La riflessione

Tra una crescita fragile e le grandi transizioni la Puglia non resti al palo

Luciana Di Bisceglie

È tempo di bilanci e di auspici per il futuro. Il 2025, pur tra tante incertezze internazionali, disastri climatici, conflitti sui dazi e vere e proprie guerre con morte e distruzione, a livello nazionale ha recentemente visto il varo di una manovra necessariamente light

È tempo di bilanci e di auspici per il futuro. Il 2025, pur tra tante incertezze internazionali, disastri climatici, conflitti sui dazi e vere e proprie guerre con morte e distruzione, a livello nazionale ha recentemente visto il varo di una manovra necessariamente light e senza grandi investimenti strutturali. Anche nel 2026 per l'Italia si attende una crescita economica da “zero virgola” (tra + 0,6 a + 0,8% del PIL) con un Mezzogiorno che nonostante le risorse del PNRR deve confrontarsi con emigrazione giovanile e salari bassi; ancora un anno difficile ma non catastrofico, almeno stando alle previsioni. Secondo l’ultimo report Istat, sui Conti economici territoriali il Sud risale e, nonostante i tanti problemi, continua a crescere sia pure con lentezza e restando fanalino di coda dell’Italia.

Nel 2024 il reddito disponibile pro capite delle famiglie nel Mezzogiorno è aumentato, attestandosi a circa 17.800 (+3,4% rispetto al 2023) comunque ancora lontano da quello del Centro-Nord, dove il reddito è di circa 25.900 euro, circa il 31% in più. D’altra parte il Mezzogiorno, grazie soprattutto alla duttilità ed allo spirito d’iniziativa delle piccole e medie imprese, ha fatto segnare la crescita più rilevante dell’occupazione (+2,2% rispetto al 2023, superiore alla media nazionale che è stata di +1,6%). Alla crescita occupazionale meridionale hanno contribuito costruzioni e servizi, con un ruolo determinante soprattutto del turismo.

La stessa manovra economica, che complessivamente si attesta sui 20 mld. ed ha il merito di aver tenuto saldi i conti pubblici, non garantisce grandi investimenti in una fase in cui pesanti sono le incertezze su fondamentali comparti industriali (a cominciare da siderurgia e automotive, così importanti per la nostra Puglia). Peraltro, con la riforma del Patto di stabilità, a livello europeo non ci sono solo i paletti di deficit e debito, ma anche della spesa primaria netta su base pluriennale, il che si traduce in una spesa pubblica senza grandi possibilità di incremento.

Così, se è vero che il deficit sta rientrando sotto il 3%, non sono prevedibili, quanto meno a breve, grandi scostamenti di bilancio. Certo c’è un incremento dell’occupazione, che è un fatto positivo, ma l’incremento riguarda servizi a basso valore aggiunto e bassi salari, il che non consente grandi aumenti di Pil. Peraltro l’economia cresce soprattutto grazie alla risorse del PNRR, senza le quali l’Italia rischierebbe la stagnazione se non la recessione.

L’industria continua a essere un punto di forza dell’economia italiana, ma dopo il calo della produzione industriale nel 2023 (circa -2 %), nel 2024 la riduzione è stata attorno al -3,5%.

Tutto sembra cambiare ma per il momento siamo sostanzialmente stabili, nonostante il grande impegno delle imprese, piccole o grandi che siano, alle prese con una rapidissima trasformazione planetaria economica e sociale, ma anche di equilibri politici e di rapporti di forza, nel cui contesto purtroppo non c’è un reale sostegno solidale tra i Paesi dell’Occidente in cui sembra invece prevalere una logica Maga, che spinge ognuno a fare per sé. Una situazione che non spinge certo ad un rafforzamento Ue, unica strada per un consolidamento generale dei Paesi del Vecchio continente che finiscono, pur con variabili territoriali, in una logica difensiva, al massimo di tenuta dello status quo. Una scelta quanto meno pericolosa, mentre incombe sempre più determinante il ruolo dell’intelligenza artificiale e di un riassetto complessivo delle struttura economica capitalistica come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni.

È con questo scenario che anche le imprese pugliesi si trovano a dover fare i conti alla vigilia di una nuova legislatura regionale che ha bisogno dell’apporto di tutti, di tutte le istituzioni e di tutte le forze sociali, insieme, in un mondo che sembra cambiare completamente ma che troppo spesso finisce per rimanere molto simile a quello di un tempo, con tutti i problemi strutturali sostanzialmente irrisolti e col rischio di rimanere sostanzialmente al palo. Un tema che interessa soprattutto il Mezzogiorno e in particolare giovani e donne, in un contesto demografico che deve fare i conti con un netto calo della popolazione.

Sono questi i grandi temi con cui dobbiamo fare i conti e che ci impegnano, a partire dalla Puglia, per avviare una nuova fase di sviluppo indispensabile per rilanciare l’Italia e l’Europa, senza la quale potremmo forse solo evitare catastrofi ma, stando fermi, rischiamo un lento ma inesorabile declino, per dirla con Mario Draghi. Quello che possiamo dire è che le imprese pugliesi, come hanno dimostrato subito dopo il lockdown dell’emergenza Covid, sapranno affrontare con dinamismo e capacità questa fase di transizione, sperando in un nuovo protagonismo delle istituzioni regionali e nazionali, soprattutto per affrontare le criticità connesse ad un serio rilancio industriale e più complessivamente del manifatturiero, ad una minore spesa dei costi energetici, ancora troppo alti rispetto ad altri Paesi Ue, ad una crescita dei consumi delle famiglie che si coniughi con un salari che garantiscano un maggiore recupero dell’inflazione e con un rilancio del mercato interno, un forte sostegno all’innovazione e più complessivamente ad un adeguato utilizzo dell’intelligenza artificiale.

La Puglia può essere realmente la leva di una nuova fase di sviluppo del Mezzogiorno e di crescita complessiva del Paese, ognuno può e deve fare la sua parte. In questi mesi con Papa Leone XIV spesso si cita Sant’Agostino, che avvertiva che «la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle».

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