L'inchiesta
Foggia, avvocatessa morta nell'incidente: in quattro indagati per omicidio stradale e falso ideologico
Il pm ha chiuso le indagini sul decesso della 25enne Camilla di Pumpo. Nel registro degli indagati il conducente dell’Audi, suo il padre e altri due, accusati di falso
FOGGIA - Il pm Roberto Galli ha chiuso l’inchiesta a carico di 4 foggiani sulla morte dell’avvocato Camilla Di Pumpo, 25 anni, foggiana, deceduta la notte del 26 gennaio 2022 nello scontro su via Matteotti tra la “Fiat Panda” che guidava e l’”Audi A4” condotta da un giovane foggiano.
I 4 indagati a piede libero sono il conducente dell’”Audi” Francesco Pio Cannone, 22 anni, accusato di omicidio stradale e concorso in falsità ideologica; il padre Michele Cannone di 52 anni, per falsità ideologica; Rocco Pio Curci e Simone Rendine rispettivamente di 20 e 26 anni, indagati per favoreggiamento e concorso in falsità ideologica.
I 4 foggiani sapevano dell’inchiesta a loro carico avendo ricevuto lo scorso gennaio l’avviso di proroga delle indagini preliminari chiesto dal pm al gip perché c’era bisogno di altro tempo per completare gli accertamenti. Rispetto all’avviso di proroga delle indagini c’è stata una modifica dei capi d’imputazione: Francesco Cannone oltre all’omicidio stradale è accusato di concorso in falso ideologico; a carico del genitore a fronte delle iniziali ipotesi di omicidio stradale, favoreggiamento e autocalunnia è subentrata quella di concorso in falso ideologico; imputazione quest’ultima ora ipotizzata anche per Curci e Rendine, e che si aggiunge a quella iniziale di favoreggiamento.
L’avviso di conclusione delle indagini è l’atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio; indagati e difensori dalla notifica dell’atto hanno 20 giorni per chiedere d’essere interrogati, depositare memorie difensive, sollecitare nuove indagini. Poi il pubblico ministero tirerà le somme e deciderà se e per chi eventualmente chiedere il rinvio a giudizio al gup. L’avv. Michele Sodrio difensore di padre e figlio preferisce non rilasciare commenti in questa fase; valuterà se chiedere il giudizio abbreviato (processo davanti al gup e in caso di condanna riduzione di un terzo della pena), considerato che una settimana dopo la tragedia della strada Francesco Pio Cannone si presentò in Questura accompagnato dal legale e ammise d’essere lui il conducente dell’Audi.
Nella ricostruzione dell’accusa, Francesco Cannone percorrendo via Matteotti nella tarda serata del 26 gennaio di un anno fa viaggiava a una velocità di circa 90 chilometri orari contro i 50 limite imposto. La berlina si scontrò con la “Panda” guidata dall’avv. Di Pumpo che si era appena messa al volante dell’utilitaria e da via Giovanni Urbano si immise su via Matteotti (il pm ipotizza un concorso di colpa nell’incidente da parte della stessa vittima per una presunta mancata precedenza). L’urto tra le due auto fu violento e letale per la giovane foggiana che riportò gravi lesioni e fratture al capo, morendo poco dopo.
Subito dopo l’incidente ci sarebbe stato un tentativo di depistare le indagini, per quanto ipotizza l’accusa. Rocco Pio Curci e Simone Rendine avrebbero dichiarato alla polizia locale giunta per i rilievi che alla guida dell’Audi c’era Michele Cannone, padre di Francesco: da qui l’accusa di favoreggiamento “per aver aiutato Francesco Cannone a eludere le investigazioni della polizia giudiziaria”. Infine ai 4 indagati il pm Roberto Galli contesta il concorso in falsità ideologica. Francesco Cannone subito dopo l’impatto letale avrebbe contattato il padre chiedendogli di raggiungerlo sul luogo dell’incidente, e accordandosi con il genitore perché fosse quest’ultimo a risultare il conducente dell’Audi, in questo aiutato da Curci e Rendine. Con queste dichiarazioni, 4 vigili urbani intervenuti per rilievi e indagini (un ispettore, e tre vice sovrintendenti) furono indotti in errore, “perché nell’esercizio delle loro funzioni” contesta la Procura “formavano una serie di atti pubblici ideologicamente falsi”. L’accertamento di prassi in questi casi per verificare il tasso alcolemico nel sangue del conducente fu infatti eseguito su Michele Cannone; come il verbale di sequestro giudiziario dell’auto fu redatto a carico dello stesso foggiano, avendo dichiarato d’essere lui alla guida della macchina in realtà condotta dal figlio Francesco.