Il fenomeno

Nelle campagne foggiane il «caporale» adesso parla straniero

Redazione Foggia

In 11 inchieste e 71 arresti non si è verificata alcuna contiguità con la Società: i clan preferiscono taglieggiare direttamente le imprese. Il ghetto di Mezzanone rimane il serbatoio utilizzato dai mediatori fuorilegge, africani e dell’est Europa, per reclutare manodopera

FOGGIA - La «Società foggiana» è innocente. Almeno sul fronte del caporalato. L’ossimoro fotografa un affare criminale che non c’è forse perché non ritenuto lucroso o difficilmente gestibile, nonostante anche autorevoli analisi ipotizzino il contrario. Considerazioni che però s’infrangono davanti a un dato: non uno dei 16 principali blitz contro la mafia foggiana dal ’91 a oggi con centinaia di arresti e condanne a secoli di carcere ha riguardato lo sfruttamento dei braccianti; e non una delle 11 inchieste sul caporalato dal giugno 2019 a oggi con l’esecuzione di 71 ordinanze cautelari e la sottoposizione a controllo giudiziario di 45 aziende agricole ha visto coinvolti mafiosi o persone contigue alla criminalità organizzata.

Anche l’episodio più grave legato al fenomeno – l’omicidio di Hyso Telaray, bracciante albanese ucciso a 22 anni n un casolare alle porte di Foggia la sera dell’8 settembre ’99 per essersi ribellato a chi pretendeva di incassare parte del salario guadagnato raccogliendo pomodori – vide coinvolti, arrestati e condannati tre albanesi, senza che emergesse nemmeno sullo sfondo l’ombra della mafia cittadina.

TANTE NEFANDEZZE MA... Tra le tante nefandezze dei clan della «Società» non c’è lo sfruttamento del lavoro. I clan foggiani seminano il terrore; ammazzano; pretendono il pizzo a tappeto da tutte le categorie imprenditoriali e commerciali; impongono un tariffario a parte per gli imprenditori agricoli (150 euro all’anno per oliveti e frutteti; 300 per vigneti; 50 per il grano; 300 per ogni ettaro di pomodoro); trafficano in droga; prestano soldi a usura; incassano da questi business 220mila euro al mese; lucrano sui contributi dell’Unione europea nel settore agricolo; riciclano soldi sporchi; s’infiltrano nell’economia e nel mondo politico-amministrativo; acquisiscono direttamente o indirettamente la gestione di attività economiche; hanno interessi nei settori edili, ristorazione, gioco e scommesse; condizionano persino le corse ippiche per poter scommettere; convogliano voti su candidati a loro vicini ma… Ma non hanno nulla a che fare con i caporali.

EPPURE IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA «Sulla base delle indagini svolte è stato accertato il coinvolgimento nella gestione del caporalato della criminalità organizzata, attratta da lucrosi vantaggi» scriveva la sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura dopo una visita istituzionale a Foggia nel settembre 2017, sull’onda del clamore suscitato dalla strage di mafia con 4 morti del 9 agosto precedente sul Gargano. «Il ruolo della criminalità organizzata nel settore del caporalato è rinvenibile in tutta la complessa filiera attraverso la quale questa attività illecita si articola. A partire dalla fase di reclutamento all’estero delle persone da avviare allo sfruttamento, per seguire nelle fasi successive sino alla finale utilizzazione dei migranti, con modalità integranti vere e proprie forme di riduzione in schiavitù in attività lavorative agricole gestire da imprenditori in diretti rapporti con la criminalità».

BRACCIA DA SFRUTTARE Di ghetti «dove si vive in condizioni di degrado abitativo e sociale; e di braccia per il lavoro nero e fonte di guadagno per la criminalità organizzata che anche in questo settore inquina il sistema economico, controlla il territorio, si fa Stato” si leggeva nella relazione del procuratore generale di Bari del gennaio 2018 sulla vertenza sicurezza a Foggia. E anche nelle più recenti relazioni semestrali della Dia (direzione investigativa antimafia) trova spazio il fenomeno, pur se non correlato con i clan: “Nel campo agricolo di tutta la provincia di Foggia continua a avere un’incidenza particolarmente forte il fenomeno del caporalato; le indagini hanno individuato il ghetto di borgo Mezzanone come uno dei serbatoi da cui attingere per il reclutamento della manodopera, attraverso un sistema condiviso da imprenditori e caporali».

LA COMMISSIONE ANTIMAFIA Per la commissione parlamentare antimafia, che ha reso nota nelle scorse settimane la relazione sul «caso Foggia» e più in generale sui clan pugliesi, «quello del caporalato è un fenomeno persistente, parzialmente riconducibile ad associazioni a delinquere tradizionali pugliesi. Il persistere dei canali di reclutamento dei braccianti a giornata è non solo segno di arretratezza nei rapporti economici, ma è anche un fattore di vulnerabilità del territorio e moltiplicativo di illegalità tali da costituire un incentivo alla crescita complessiva di varie forme di criminalità». Va infine sottolineato che proprio in Capitanata, in seguito alla scomparsa di ben 119 giovani polacchi segnalata dalla rappresentanza diplomatica polacca, la Dda condusse l’importante indagini denominata Terra promessa contro un’associazione transnazionale di caporali, con decine di imputati e condanne, quasi tutti stranieri; e nessuno affiliato alla «Società» o comunque contiguo ai clan.

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