le intercettazioni e per l’interrogatorio dei primi testi d’accusa, carabinieri che svolsero le indagini.

Ad accusare Albanese sono 4 pentiti: a Pietro Antonio Nuzzi, Carlo Verderosa e Andrea Romano le cui dichiarazioni erano alla base dell’arresto dell’imputato, si sono aggiunte successivamente quelle di Patrizio Villani (vedi articolo a parte ndr). I primi tre sono stati ritenuti credibili e riscontrati da gip che firmò l’ordinanza cautelare e Tribunale della libertà che il 10 marzo rigettò la richiesta difensiva di scarcerazione per insufficienza di indizi. I 4 pentiti sono i principali testi del pm che ha citato anche alcuni investigatori.

Per controbattere all’accusa e sostenere l’inattendibilità dei collaboratori di Giustizia perché le dichiarazioni sarebbero prive di riscontri, smentite, contraddittorie e contrastanti, l’avv. Santangelo ha depositato una lista testi con 120 nomi. Tra questi figurano gli scampati: il boss Sinesi, detenuto dal 9 settembre 2016, che sconta 17 anni per racket e armi, e pende un’ulteriore condanna in appello a 9 anni per mafia; la figlia; e l’allora bambino: dovranno raccontare cosa successe il pomeriggio del 6 settembre 2016; a malavitoso e figlia la difesa chiederà anche se sia vero quanto riferito dal pentito Nuzzi che ha detto d’aver appreso in carcere che entrambi riconobbero Albanese come uno dei killer. La difesa ha citato un quinto collaboratore di Giustizia, il viestano Danilo Pietro della Malva; una cinquantina di carabinieri per parlare delle indagini svolte; 9 colleghi del Ris (reparto investigazioni scientifiche) sulle consulenze balistiche; 33 poliziotti; 2 agenti di custodia; 2 consulenti che ricostruirono la dinamica del conflitto a fuoco; e 17 testimoni. Il processo (il pm ottenne nei mesi scorsi dal gip il giudizio immediato saltando l’udienza preliminare; la difesa ha interesse ad ascoltare i testi ragion per cui non ha optato per il rito abbreviato) si preannuncia lungo.

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