Sicurezza urbana
Foggia, piazza Mercato in mano ai bulli: la movida fra spaccio e paura
E’ il luogo preferito dal branco per colpire. Non dovrebbe essere difficile individuarli ma forse servirebbero agenti in borghese
FOGGIA - Un diciassettenne accoltellato a morte dopo un banale litigio nato per un piccione morto scagliato in faccia; un giovane soldato che ha rischiato di fare la stessa fine per aver inseguito il ragazzino che gli aveva rapinato il braccialetto d’oro; aggressioni anche a sfondo razzista e omofobico, una dozzina di arresti negli ultimi due anni, spesso di minorenni e incensurati. È il volto peggiore della movida, quello della violenza gratuita, del branco che accerchia, insulta, picchia, talvolta anche accoltella, spesso ci si filma o si viene filmati; e i video ripresi da telefonini diventano subito virali sui social.
Pestato e filmato - L’ultimo video realizzato nei giorni scorsi mostra un quarantenne marocchino colpito con pugni e calci in piazza Mercato anche quand’era ormai inerme a terra: un commerciante ha allontanato gli aggressori, non dovrebbe essere difficile per chi indaga individuarli viste le numerose telecamere della zona.
L’aggressione segue quella della notte sul 28 maggio quando due giovani furono pestati senza motivo. I controlli delle forze dell’ordine si susseguono sull’onda delle proteste e dell’indignazione, cui seguono talvolta sospensioni temporanee delle licenze di locali: l’ultima ha riguardato un esercente per aver venduto una bevanda alcolica a un minorenne.
Non si può blindare la città - Il problema non si risolve “blindando” militarmente la zona della movida nel centro storico, delegando come troppo spesso si fa tutto alle forze dell’ordine. Come se si potesse immaginare un posto fisso di polizia in piazza Mercato.
Il fenomeno chiama in causa famiglie e scuole. «Siamo dinanzi a un problema di deformazione educativa che si dipana dal livello macro sociale a quello delle relazioni familiari» l’analisi nel gennaio 2020 di Enzo Gesualdo presidente dell’Ordine regionale degli psicologi, dopo una serie di aggressioni con lo stesso «denominatore comune: il linguaggio della violenza e la negazione dell’altro come soggetto portatore di diritti. Il bullismo è un fenomeno che enfatizza i comportamenti di prepotenza e aggressività come unico canale comunicativo e relazionale, che ha modificato il naturale comportamento sociale in esibizioni esagerate, nelle quali ogni freno inibitorio è carente».
Il branco - Nel branco la vigliaccheria dei tanti cementa quello che da soli non farebbero. Non è una situazione emergenziale, perché è datata, quasi incancrenita. Basti pensare che il 12 novembre 2019 l’allora prefetto Raffaele Grassi convocò una riunione del comitato provinciale per la sicurezza con vertici di Questura, carabinieri e Guardia di Finanza allargata anche al procuratore capo di Foggia e del tribunale per i minori di Bari per esaminare gli atti di violenza commessi da alcuni giovanissimi nella zona che dovrebbe essere quella del divertimento.
Nel corso del vertice fu esclusa la presenza di “gruppi strutturati”, ossia di baby gang che agissero con sistematicità (e se così fosse la soluzione sarebbe tutto sommato facile: individuarle e sgominarle, la questione è che a colpire sono più gruppi); si propose di mutuare l’esperienza del Comune di Bari con la sottoscrizione di un protocollo tra autorità giudiziaria e amministrazione municipale, creando un “pronto intervento minori” con magistrati, assistenti sociali, vigili urbani che intervenisse su fenomeni di devianza minorile; e si decise di rafforzare la prevenzione attraverso l’educazione alla legalità, intensificando gli incontri nelle scuole con la partecipazione di esponenti delle forze dell’ordine per parlare di bullismo e dei rischi penali.
Il comitato genitori - In quel periodo nacque anche un comitato “genitori per Foggia” che pose l’accento sulla “difficile situazione delle nostre strade infestate dalla violenza giovanile”; si ribellò all’idea che la città divenisse «un luogo pericoloso in cui fa meglio a rimanere a casa il sabato sera»; e ricordò che «Foggia non è solo questo», ponendo l’accento sui «luoghi meravigliosi che fanno da argine alla violenza», dalle chiese e gli oratori alle associazioni culturali «che creano ponti di dialogo».
L’ultimo appello - Quattro anni dopo riunioni in prefettura e appelli dei genitori la situazione in zona Movida non è migliorata. E’ del 29 maggio, all’indomani dell’aggressione al giovane foggiano finito in ospedale, la lettera aperta scritta da Marco Matteo Pisicchio e Salvatore Imperio a prefetto e commissari cittadini per chiedere un piano straordinario di presidio del territorio e la presenza massiccia di pattuglie nei week end.