L'analisi

Il grigio profondo della politica ridotta a gestione

Michele De Feudis

Lungi minimizzare il ruolo dell’impegno civico e dell’associazionismo virtuoso, ma è un dato di fatto che le inchieste giudiziarie che hanno colpito l’area vicina ad Alfonsino Pisicchio (Senso civico), Anita Maurodinoia (Sud al centro) e Alessandro Delli Noci (Lista Con), hanno come filo rosso la comune appartenenza a movimenti lontani dai partiti tradizionali

Quella a cui assistiamo in questi giorni è la crisi della politica post-ideologica pugliese: il cantiere allestito dal governatore Michele Emiliano, saldando un centrosinistra dai confini variabili con il civismo più variopinto, è ammaccato ancora una volta da una inchiesta giudiziaria. E sempre guai legati al lavoro degli inquirenti colpiscono anche amministrazioni di stampo civico come quella di Molfetta. È tempo di soffermarsi su questa degenerazione della politica (che non ha nemmeno lontanamente il fascino d’antan di personaggi alla Franco Evangelisti del Divo di Paolo Sorrentino, l’icona del cult «A Fra’, che te serve?»), in una stagione nella quale scandali e malcostume contribuiscono ad allargare il solco tra istituzioni e cittadini, con un astensionismo galoppante (emerge anche dai numeri del disinteresse per i referendum su lavoro e cittadinanza).

Lungi da noi minimizzare il ruolo dell’impegno civico e dell’associazionismo virtuoso, ma è un dato di fatto che le inchieste giudiziarie che hanno colpito l’area vicina ad Alfonsino Pisicchio (Senso civico), Anita Maurodinoia (Sud al centro) e Alessandro Delli Noci (Lista Con), hanno come filo rosso la comune appartenenza a movimenti lontani dai partiti tradizionali in nome di un presunto localismo rivendicazionista.

L’evoluzione avvenuta dagli anni Ottanta dai partiti ideologici, ai partiti di programma (da cui sono nate alleanze fuori dagli schemi come la «Coalizione dei pugliesi» di Emiliano), in questa Regione, stando alle cronache, ora rivela una preoccupante evoluzione nelle dinamiche «gestionali», nelle quali la bussola non è più il «progetto», ma la rincorsa sic et simpliciter del consenso elettorale, rendendo sgrammaticata e insopportabilmente ancillare la postura della politica verso i clientes (al di là di quello che accerterà la magistratura). E non è nemmeno il caso di evocare «edonismo reganiano», o le scomuniche di Roberto Saviano verso il civismo, per cercare di nobilitare pratiche ascrivibili solo alle dinamiche dei «comitati d’affari».

Venute meno le Weltanschauung, le grandi visioni, gli orizzonti si sono ristretti ed emerge, la spregiudicatezza di imprenditori a caccia di prebende pubbliche e l’arrendevolezza di politici troppo leggeri nel difendere l’autonomia dello spazio amministrativo.

Tutta colpa della debolezza dei partiti tradizionali? Quella delle organizzazioni ridimensionate da «Mani pulite» è solo una parte del racconto a cui assistiamo in questi giorni, la prima faccia della medaglia. I partiti hanno affievolito il perimetro ideologico, asciugato gli apparati, e in molte formule amministrative finiscono ostaggio dei magheggi elettorali dei signori dei «pacchetti di voti». L’altra faccia è invece la smemoratezza della società civile. Nella stessa terra che ha dato vita alla «Primavera pugliese» e alla cittadinanza attiva come motore di rinnovamento delle classi dirigenti, si è completamente persa l’eredità dell’«Homo civicus» teorizzato da Franco Cassano, la cui lezione è stata in parte tradita (prevale, diceva il sociologo, il «senso cinico»). E appare rumoroso il silenzio di intellettuali e animatori di circoli d’opinione.

La degenerazione della «politica ancillare» rispetto ai micropoteri economici o imprenditoriali, senza più stile, priva di elaborazioni culturali profonde, finisce per determinare la sovrapposizione delle pagine di giudiziaria a quelle di cronaca dei Palazzi, confermando che, al di là della credibilità dei partiti messa a rischio da questi fenomeni di malcostume, siano proprio i «beni comuni», i valori immateriali che governano le comunità sane, le prime vittime di questa perdita di senso. E con le regionali pugliesi alle porte, è tempo di ricercare ragioni profonde per schierarsi, dividersi e immaginare un futuro meridiano, liberandosi da questa cappa di indistinto, ovvero il grigio profondo della politica solo gestionale.

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