La riflessione

L’Italia di fine anno, quando il futuro dipende solo da noi

lino patruno

Siamo un Paese nel quale un terzo della popolazione paga le tasse per tutti gli altri che non le pagano ma arraffano gratis sanità, scuola, pulizia delle strade, assegni di accompagnamento ed è tutto dovuto

Fermate il mondo, voglio scendere. Ma insomma, stiamo un giorno sì e l’altro pure a commiserare il ceto medio, quello né ricco né povero ma con sicura deriva verso il povero. Poi vai in un ristorante per il pranzo di Natale a 80 euro a testa e trovi un tutto esaurito fra l’altro con nidiate di chiassosi bambini che mangerebbero meno ma pagano lo stesso. Ora 80 euro non è prezzo né da superlusso né da pezzenti: ceto medio, appunto. Ché metti famiglie diciamo di quattro persone, se ne vanno 320 euro. Dopo una vigilia in cui tra crudo, pesce, carne e cartellate il rischio del mutuo c’è stato. Però i regali no, a Natale pensierino, per le spese vere arrivano i saldi. L’Italia che si consegna al 2026 è questa qui.

Quegli 80 euro non equivalgono a ciò che mangi, più sostanzioso nella descrizione che nel piatto. Equivalgono alla festa. Peggio a Capodanno, e non ne parliamo dei matrimoni. Una auto-tassa dopo che per un mese siamo stati massacrati dalla polemica il governo-aumenta-le tasse-no-le riduce. E senza che ne abbiamo capito di più all’approvazione di una legge di bilancio che è sembrata piuttosto una neuro-deliri. Il Censis che da anni ci fa la radiografia ha definito Grande Hotel Abisso l’Italia dalla Finanziaria perlomeno frugale. Aggiungendo però che gli italiani non sono tipi da alloggiarvi, pronti invece a sperperare sia pure «gli ultimi averi prima che scocchi la mezzanotte». Infatti.

Il fatto è che alle tavole solidali di quest’anno i poveri non erano solo i soliti poveri. Insomma i senzatetto o gli immigrati. Ma c’erano pensionati da 1200 euro che hanno le bollette e non ne parliamo se capita una malattia. C’era chi ha perso il lavoro e non se lo aspettava. C’erano i separati che non ce la fanno più e quando si stava in due perlomeno si metteva insieme. C’era la partita Iva mai assunta nonostante le promesse. Italia repubblica fondata sul rischio di tavola solidale permanente. Nella quale un terzo della popolazione paga le tasse per tutti gli altri che non le pagano ma arraffano gratis sanità, scuola, pulizia delle strade, assegni di accompagnamento ed è tutto dovuto.

Non è che questa Italia da furbasteria sia una novità. Se vai dal tabaccaio per una marca da bollo, devi fare la coda dietro tutti i giocatori del Lotto e i gratta-e-vinci. Umanità dagli occhi spenti a caccia di un niente. Vedi in tv «I fatti vostri» e non ce n’è uno che non abbia bisogno di gettoni d’oro per la casa, o per sposarsi, o per risollevarsi. Pescando fra numeri suggeriti in sogno, o legati al compleanno della zia o al «me lo sento». L’Italia della cucina patrimonio dell’umanità che non dimentica Totò e i suoi spaghetti messi in tasca. L’Italia della magia e dello stellone. Ma Italia mai con quell’aria di stanchezza, di sfiducia, di nervosa rassegnazione che ora promana ovunque anche a sproposito. E che vede tirare fuori i coltelli per un nulla. Il Paese dalla presunta brava gente diventata brutta gente.

Dice: racconto da cattiva digestione. Ma questa Italia non fa più figli, altro che problema gastro-intestinale. L’Italia dell’Istat che prevede solo 340 mila nascite nel 2025, un terzo di quelle del 1965. L’Italia dei morti più che dei nati. L’Italia con un italiano su quattro con più di 65 anni. L’Italia con più ultraottantenni che bambini sotto i dieci anni. L’Italia con più sedie a rotelle che passeggini. E Puglia e Basilicata non meglio. Non finì così anche l’Impero Romano? L’Italia che non vede futuro da assicurare a nuovi italiani. L’Italia che centomila italiani all’anno lasciano per andarsene all’estero, e sono spesso giovani laureati, già nel Paese che ne ha meno in Europa. Non hanno più voglia di starci. Non vogliono più essere sottopagati nel Paese anche con i più bassi salari in Europa nonostante imprenditori che continuano a lanciare l’allarme: chi consumerà i nostri prodotti? Non vogliono più vedere mortificato il merito. L’Italia con un «basta» nella valigia.

E’ l’Italia che si è accapigliata sulle «finestre pensionistiche» non battendo ciglio sull’abolizione dell’Opzione donna, che era poi un bonus mamme. È l’Italia che la politica è tutta sporca. Ed è l’Italia che il Censis vede per un terzo favorevole a un regime autoritario, senza che un orrore non salga verso un cielo troppo luminoso per subirlo. Un bel Trump o un bel Putin italiani che licenzino chi non è d’accordo anzi qualcuno cade stranamente da una finestra. Un pezzo di Italia che scivola nell’indegnità invece di risollevarsi nel decoro di pagare le tasse per stare meglio non peggio, anzi per fare stare meglio tutti gli altri. Un’Italia corrotta che i corrotti sono sempre gli altri. Anzi gli italiani sono sempre gli altri.

Più noiosi di una giornata di pioggia, in ogni tempo abbiamo detto: ah, ma tempi così non li abbiamo mai vissuti. Ora un tempo fra guerre, mondo sottosopra e vergogna per la parte di questo mondo che abitiamo. Ma i tempi li facciamo tutti noi. E il destino cinico e baro è solo una barzelletta scema.

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