L'analisi

Le regionali pugliesi tra la destra senza jolly e le mosse di Emiliano

Biagio Marzo

La Puglia vive un periodo di transizione: dal punto di vista economico e politico. Sotto l’aspetto economico non si sta arrestando la crisi e non c’è, alle viste, una economia industriale che possa sostituire quella passata

La Puglia vive un periodo di transizione: dal punto di vista economico e politico. Sotto l’aspetto economico non si sta arrestando la crisi e non c’è, alle viste, una economia industriale che possa sostituire quella passata. La deindustrializzazione dei poli di sviluppo, a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, sta trascinando la Puglia nel vortice della disoccupazione operaia. Taranto siderurgica è l’epicentro del fenomeno meridionale nonché nazionale.

Dal punto di vista politico, i movimenti civici e le coalizioni di destra e di sinistra si stanno organizzando e affilano le lame, per essere pronti per il combattimento. Il Movimento Con, guidato da Alessandro Delli Noci, ha salpato l’ancora e ha approvato un documento in chiave di civismo politico, programmando delle iniziative pubbliche. Chiaramente Con sostiene la candidatura alla presidenza della regione Puglia di Antonio Decaro. Le fibrillazioni politiche si sono viste nella discussione della legge del Bilancio di previsione in cui non sono mancati i Fregoli di turno per loro abilità nel trasformismo politico.

Dalla casa della destra pugliese non escono nomi di candidature, bocche cucinate. Di tanto in tanto, c’è il responsabile regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, che fa delle sortite, come se avesse una carta importante da giocare sul tavolo della trattativa con gli altri partner, ma, alla lunga, sono giocate «al buio» da poker. Probabilmente, avrà il nome e al momento opportuno lo renderà noto. Al dunque, i nomi che circolano sono iniziative, in specie, dei mezzi di informazione. Si leggono sempre i soliti nomi, nulla da dire, ma anche la volta scorsa, nel 2019, come sfidanti di Michele Emiliano, ci furono Nicola Porro e Giuseppe Giorgino. Volti noti: il primo di Mediaset e vice direttore de il Giornale, il secondo della Rai, per anni conduttore del Tg1. Porro e Giorgino redarguivano nel vero senso della parola, singolarmente, coloro che facevano i loro nomi come possibili candidati alla presidenza della Regione Puglia, per conto del centrodestra. Alla fine la croce della candidatura fu portata da Raffaele Fitto. In verità, Nicola Porro, la cui famiglia è originaria di Andria, è il nome più gettonato dai mass media come candidato, ma dal dire al fare c’è di mezzo il mare. Molto stimato dalla presidente Giorgia Meloni, Nicola Porro non vorrà fare l’agnello sacrificale, se non avrà ampie garanzie, per il dopo, nel caso che non venisse eletto. L’assicurazione potrà dargliela solo e soltanto Giorgia Meloni. Ripetiamo che Nicola Porro, per i gravosi impegni di lavoro - che ha sia su Rete4 come conduttore della trasmissione «Quarto Potere» sia al quotidiano, diretto da Alessandro Sallusti -, non lascia il certo per l’incerto.

In ultima analisi, la destra pugliese all’interno dei partiti della coalizione non ha il Jolly, non diciamo vincente, ma nemmeno competitivo da mettere in campo. Dopo la morte prematura di Pinuccio Tatarella, siccome non è venuta fuori una nuova classe dirigente, prima dall’Alleanza nazionale di Gianfranco Fini, e, poi dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, si è costretti a usare ciò che sia ha. Comunque, c’è una scusa più che plausibile, FdI ha avuto, inaspettatamente, un exploit elettorale, diventando il più votato della coalizione vincente, la cui unione degli alleati aveva un patto: il primo partito avrebbe avuto la presidenza del consiglio. L’unico deficit è che FdI è solito chiudersi a riccio, non aprendosi all’esterno, come se avessero timore di perdere la loro identità e di consegnare le leve del comando ai nuovi venuti, la cui storia non li accomuna.

Il centrosinistra pugliese ha altri problemi, dopo che, Antonio Decaro, ha lasciato il Comune di Bari, dopo due mandati, per essere stato eletto a Strasburgo e si fa il suo nome per la candidatura alla presidenza della Regione Puglia. Michele Emiliano, a scadenza di legislatura, dopo due mandati, dovrà lasciare la presidenza. Davanti ha o la candidatura come consigliere regionale o la candidatura alle politiche del 2026. Spunta, però, un fatto inedito, di cui Michele Emiliano potrebbe approfittare per essere eletto al Senato. Non è una notizia campata in aria, ma in alcuni ambienti qualificati politicamente, la danno quasi per fatta. In che cosa consiste, vero o no, il fatto, in cui entrano in ballo Michele Emiliano e il senatore Paolo Sisto, vice ministro della Giustizia, in corsa per l’elezione alla Corte costituzionale. Nel 2015, la candidatura di Sisto era nella rosa, per l’elezione alla Consulta, ma, alla 33ma votazione, suo malgrado, si ritirò per una sorta di triangolazione tra il presidente del Senato, Pietro Grasso, la presidente della Camera, Laura Boldrini e la complicità del M5s. Insomma, Sisto fu escluso e il centrodestra, nella fattispecie Forza Italia, non ebbe il suo membro nella Corte costituzionale. Per questo, è il nome più accreditato, visto che correva già per la Consulta e una sua esclusione non avrebbe senso. Il senatore Sisto viene eletto nel collegio senatoriale Andria - Murgia e Martina Franca, la cui provincia di appartenenza è Taranto, il resto del collegio è nel barese. Tutto si può dire di Emiliano meno che non sia una macchina da guerra elettorale e, piaccia o no, sarebbe una passeggiata in carrozza la sua elezione. Di questa eventualità, sarebbero in molti felici e contenti. In primo luogo, Paolo Sisto, in secondo luogo, lo stesso Emiliano, in terzo luogo Decaro. L’elezione al Senato di Michele Emiliano, personaggio ingombrante, politicamente, eviterà infatti una sua eventuale elezione al consiglio regionale pugliese. Non vedendolo nei panni di un peones, non potrebbe non ricoprire la carica di Presidenza del consiglio regionale.

Antonio Decaro, candidato alla Presidenza della giunta Regionale, non avrebbe alcun problema di sorta e la sua vittoria sarebbe a doppia mandata. Per dirla tutta, ci sono ancora dei dubbiosi che lo danno a sfogliare la margherita sulla candidatura. Ma per Decaro, come dire, la prudenza è la virtù dei forti.

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