In capitanata

A Foggia per il grano ormai è una caduta dietro l'altra

Redazione Foggia

Gli agricoltori contro pastifici e mugnai: «Dalle importazioni danni irreparabili. E la sovranità alimentare in queste condizioni è solo uno slogan»

FOGGIA - Ce l'hanno con pastifici e mulini gli agricoltori foggiani, vecchio bersaglio delle loro invettive. Se il prezzo del grano sprofonda (mercoledì alla borsa merci di Foggia persi altri 30 euro a tonnellata, dopo i 30 andati nella seduta precedente) la colpa è solo di «politiche di mercato miopi, che non tengono nella giusta considerazione il valore aggiunto nel medio-lungo periodo». Il riferimento è ai grani stranieri che vengono miscelati con quelli italiani perchè da solo il grano nostrano «non basta» a coprire il fabbisogno, ribattono pastai e mugnai. Ma gli agricoltori rilanciano, parlano di un mercato che richiede «una produzione realmente e integralmente Made in Italy», come peraltro viene scritto in etichetta, e invece così facendo (cioè a furia di importare grano estero) «corrono il rischio di arrecare danni irreparabili alla filiera cerealicola del nostro territorio».

Le organizzazioni agricole dopo l'ultima seduta si dicono seriamente preoccupate per l'andamento del mercato: «forte la preoccupazione» di Cia, Coldiretti e Confagricoltura per l'andamento di un mercato che sembra non trovare un punto di caduta in grado di assicurare ai produttori locali la «giusta remunerazione per gli investimenti fatti».

«La Capitanata è il granaio d'Italia - aggiungono con una punta di nostalgia per i bei tempi andati - ma è evidente che se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi e di salubrità, ma costi di produzione meno competitivi rispetto ad altri paesi esteri, in queste condizioni sostenere la sovranità alimentare potrebbe diventare uno slogan privo di concretezza».

Non nascondono le difficoltà e le insidie del mercato, gli agricoltori: «Siamo consapevoli che il prezzo del grano è condizionato da dinamiche produttive internazionali difficilmente controllabili a livello locale, ma il calo rispetto allo scorso anno è ormai arrivato a 200 euro a tonnellata. Su questi valori la cerealicoltura diviene un lusso che l’economia del nostro territorio non può più permettersi.  Con conseguenze che finirebbero col generare ripercussioni negative lungo tutta la filiera ed effetti a cascata su tutto il sistema economico di Capitanata».

Non sarebbero solo ripercussioni sulla filiera agricola: «Dev'essere chiaro a tutti che sull’economia della terra si basa ancora gran parte del delicato sistema socio-economico del territorio provinciale. Per questo c’è bisogno di intervenire congiuntamente con gli altri attori presenti lungo la filiera. Il Granaio d’Italia rappresenta un'eccellenza a livello europeo, il rafforzamento dell’intero comparto è una delle partite più rilevanti per il futuro sviluppo economico dell’intera Capitanata. Il mondo agricolo unito, da alcuni mesi impegnato con proposte concrete per il rafforzamento dell’agricoltura (dalla DOP pomodoro, alla quotazione della semola italiana, alla richiesta di potenziamento delle infrastrutture), vede il futuro sviluppo del territorio fortemente centrato sul settore primario. Siamo una provincia a forte vocazione agricola con una grande quantità di eccellenze produttive. Non possiamo permetterci di mollare».

[m.lev.]

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