l'emergenza

Foggia, vertiginoso aumento delle altre malattie in era Covid

Massimo Levantaci

L'allarme del dg di «Casa Sollievo» Michele Giuliani

Foggia - «Quando saremo usciti dal Covid, il vero dramma per tutti noi sarà come riprendere a curare tutte le malattie non Covid, andate avanti a velocità supersonica in questi mesi». Il direttore generale di Casa Sollievo della Sofferenza, Michele Giuliani, vede l’uscita dal tunnel vicina, ma al tempo stesso non si fa illusioni. La pandemia ha fatto tabula rasa negli ospedali, i reparti si sono ridotti all’osso, la gente ha rinunciato a curarsi per evitare di contrarre il virus specie nella prima fase dell’emergenza sanitaria quando ancora non erano state messe a punto le procedure in ambito ospedaliero su come difendersi dal «mostro». E nel frattempo le altre malattie hanno preso il sopravvento proprio perché tralasciate, non curate. Parliamo dei tumori ad esempio, come delle nuove intolleranze sempre più crescenti nella popolazione e tanti altri malanni rimasti inesplorati in questi mesi. «Noi a Casa Sollievo abbiamo sempre accolto tutti - precisa Giuliani - ma non potevamo fare tutto come avremmo voluto. Il Covid ci ha ridotto gli spazi oltre che assorbito il personale sanitario».

Non c’è solo l’aspetto medico, anche sul piano finanziario le cose non girano più come dovrebbero a Casa Sollievo. Cosa rischia un grande ospedale da oltre 3mila posti di lavoro?

«Il Covid ci ha dato una grande lezione, ha messo in risalto anche alcune criticità che ci portiamo avanti da un decennio. Non siamo però in crisi come ci dipingono, chi preconizza un finale inglorioso per la nostra grande struttura non conosce la situazione o lo dice in malafede».

La commissione insediata dal Vaticano cos’altro sarebbe allora?

«La Santa Sede ha nominato un gruppo di lavoro che ci aiuti nell’analisi della situazione e nella stesura di un piano strategico. È un gruppo di lavoro con rapporto consulenziale, ognuno svolge il suo ruolo in altre strutture: tra i cosiddetti commissari c’è anche un consigliere d’amministrazione di Casa Sollievo, Pietro Grasso. Se fossero commissari, come potrebbe la Santa Sede nominare un interno? Gli altri componenti del gruppo di lavoro sono Angelo Tanese (direttore Asl Roma1) e Gino Gumirato, direttore delle attività domiciliari dell’Ospedale Gemelli».

I cento milioni di debiti di cui si vocifera allora come saltano fuori?

«Una cifra spropositata e un numero sparato nel mucchio, così per fare ancora un po’ di confusione. Stiamo lavorando sul bilancio 2020, ci sono uscite e entrate di cassa ancora da contabilizzare come in tutti i bilanci. Voglio solo ricordare che il patrimonio netto della fondazione è in pieno pareggio».

La Regione però è disposta a venirvi incontro.

«Con la Regione stiamo cercando di trovare la soluzione giusta per Casa Sollievo, una struttura fondamentale dell’impianto sanitario regionale. Abbiamo fatto sempre la sua parte sul piano sanitario, mi sembra un’attenzione doverosa».

Quanto è costato però cedere circa 120 posti letto all’assistenza Covid?

«Abbiamo un volume d’affari della fondazione nell’ordine di 300 milioni annui. Durante il Covid abbiamo dovuto sospendere le attività ordinarie, destinando posti letto più le aree e i percorsi di filtro. Ma c’è un altro fattore assolutamente determinante: nel momento in cui occupo la Terapia intensiva con i degenti covid, rendo inutilizzabile al 50% le Chirurgie che non posso portare in sala operatoria».

Un problema comune a tanti altri ospedali Covid.

« Ma per noi è diverso. Al noi il servizio sanitario riconosce una tariffa nell’ambito del “Drg”, vendiamo prestazioni al sistema pubblico. Anche la struttura pubblica vende e riceve finanziamenti: ma il differenziale vero è che se devo comprare la risonanza di ultima generazione devo trovare le risorse all’interno di quella tariffa. Mentre al pubblico vengono riconosciuti finanziamenti ad hoc. Il personale assorbe il 60% dei nostri costi, che noi dobbiamo trovare all’interno delle stesse risorse. E non mandiamo indietro nessuno: la nostra terapia intensiva No Covid ha 21 posti letto, quasi sempre oltre il pieno regime».

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