il commento

Gossip sotto il solleone, anche quest’anno l’estate si tinge di «noir»

Alessandra Peluso

Mai come in questi giorni il «pensiero» si è inchiodato su una coppia di amanti, così come sono ricorrenti i casi di cronaca che tormentano coloro che guardano la tv.

Nel mese scorso il pensiero si è «inchiodato» su una coppia di amanti, così come sono stati e sono ricorrenti in questi giorni i casi di cronaca che costituiscono la «colonna sonora» di molte persone sole, che guardano la tv. (Penso a costoro, appunto, accompagnarsi da casi giudiziari tormentati e tormentosi, o da gossip, pettegolezzo, mi chiedo cosa possano produrre, se non nocività per l’anima, il corpo). Siamo in estate, la stagione della spensieratezza, del «pensiero de-pensato», del non fare. Delle solitudini. In realtà, l’estate è mutata nella stagione in cui si fa di più, si consuma, tempo e denaro, per ritrovarsi a settembre stanchi, provati, per via anche di un caldo torrido che attanaglia la nostra cementificata Regione.

Anche in passato, il pettegolezzo era «pane quotidiano», (con spazi e tempi limitati), soprattutto nei paesi, si riunivano vicino l’uscio in quattro, cinque signore, per stare in compagnia, per lo più donne, il maschio non era ammesso al «taglia e cuci» di qualche episodio accaduto alla vicina o al vicino di casa o in paese. Trascorrevano il caldo pomeriggio fino a ora di cena a cianciare con passione e l’evento poi diveniva nel frattempo, occupate le mani a tessere o a ricamare, la trama di un film o la nenia quotidiana dalla durata all’incirca di sette giorni, successivamente senza mai interessarsi di chi avesse ragione o torto, o se il fatto costituisse verità o menzogna, si procedeva a una nuova frizzante narrazione. Di sicuro fastidiosa, talvolta assumeva toni drammatici, in particolare per il o la protagonista della trama, ma ricreativa: sembravano affaccendate come «api operaie».

A pensarlo ora non si può non sostenere che si tratti di una realtà inesistente, in una contemporaneità in cui è complesso parlare o s-parlare con qualcuno, le vie appaiono pressocché deserte. Oggi quel mondo rurale si è inabissato. Ci ritroviamo con i messaggi vocali, i social, un video sul quale rifletterci senza riflettere che si è in «isolamento». Nemmeno le Chat GPT possono aiutarci. L’umanizzazione ha perduto l’umano che è incontro, relazione. Si è smarrita la parola, che si «coltiva», il linguaggio come traccia di sé e soprattutto dell’altro. Mentre, prevale la «parolaccia» finanche sulla bocca di ragazzini. Si comunica con turpiloqui, volgarità. È evidente che occorre intervenire ed educare ogni dispositivo sociale, e diffondere anche libri di bon ton, o di buone maniere. Ma, questo è anche l’adesso.

Il tempo che fugge è attraversato da milioni di visualizzazioni, di likes, commenti, articoli sui giornali di una coppia di amanti a un concerto, (a questo si è ridotto il pettegolezzo o più politically correct il gossip!). Ciò che invece ad esempio non ha avuto nulla di tutto questo clamore è stato Paolo Borsellino, l’anniversario di una fine ancora incomprensibile. Non ho assistito a dibattiti, bilanci, (se non sicuramente nella sua amata Palermo); dopo un ennesimo anno di celebrazioni, cosa è cambiato? La corruzione, la mafia non esistono più? È tutto magicamente scomparso? La società contemporanea sembra ordisca la «distruzione». È sedotta dal momento distruttivo e non invece da quello costruttivo. (In tal caso, occorrerebbe consultare il fior fiore di psicoanalisti, psichiatri, sociologi, presenti nello scenario italiano e comprendere perché ciò avvenga). Al riguardo, mi ha scosso un messaggio pubblicato su una «storia Instagram» di Pif, Pierfrancesco Diliberto, che si prodiga da tempo per informare i ragazzi e tenerli distanti dalla mafia, attore teatrale, autore televisivo, conduttore, scrittore, siciliano, ha scritto – cerco di ricordarlo a memoria – «se si fosse dedicato tutto questo tempo e spazio per un caso di tradimento a Paolo Borsellino, la mafia sarebbe stata sconfitta».

Amara verità. Una delle tante verità che non si vuole ammettere, perché spesso si prediligono le menzogne. Sembra che non riusciamo a dedicare tempo al nostro futuro, alle nostre vite, in definitiva, ciò che attrae è la fine del sé, di una relazione, alla fine. È assente l’inizio. La nascita. La bellezza della vita. Interessa il frivolo presente senza visioni né progetti. Vero è anche che non compaiono comici in tv nel periodo estivo, non corre l’ironia, perciò l’estate diventa il «motivetto» di scuotimento di corpi a ritmo narcotizzato di canzonette, di chiacchere culinarie, dei soliti consigli anti-caldo, di paesaggi marini, di cronache per persone sole: di quello che ha ammazzato quell’altro, di riapertura di casi, di «noir». L’estate è noir. Anche quest’anno, come ogni anno, buona estate!     

 

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