al voto
La sfida dei referendum: ora uno sforzo finale per raggiungere il quorum
Il sistema mediatico li ha ignorati, come ha ignorato l’appuntamento elettorale. Tutt’al più si è detto che era, sarebbe stato, impossibile raggiungere il quorum
Sondaggi non se ne vedono. Anche per i referendum sono vietati negli ultimi giorni? In realtà non se ne sono visti proprio. Il sistema mediatico li ha ignorati, come ha ignorato l’appuntamento elettorale. Tutt’al più si è detto che era, sarebbe stato, impossibile raggiungere il quorum.
Impossibile è una parola grossa. Difficile sì, difficilissimo anche. Soprattutto dopo l’eliminazione del quesito sulla Autonomia Differenziata che avrebbe certamente acceso la contesa. Ma io sostengo che sia stato un bene. Così i referendum sono stati, in un certo senso, spoliticizzati. Ci sarebbe stato un muro tra destra a trazione leghista a sostegno dell’autonomia e sinistra contro, a difesa dell’unità del Paese.La Corte Costituzionale ha fatto giustizia, l’Autonomia Differenziata è uscita dall’agenda e pace all’anima sua.
È rimasto in primo piano il tema del lavoro che, con i quesiti referendari (almeno quattro su cinque), la Cgil ha posto con forza a un’opinione pubblica distratta da tempo sulle questioni sociali. Su questo, i Referendum il risultato l’hanno già ottenuto e i referendum, Landini e Schlein, li hanno già vinti riposizionando la sinistra dove deve stare. Accanto ai lavoratori, alle masse popolari, a lottare contro le disuguaglianze e le ingiustizie sociali.
Niente sondaggi ufficiali, quindi, ma quelli riservati parlano di un quorum non ancora raggiunto, ma percentuali in forte avanzata. Ciò che sembrava assurdo è oggi possibile, grazie alla grande mobilitazione che si è creata e il grande impegno dei promotori.
L’ altro risultato importante è che il Governo e le forze di maggioranza si sono dati alla fuga. Sui quesiti si può discutere, si può essere o meno d’accordo. Si può non essere d’accordo affatto e combatterli, ma non con l’invito all’astensione che è l’arma dei codardi. Che ne pensa la Meloni? Che ne pensa la destra sociale? Perché non è d’accordo sui quesiti referendari? Avrebbe il dovere di spiegarlo non di sfuggire a ogni discussione. L’unico argomento che viene portato avanti è che il Pd avrebbe cambiato idea e quindi cadrebbe in contraddizione.
È Renzi, che era leader del Pd, che ha voluto il Job acts, e il PD ora lo vuole riformare. A parte il fatto che cambiare idea, in meglio, è segno di saggezza e di apertura mentale. La riforma del lavoro di Renzi era animata da buone intenzioni. Non dimentichiamo che l’unico aumento salariale serio degli ultimi decenni sono stati i suoi 80 euro in busta paga. Poi le buone intenzioni si tradotte in norme inaccettabili. Il padronato ha fatto poi le sue forzature. La politica non ci ha prestato attenzione.
Ma già la Corte Costituzionale e la Cassazione hanno fatto giustizia delle storture più evidenti. E poi i tempi sono cambiati. La precarietà del lavoro giovanile è diventata un dramma. Giovani senza futuro. Non posso mettere su famiglia e fare figli. Welfare che si restringe, pensioni che diventano un miraggio. Ma si può, e si deve, fare diversamente.
In Spagna il governo socialista ha eliminato la precarietà nei rapporti di lavoro. È aumentata l’occupazione e se ne è giovata l’economia. Gli infortuni sul lavoro, poi, sono una vergogna nazionale. Ogni giorno tre lavoratori in media ci lasciano la vita. Commozione e sdegno durano poche ore. Chi parla di sicurezza sul lavoro viene considerato un menagramo e un rompiscatole. Il Governo, la Meloni, la destra, che opinione hanno? Perché i quesiti non vanno bene? Se non votano e vanno al mare significa che sono d’accordo con il Jobs act a cui hanno votato contro? Indicano il PD in contraddizione per aver cambiato idea per migliorare la situazione. E la loro contraddizione? In realtà è una fuga, dalla lotta, dalla competizione, dalle responsabilità.
Questo è il quadro. Serve uno sforzo finale. Una mobilitazione supplementare. Bisogna spiegare a tutti l’importanza della posta in palio. Invitare e indurre a votare. Non deve essere un sacrificio (e anche se lo fosse, ne varrebbe la pena) ma un esercizio di partecipazione e di democrazia. Le recenti elezioni comunali hanno dimostrato che si può invertire, o arrestare, la tendenza all’astensionismo. Se la gente ci crede e vede obiettivi raggiungibili e giusti, a votare ci va. E quali obiettivi più nobili dei quesiti referendari?