DOPO LA TRAGEDIA DI LESINA

«Inaccettabile in un Paese civile morire per strada a causa dei cinghiali»

Redazione online

I familiari dell'imprenditore scomparso Turco: «Servono interventi urgenti per prevenire questo tipo di incidenti»

FOGGIA - «Non si può morire per strada nel terzo millennio, in un Paese civile, per uno scontro con un branco di cinghiali. Né continuare a far finta di nulla non affrontando un problema ben conosciuto che ormai è di sicurezza e incolumità pubblica: che almeno la morte di mio marito non sia stata del tutto vana». Sono parole piene di dolore e rabbia quelle della signora Angela, la moglie di Luigi Turco, Gino come lo chiamavano tutti, l’imprenditore agricolo di Lesina che ha perso la vita a soli 59 anni nella notte tra il 10 e l’11 marzo sulla Statale 693, nel territorio di San Nicandro Garganico, a causa di un incidente assurdo: la sua unica «colpa» è di essersi imbattuto con la sua Fiat Panda in un branco di ungulati, uno dei tanti che scorrazzano nella zona, mentre attraversavano la carreggiata, e, ulteriore sventura, di esserseli ritrovati improvvisamente davanti dopo una curva, senza alcuna possibilità di frenare in tempo per evitarli.

«I cari di Turco - evidenzia in una nota Valore Spa, realtà di valutazione delle responsabilità nei sinistri - ci tengono a ringraziare tutti per gli innumerevoli attestati di stima per la persona e di cordoglio giunti loro in questi giorni e per le prese di posizione forti» specificatamente sul «proliferare dei cinghiali, la cui gestione compete alla Regione che deve anche rispondere dei danni, come ha confermato una recente sentenza della Cassazione». La vicenda di Turco è stata portata all’attenzione del Senato dal parlamentare Francesco Bruzzone. Mentre Maura Di Salvia, presidente dell’associazione «Michele Di Salvia» che si occupa di sicurezza stradale, ha sollecitato la convocazione di un tavolo tecnico in Prefettura. Ancora: il presidente della Comunità del Parco, e sindaco di Carpino Rocco Di Brina, d’intesa con il presidente del Parco nazionale del Gargano, Pasquale Pazienza, ha formulato ufficiale richiesta di un tavolo politico-tecnico urgente in cui «Regione Puglia, Parco Nazionale del Gargano e le altre istituzioni competenti possano confrontarsi per assumere celeri e precisi impegni nel fermare l’incontrollata presenza dei cinghiali sul Gargano».

«Non ci si può lavare le mani sostenendo di aver messo dei cartelli» sottolinea la moglie dell’imprenditore scomparso, alludendo alla risposta fornita due anni fa dall’Anas alla parlamentare Marialuisa Faro che aveva chiesto chiarimenti sulla gestione della fauna selvatica proprio riguardo alla Statale 693. «L’azienda ha provveduto a segnalare del potenziale pericolo l’utenza attraverso l’istallazione lungo l’intera SS 693 di segnaletica verticale specifica con segnali di pericolo per animali selvatici vaganti» aveva risposto Anas, sostenendo poi che sulla Statale, in quanto infrastruttura extraurbana secondaria Tipo C, non sarebbero neppure previste le recinzioni a margine. «Mi chiedo - lamenta la moglie della vittima - come possano bastare dei cartelli di pericolo su una strada ad alto scorrimento, tutta curve e con il limite di velocità di 110 km/h: mio marito andava molto più piano, aveva un’utilitaria, ma non gli è stato sufficiente per salvarsi».

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