il processo
Foggia, dal traffico di droga al racket tutti gli affari della «Società»
Al processo «Decimabis» svelate anche le alleanze con la mafia garganica
FOGGIA - Gli affari della “Società” dalla droga alle estorsioni passando per l’usura; le rivalità tra batterie; le alleanze con la mafia garganica. Ne hanno parlato i pentiti foggiani Alfonso Capotosto e Giuseppe Folliero e quello viestano Pietro Danilo Della Malva nell’udienza fiume durata sei ore del processo “Decimabis” a 13 foggiani accusati a vario titolo di mafia, usura, 4 estorsione, 1 tentativo di estorsione e turbata libertà degli incanti in corso da dicembre 2021 davanti alla sezione collegiale del Tribunale dauno (28 condanne a 203 anni nel processo gemello celebrato lo scorso ottobre con rito abbreviato davanti al gup). I tre collaboratori di Giustizia hanno deposto in videoconferenza da località segrete volgendo le spalle alla telecamera, rispondendo alle domande dei pm Bruna Manganelli e Rosa Pensa e dei difensori che ne hanno contestato l’attendibilità.
CAPOTOSTO – Il quarantunenne condannato a 2 anni per usura e estorsione nel processo abbreviato si pentì a dicembre 2016. In aula ha parlato dei suoi rapporti col boss Pasquale Moretti condannato a 16 anni nel giudizio abbreviato; di Alessandro Morena uno dei 13 imputati in attesa di giudizio coinvolto, a suo dire, nei prestiti a usura e nelle conseguenti estorsioni; si è riferito a Vincenzo Antonio Pellegrino (anche lui è tra i 13 accusati) come di uno dei “grandi” del clan Moretti/Pellegrino/Lanza che ne reggeva la fila quand’era a piede libero; si è soffermato sulla gestione dell’affare droga (pur se non è tra le imputazioni contestate), riferendo dell’esistenza di un cosiddetto “sistema grande” relativo allo smercio di cocaina ed eroina gestito in regime di monopolio dalla “Società” che si riforniva essenzialmente da un cerignolano, e di un “sistema piccolo” relativo allo smercio di marijuana e hashish, di cui anche lui si occupava. La difesa replica che non si può credere a Capotosto, la cui inattendibilità emerse in occasione di un primo pentimento nel 2014 con ritrattazione nei mesi successivi: dal controinterrogatorio i difensori hanno fatto emergere che il foggiano accusò alcune persone dell’omicidio di Antonio Petracca, assassinato il 30 dicembre 2013 delitto rimasto impunito, per poi ammettere di averle chiamate in causa per vendetta e ingiustamente.
FOLLIERO – Anche Folliero è imputato in “Decimabis” con condanna a 3 anni e 4 mesi per mafia e per il duplice tentato omicidio dei figli del boss Federico Trisciuoglio, da lui confessato alla Dda (senza le sue rivelazioni sarebbe rimasto un delitto insoluto). Ha raccontato d’aver fatto parte del clan Sinesi/Francavilla dal 2015 al 2019 quando decise di collaborare con la Giustizia anche perché non riceveva più lo stipendio. Si occupava di furti d’auto e rubò lui nell’estate 2016 la “Lancia Delta” che nascose in un capannone e che poi seppe essere stata usata dai killer del suo clan che il 29 ottobre 2016 ammazzarono Roberto Tizzano e ferirono Roberto Bruno, parenti di esponenti del clan Moretti, nell’ambito della guerra di mafia di quel periodo con i Sinesi/Francavilla. Anche in questo caso la difesa ribatte che al pentito non bisogna dare credito perché parla soprattutto de relato, riferendo notizie che avrebbe appreso dal coimputato Giovanni Rollo, condannato a 11 anni e 4 mesi per mafia e il duplice tentato omicidio Trisciuoglio nel processo abbreviato; e perché rivelò di un presunto summit tra il suo clan e esponenti del clan Libergolis di Monte Sant’Angelo per discutere di omicidi da compiere, salvo poi rettificare.
DELLA MALVA – Il tema delle alleanze tra clan della “Società” e mafia garganica ha riguardato l’interrogatorio di Danilo Pietro Della Malva, 36 anni, pentitosi nel 2021, elemento di spicco del clan Raduano alleato del gruppo Romito e quindi della batteria foggiana Moretti/Pellegrino/Lanza, mentre i Sinesi/Francavilla sono storicamente vicini ai Libergolis. Della Malva che ha detto di aver conosciuto in carcere alcuni dei 13 imputati sotto processo, rispondendo ai pm si è soffermato soprattutto su uno scambio di favori di morte tra i clan, con riferimento soprattutto all’agguato fallito del 18 febbraio 2018 a Manfredonia ai danni di Giovanni Caterino: il clan Romito si rivolse agli amici del gruppo Moretti per vendicare l’omicidio di Mario Luciano Romito ucciso il 9 agosto 2017 nella strage con 4 vittime nelle campagne di San Marco in Lamis, per la quale Caterino ritenuto legato ai Libergolis è stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado quale presunto basista. Della Malva ha detto che fu chiesto a lui di partecipare all’agguato a Caterino, lui preferì chiamarsi fuori; poi seppe che il commando era formato dal boss viestano Marco Raduano (evaso lo scorso 24 febbraio dal carcere di Nuoro, sotto processo anche per questo tentato omicidio); e dai foggiani Massimo Perdonò (condannato a 12 anni in via definitiva per il tentato omicidio Caterino) e Michele Morelli (uno dei 13 imputati, ma mai incriminato per l’agguato Caterino), “prestati” dal clan Moretti ai Romito.