L'analisi
La verità della manovra svela l’inganno: zero fondi per le riforme e il Sud
Per capirci: se sei nato a Reggio Emilia hai diritto all’asilo nido pubblico, se sei nato ad Altamura no. Perché? Perché così la cosa è sempre andata
Beh, bisogna dare atto della coerenza. Che il governo non avesse nessuna intenzione di finanziare i Lep per il Sud, il ministro Calderoli lo aveva già annunciato. Erano tempi ancora lontani, magari non in molti ci avevano fatto caso. Aveva detto che i Lep dovevano essere riconosciuti, e bene. Ma «ad invarianza di bilancio». Tradotto: senza nessun carico ulteriore per il bilancio dello Stato. I Lep (Livelli essenziali di prestazione), cioè i bisogni del Sud, finora non erano mai stati calcolati. Quando si parla di bisogni, si parla di ciò che incide in modo determinante sulla vita dei cittadini, insomma sulla famosa qualità della vita: sanità, scuola, trasporti pubblici locali, assistenza agli anziani, assistenza ai disabili. E altri fino a un totale di ventidue.
Al Sud questi diritti sono tutti al disotto del minimo costituzionale, grazie a una violazione continua e sistematica della Costituzione (articolo 3) in base alla quale non devi essere trattato secondo la geografia. Cioè non deve esserci differenza di trattamento a seconda di dove sei nato.
Per capirci: se sei nato a Reggio Emilia hai diritto all’asilo nido pubblico, se sei nato ad Altamura no. Perché? Perché così la cosa è sempre andata: la risposta abbastanza singolare e urticante. Così è sempre andata indipendentemente dai bisogni dei bambini di Altamura e del Sud. Così è sempre andata grazie alla famigerata «spesa storica», ammessa dallo stesso Calderoli. Il motivo? Mah, forse perché il Sud non può pretendere come il resto del Paese. Magari perché il Sud è una diversamente Italia. Magari perché il Sud se lo merita, date le sue colpe. Quali? Ma che domanda: perché è Sud. Un colonialismo e una colonialità che non è che devono stare a spiegare. Non disturbate il manovratore.
Che appunto dalla manovra finanziaria in questi giorni in discussione è arrivata la sorpresa, anzi la conferma: i Lep devono essere garantiti nei limiti delle risorse già disponibili. Quali risorse, scusi? Quelle del bilancio che si andrà a votare. Ma in quel bilancio non c’è una voce specifica: spesa per i bisogni finora non soddisfatti, cioè violati del Sud. Quando a suo tempo qualcuno già allarmato chiese lumi a Calderoli, il ministro delle Riforme rispose: le Regioni del Sud comincino a ridurre le spese e così troveranno quanto serve. Ciò che raddoppierebbe il danno: ai bisogni già non soddisfatti (e che spetta allo Stato soddisfare, se siamo ancora in un Paese unico), si aggiungerebbe una minore cura dei loro cittadini anche da parte delle Regioni.
Che stiamo alla farsa, inutile dirlo. Diciamo allo scandalo. È tutto ciò che finora ha creato per legge il divario fra le due parti del Paese. Quel divario invece attribuito alla inferiorità dei meridionali, non sono all’altezza degli altri, cosa vogliono. Meridionali che pensino ad emigrare se non ce la fanno. Meridionali per legge, per una legge di bilancio dietro l’altra qualsiasi governo ci fosse. Ed emigrazione per legge, talché chi decide di restare al Sud lo fa in violazione della legge. Tutto ammesso dallo stesso Calderoli e dalla sua luciferina trasparenza. Del resto, basta consultare i Conti pubblici territoriali, emanazione del mistero dell’Economia e delle Finanze: la spesa pubblica di investimento dello Stato è di circa 4 mila euro all’anno maggiore per ogni cittadino centro-settentrionale rispetto a una meridionale. Come rimediare? Ci pensino loro, cioè le loro Regioni. Mica possiamo togliere il di più e il non dovuto al Centro Nord per fare giustizia al Sud. Se tu sei nato Sud, peggio per te. Ripensaci la prossima volta.
Questa reiterata volontà di violare la Costituzione viene fuori dopo che la Corte costituzionale aveva demolito il progetto di autonomia differenziata presentato dal medesimo Calderoli. Perché a un ritorno a quella autonomia siamo. A quel tentativo di rapina legalizzato. Quel progetto che spaccherebbe ancora di più il Paese in due, se pur ci sono margini di peggioramento. E uno dei punti bocciati riguardava proprio i diritti del Sud. Per il quale si doveva agire così, esempio: il Sud non ha la stessa sanità del Centro Nord, vediamo quanto serve per parificarle, vediamo quanto deve costare la sanità per gli uni e per gli altri, cancelliamo le disparità finanziando ciò che serve e per chi serve. Facendo finta di aver riveduto tutto, si decide di non cambiare niente. E poi i Gattopardi starebbero solo al Sud.
Ma qui non siamo al romanzo, siamo all’insulto. Siamo alla dis-eguaglianza spacciata per eguaglianza. Siamo non solo al Paese di serie A e a quello di serie B della dis-unità d’Italia. Siamo a un punto in cui il presidente della Repubblica, garante dell’unità d’Italia, dovrebbe farsi sentire come già in altre occasioni. E dovrebbero farsi sentire i parlamentari del Sud, se ancora ritengono di dover rappresentare non solo chi li ha votati, ma la pubblica decenza. La prima denuncia è venuta da Antonio Decaro, candidato del centro-sinistra alla presidenza della Regione Puglia. Attendiamo tutti gli altri. Ma siamo sicurissimi che non si faranno mancare alla Storia.