L'analisi
Innovare e integrare: così si rilancia il sistema universitario
I dati sull’emigrazione dei giovani meridionali dell’ultimo rapporto Svimez sono disastrosi: su 63mila nel 2023, il 42% è laureato
I dati sull’emigrazione dei giovani meridionali dell’ultimo rapporto Svimez sono disastrosi: su 63mila nel 2023, il 42% è laureato. Lo è anche un quinto dei quasi settantamila andati via dalla Puglia tra l’11 e il ’23. Mantenendo questo ritmo, prossimamente l’esodo avrà un’accelerazione tre volte maggiore, spopolando le regioni del sud.
La tendenza alla desertificazione demografica è un aspetto essenziale della nuova questione meridionale. Se però vogliamo cogliere una nota positiva, non possiamo fare a meno di osservare che l’operosità misconosciuta, ma nondimeno qualificata, della gran parte dei docenti, ha formato professionalità altamente competitive sul mercato del lavoro europeo e globale. Ciò nonostante delle precise scelte politiche sfavorevoli alle università del sud in un’epoca in cui l’istruzione universitaria è essenziale per il progresso economico e l’inclusione sociale.
La situazione attuale, in un sistema universitario modesto rispetto a quello dei principali Paesi europei, è la diretta conseguenza delle scelte politiche dell’ultimo quarto di secolo. La preferenza per la competitività dei costi rispetto all’innovazione, l’austerità ideologica che ha ridotto l’intervento pubblico, la parzialità verso gli atenei settentrionali soprattutto lombardi ed emiliani, l’abbandono dello sviluppo del Sud come condizione per fare crescere il sistema Italia, hanno ampliato il divario tra le università più forti e quelle periferiche, tra cui quasi tutte quelle del Mezzogiorno. Neppure la più grande opportunità d’investimento pubblico dal dopoguerra, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, è servita ad arginare questa progressione. Un ulteriore effetto è l’ascesa delle università telematiche. Ma il rischio d’un vuoto di formazione critica dei loro studenti, segnalato dal costituzionalista Sabino Cassese, ci avverte che l’università «on-line», più che un’alternativa efficace a quella tradizionale, è un termometro della crisi del diritto allo studio.
Tutto è avvenuto nella colpevole assenza del dibattito pubblico. Il quadro generale non cambierà se non ci sarà un’inversione radicale di tendenza. Che cosa può fare il mondo universitario pugliese per collaborare a invertire questa situazione complicata? Del resto, se da un lato è doveroso difendere le nostre legittime ragioni, dall’altro è altrettanto doveroso riflettere su fenomeni di malcostume familistico, attaccamento al potere, autoreferenzialità senza spirito di servizio, mancanza di trasparenza.
Occorre una riprogrammazione del sistema universitario della Puglia attraverso l’integrazione, l’innovazione, l’internazionalizzazione. L’integrazione deve avvenire realizzando sinergie stabili sia sul piano amministrativo che della ricerca, istituendo dipartimenti interuniversitari e una fondazione unica delle università pugliesi per promuovere le eccellenze in grado di trainare le realtà più deboli. L’unione fa la forza e, attraverso la coesione, garantisce un sistema universitario in grado di competere efficacemente su scala globale con analoghe strutture dei Paesi più avanzati.
L’innovazione richiede infrastrutture e servizi adeguati alle necessità degli studenti sia in senso logistico che tecnologico per superare quella disuguaglianza sociale tra chi, per competenze, reddito, tecnica e infrastrutture, accede a strumenti e a servizi digitali, e chi ne è escluso in tutto o in parte, finendo quindi estromesso da opportunità sociali, economiche, politiche, culturali. Il ricorso all’intelligenza artificiale è un’opportunità per esplorare nuovi percorsi didattici e di ricerca in una logica di responsabilità e di etica accademica.
In uno scenario competitivo globale, l’innovazione e l’integrazione ci danno la forza e la qualità per affermare anche la nostra internazionalizzazione. La vocazione naturale dell’università pugliese è rappresentare un hub di riferimento per quei giovani che, dal Mediterraneo, dall’Africa e dal Medio Oriente, chiedono conoscenza e formazione. Potrà avvenire se il sistema avrà come obiettivo la crescita delle comunità a cui si rivolge.
La ricerca è inevitabilmente un’attività rivoluzionaria. Ridiscute lo status quo e richiede una visione d’insieme prima ancora che una prospettiva di gestione. Nelle prossime settimane, prima dell’interruzione dell’attività didattica per la pausa estiva, i corpi accademici delle università pugliesi dovranno eleggere i rettori. Sul «totorettore» imperversa un gossip del tutto simile a quello delle campagne elettorali partitiche senza farsi mancare quelle piccole miserie che non fanno bene alla nostra comunità. Gli aspiranti rettori a che cosa si candidano? A essere degli amministratori o, per lungimiranza, dei visionari?