le indagini
Foggia, tutti i dubbi sull’agguato a Prencipe
Era uscito dai radar degli inquirenti, forse inviso ai nuovi capi della "Società"
FOGGIA - È nel passato di un boss della “Società” del peso criminale di Salvatore Prencipe che vanno cercate le ragioni della sua morte, in quella che l’ex capo della squadra mobile Alfredo Fabbrocini definì la strategia pensionistica della “Società”? Oppure è nel presente di chi potrebbe aver cercato di ritagliarsi spazi, che però chi oggi comanda non ha inteso riconoscergli? Chi ha dato mandato di ammazzare Prencipe, detto “piede veloce”, assassinato sabato sera sotto casa in viale Kennedy? Chi ha eseguito la missione di morte, esplodendo due colpi di fucile contro l’ex capo-clan, firmando il 4° omicidio del 2023 in Capitanata, il primo dell’anno in città, il 9° dal 2020, di cui 7 maturati nel mondo della criminalità e tutti impuniti. A confermare la classifica che vede il capoluogo al secondo posto in Italia per omicidi irrisolti? Seguirà risposta all’agguato, scatenerà una reazione a catena, o rimarrà uno di quei delitti della “Società” che chiudono un cerchio senza necessariamente aprire nuove conflittualità?
Dda e squadra mobile attraverso testimonianze e video stanno ricostruendo la dinamica dell’omicidio. Prencipe, scarcerato il 31 ottobre 2015 dopo 11 anni e 3 mesi in cella e una condanna a 13 anni e 6 mesi per droga ed estorsione nel blitz Poseidon del giugno 2004, viveva con la madre in viale Kennedy 22. Alle 20.50 di sabato è uscito dal palazzo per trascorrere la serata con la sorella: un killer ha esploso due fucilate, il primo colpo ha infranto il parabrezza della “Mercedes”, il secondo da distanza più ravvicinata al volto ha ucciso Prencipe: il sicario è quindi fuggito con un’auto guidata da un complice, probabilmente la “Fiat Grande Punto” trovata poco dopo bruciata su via Sprecacenere dall’altra parte della città, alle spalle del cimitero.
La Dia anche nell’ultima relazione resa nota in aprile sulla “quarta mafia d’Italia” e relativa al primo semestre 2022 parla ancora di clan Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, classificazione da rivedere sia perchè Federico Trisciuoglio è morto a 69 anni il 5 ottobre scorso dopo una lunga malattia; sia perché il cugino Salvatore Prencipe fu un boss tra gli anni Novanta e primi anni del nuovo millennio quando pure sfuggì a agguati (vedi articolo a fianco sul suo curriculum criminale ndr), ma dall’8 agosto 2004 quando fu catturato per il blitz Poseidon e condannato a 13 anni e 6 mesi per traffico di droga ed estorsione, era uscito dai radar di investigatori e inquirenti: scontata la pena, era tornato in libertà il 31 ottobre 2015. In tutti questi anni contrassegnati da numerosi blitz, che spesso hanno coinvolto anche detenuti che dal carcere continuavano a gestire affari e comandare, il suo nome non era più comparso in inchieste sulla “Società”.
La storia criminale di Foggia racconta che l’ascesa dei mafiosi - Prencipe veniva accreditato del quarto dei sette gradi, quello di “santista”, già nel maxi-processo Panunzio del ’94 che sancì la mafiosità della “Società” – passa per la violenza e il sangue. Pur se Prencipe non è stato mai condannato per omicidio: indagato e prosciolto per la morte di Antonio Parisi nell’ottobre ’93; arrestato nel 2005 e assolto per la lupara bianca di Pinuccio Laviano datata gennaio ’89. Insieme a Trisciuoglio, Prencipe era al vertice dell’omonimo clan coinvolto sia nella terza delle 7 guerre di mafia della storia della “Società” (12 morti e 2 agguati falliti nel ‘98/99 e lui stesso sfuggì a un agguato il 21 settembre ’99 insieme ad altri due boss); sia nella successiva del 2002/2003, quando la rivalità con i Sinesi/Francavilla contabilizzò in 15 mesi 14 morti e 4 agguati falliti. Rispunta quindi la domanda chiave dell’inchiesta: la morte ha presentato il conto a Prencipe per il suo passato? O è nel presente che va cercato il movente dell’omicidio di un boss che non voleva sentirsi un ex?