L'analisi
Il centrodestra sparigli le carte: in Puglia punti su una new entry con più carisma dell’avversario
Ogni scadenza elettorale ripropone alle forze politiche il problema della scelta dei candidati da presentare sia per le cariche unipersonali sia per quelle collegiali e tale periodo genera fatalmente fibrillazioni sia all’interno delle coalizioni sia nell’opinione pubblica
Ogni scadenza elettorale ripropone alle forze politiche il problema della scelta dei candidati da presentare sia per le cariche unipersonali sia per quelle collegiali e tale periodo genera fatalmente fibrillazioni sia all’interno delle coalizioni sia nell’opinione pubblica. E ciò perché ogni scelta inevitabilmente comporta la gioia dei prescelti (pochi) e il malcontento degli esclusi (tanti).
Ma che sta succedendo oggi in Puglia nella coalizione di centrodestra? Una prima analisi, attenta e logica, è stata svolta in chiave retrospettica dal sen. Quagliariello, qualche giorno fa sulle pagine di questo giornale, con riferimento alla evoluzione dei tre passaggi politici più significativi che hanno caratterizzato la Puglia dal dopoguerra ai nostri giorni, evidenziando come dalla fine del dominio ultradecennale della DC e dei partiti centristi ad essa variabilmente collegati si è poi passati, anche grazie al nuovo sistema elettorale per le Regioni (il c.d. Tatarellum), prevalentemente maggioritario, ad una fase di governo espresso per un decennio dal centrodestra (presidenze Di Staso e Fitto) per poi passare all’attuale dominata ormai da quattro lustri dal centro sinistra (presidenze Vendola ed Emiliano, ciascuno per due quinquenni consecutivi). La riflessione concludeva che la varietà non solo geografica ma anche storica, economica e culturale tra «Le Puglie» da nord a sud trovava più facile e condivisa interpretazione politica all’interno della DC, partito prevalentemente di moderati, nel quale si riconosceva la maggioranza degli elettori appuli. Di tal che finita l’era DC si sfaldava il sistema da essa creato e si dava luogo alle fasi successive sopra ricordate.
A queste considerazioni mi permetterò di aggiungerne altre, peraltro in certo qual modo con esse in consonanza. Un ruolo non secondario nella lunga durata di governo espresso dalle forze centriste è certamente da riconoscersi alla precedente legge elettorale regionale, di stampo proporzionale, che favoriva prevalentemente l’area dei moderati e degli indecisi relegando di conseguenza alle ali, di destra o sinistra, le forze politiche più impegnate. Invero, la maggioranza degli italiani, quindi anche dei pugliesi, notoriamente poco incline all’impegno politico e presa da ben altri problemi, si riconosceva comodamente rappresentata dai partiti centristi con in testa la DC.
Quando poi, in conseguenza della nuova legge elettorale, prevalentemente maggioritaria, che necessariamente imponeva una scelta alternativa fra forze conservatrici e forze progressiste il crinale largo e pianeggiante del centro rappresentativo dell’elettorato moderato si è sfaldato e i suoi tradizionali consensi si sono travasati differenziatamente sulle due ali. Inoltre, con la fine della c.d. prima repubblica gli elettori, che fino ad allora avevano guardato ai partiti, ai loro programmi e alle varie iniziative politiche da questi intraprese e nelle quali sovente i più volenterosi si sentivano coinvolti, sono stati attratti, anche a causa della sempre crescente diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, piuttosto dalla figura dei vari leaders politici e dal loro carisma che non dalle iniziative dei partiti. Di qui il successo di Berlusconi e Prodi, a livello nazionale, e, a livello locale, di Tatarella, non a caso definito il «vice-re», e grazie al cui impegno, prima della sua morte, e alla sua ispirazione, dopo, la coalizione di centrodestra ha inanellato una serie costante di vittorie elettorali.
Con la fine prematura nel 1999 dell’«uomo dell’armonia» la leadership del centrodestra pugliese passava automaticamente sotto la guida principale del nuovo astro nascente, il trentenne R. Fitto, che sulla scia del lavoro precedentemente svolto da Tatarella, riusciva a diventare il più giovane Presidente di Regione della Repubblica (2000/2005).
Alla fine del suo mandato, però, il centrosinistra si presentò galvanizzato dalla presenza di due altri astri nascenti che con il loro carisma riuscirono a conquistare il governo regionale mantenendolo finora per vent’anni (prima Vendola 2005/2015) e poi Emiliano (2015/2025).
A questo punto giunge naturale domandarsi cosa sia successo nel centrodestra dopo il 2005, a seguito della mancata riconferma di Fitto che pure ha continuato ad esserne il leader indiscusso, e come sia stato possibile che la corazzata del centrodestra, allestita, o meglio armata, dal «vice-re» per una lunga navigazione, sia sistematicamente naufragata nelle competizioni elettorali per il Consiglio regionale che si sono susseguite dal 2005 fino a oggi.
Probabilmente a questo travaso non sono del tutto estranee la caratterizzazione alquanto levantina che ha sempre animato lo spirito dei pugliesi, attratti da valutazioni concrete piuttosto che da ispirazioni di tipo ideologico, che ne rendono quasi naturalmente mutevole l’orientamento politico, e la contemporanea ascesa di due fuoriclasse come Vendola ed Emiliano che ha significato una grande novità nel rispolvero della classe politica precedente: Vendola, con il suo eloquio poetico e complesso, ed Emiliano, con il suo fare amichevole, quasi famigliare, comunque coinvolgente; insomma entrambi con il loro eloquio, astratto o concreto che fosse, comunque fascinoso, attiravano l’attenzione e il consenso delle masse elettorali.
Ma a queste nuove energie, entrambe alquanto attraenti sia pure con le diverse caratteristiche dei due partecipanti, non ha fatto riscontro una analoga forza attrattiva del centrodestra. Invero, in un periodo di assenza dei partiti, dei loro dibattiti interni, delle mancate celebrazioni dei congressi che nel passato in qualche modo attraevano o, per lo meno, incuriosivano, gli iscritti e i simpatizzanti, e contemporaneamente della larghissima diffusione dei mezzi di comunicazione di massa vengono maggiormente in evidenza le qualità personali dei singoli personaggi, il loro carisma, l’eloquio fluente e accattivamente, l’empatia trasmessa con apparente naturalezza, tutte qualità che impressionano favorevolmente l’ascoltatore.
Nell’ambito del centrodestra Fitto, a differenza di Tatarella che tendeva ad allargare la propria area di influenza non solo agli alleati ma anche agli avversari con atti di empatia, di attenzioni e infine con accordi politici, ha mirato a conservare l’esistente, magari con qualche consolidamento, piuttosto che ad allargarlo. In questo ha contribuito non poco il suo carattere alquanto anglosassone, certamente meno gioviale di quello di Tatarella e meno espansivo di quello di Vendola ed Emiliano.
Nell’attuale periodo al centrodestra, con la esclusione di Fitto – perché impegnato nel ruolo molto più significativo e politicamente importante di vicepresidente della Commissione U.E. - manca, o perlomeno non si è ancora manifestato apertamente, un leader altrettanto carismatico che possa competere con pari energia positiva rispetto a quella espressa da Decaro, forte del suo strepitoso successo elettorale conseguito nel 2024 per il Parlamento europeo.
Per scomporre lo status quo, che stando ai sondaggi non appare favorevole, forse converrebbe giocare la carta della sorpresa facendo ricorso a un personaggio non etichettato politicamente ma che grazie alla propria capacità lavorativa, forte di un suo consenso pubblico per stima riconosciuta, magari dotato anche di forza empatica, unendo le proprie energie con quelle della coalizione, pescando anche nell’elettorato non strettamente fidelizzato, potrebbe esprimere quel valore aggiunto che con un candidato di partito non si verrebbe a produrre. Inoltre, non va sottovalutato che la curiosità generata dalla new entry di un personaggio che con il proprio carisma manifesti di poter operare scevro da condizionamenti, potrebbe stimolare un’accoglienza favorevole nell’elettorato.