L'analisi

Geopolitica e Stati: un cocktail agitato privo di obiettivi

Rosario A. Polizzi e Camilla Sodano

Il mondo sta assistendo a un vero e proprio cocktail politico, un Martini agitato e non mescolato, come direbbe James Bond

Il mondo sta assistendo a un vero e proprio cocktail politico, un Martini agitato e non mescolato, come direbbe James Bond. Le relazioni internazionali sono in fermento: le grandi potenze si incontrano senza un ordine del giorno chiaro e, attorno ai tavoli delle trattative, siedono capi di Stato espressione di un'umanità variegata, senza un parametro ben individuato, spesso imprevedibile.

«Percossa, attonita, la Terra al nunzio sta». Così, come nella tragedia alfieriana, il mondo osserva con sgomento il susseguirsi di eventi che non sembrano più rispondere a una logica politica definita. Guerre, crisi diplomatiche, trattative opache: la politica sembra aver perso la capacità di dare una direzione chiara agli avvenimenti, lasciando spazio a una spirale di caos che produce solo una cosa certa e tangibile. Nella migliore delle ipotesi, schiaffi, senza però cristianamente porgere l’altra guancia. Nella peggiore, morti. Sempre più morti.

Viene da chiedersi se esista ancora la volontà di fare politica nel senso più alto del termine. Forse sarebbe il caso di fermarsi, almeno per un attimo, per respirare e riflettere sulla direzione che stiamo prendendo. Certamente, la produzione di cadaveri di tutte le età, che oggi vediamo su tutti i fronti, è tragicamente inutile. Qual è il punto finale di questa devastazione continua? Una domanda diventa imprescindibile: dove vogliono arrivare i contendenti? Quali sono i veri obiettivi da raggiungere, sia nell’immediato che nel lungo termine? E, soprattutto, con chi pensano di raggiungerli? Quali sono i partner reali e affidabili in questo scenario scomposto? Se la politica deve tornare a essere uno strumento di mediazione e di costruzione, è necessario che chi siede ai tavoli delle trattative risponda a queste domande con chiarezza. Altrimenti, il mondo continuerà a rimanere attonito, spettatore di un gioco pericoloso in cui nessuno sembra davvero avere il controllo.

Bene dice il nostro presidente Meloni quando propone di convocare Stati Uniti, Unione Europea e Russia. E allora si cerchi il luogo, il tempo, il modo, ma soprattutto il linguaggio da usare. La politica domestica è sempre importante, ma ora è il momento di attivare con urgenza i canali della politica estera.

Il rischio più grande, in questo scenario, è abituarsi al caos, renderlo la norma, accettarlo come ineluttabile. Ma la politica non può essere un susseguirsi di scosse senza una direzione, né un’arena in cui si combatte senza un fine chiaro.

Deve tornare a essere uno strumento di visione e costruzione, capace di affrontare le crisi con lucidità e responsabilità.

Oggi assistiamo a un mondo in cui le alleanze sono fluide, le strategie mutevoli e i confini tra diplomazia e conflitto sempre più labili. Tuttavia, la storia insegna che nessuna civiltà può prosperare nell’instabilità permanente. Se la politica abdica al suo ruolo di Essere guida, il vuoto verrà riempito dall’improvvisazione, dall’opportunismo o, peggio, dalla violenza. È inutile girarci attorno: la realtà politica è totalmente cambiata. Ignorarlo o fingere che si possa tornare a un equilibrio ormai sfumato sarebbe un errore. Di fronte a un mondo sempre più instabile, il minimo che possiamo fare è cercare di limitare i danni, tutelando i popoli ormai coinvolti in questa spirale di crisi. Serve responsabilità, serve lucidità, ma soprattutto serve la volontà di mettere da parte interessi di parte per costruire soluzioni concrete. Il tempo per le esitazioni è finito. Resta da capire chi avrà il coraggio di riprendere in mano il timone e di tracciare una rotta chiara, prima che sia troppo tardi... E le stelle stanno a guardare!!

Privacy Policy Cookie Policy