Il pensiero

Tutto è ridotto a oggetto e a bene di consumo, ma nessuno tocchi le donne

Alessandra Peluso

Sapevate che anche le donne hanno un’anima? Già, sembra necessario sottolinearlo di tanto in tanto. Le donne non sono solo corpo: pensano, sentono, amano, soffrono, al pari di ogni essere vivente

Sapevate che anche le donne hanno un’anima? Già, sembra necessario sottolinearlo di tanto in tanto. Le donne non sono solo corpo: pensano, sentono, amano, soffrono, al pari di ogni essere vivente. Il genere maschile tende a rimuoverlo guardando una donna con i soli occhi del possesso carnale, dell’oggetto da usare, di un accessorio col quale giocare, quando lo sguardo non appartiene a un essere indemoniato - perché in tal caso incombe la repressione dell’«oggetto». È materia incandescente parlare di violenza sulle donne.

Si tratta come molte altre di questioni sensibili per le quali le parole possono essere troppe e similmente le azioni, se non sono coerenti con ciò che si dice. Non si può affrontare il tema «donna» solo nelle date prefissate, o nei casi di femminicidi, che purtroppo sembra stiano diventando «pane quotidiano»: quanta tristezza! Siamo in un Paese civile, a quanto pare non totalmente civilizzato né formato a espletare un’educazione di rispetto e di reverenza verso il genere femminile. Avere la parità (o ricercarla!) significa certamente che le donne debbano essere considerate alla stregua degli uomini in ambito professionale, economico, domestico, con pari opportunità di merito e competenze, non vuol dire che le stesse debbano assurgere ad atteggiamenti aggressivi, maschili né maschilisti (spesso contro le stesse donne), né perdere di vista il proprio essere che non è quello attribuito nel passato di strega, essere irrazionale, non pensante, né di oggetto di perdizione, né da sottomettere con atti di violenza e annientare. Spesso accade in quest’ultimo periodo di ascoltare fatti di cronaca i cui protagonisti sono giovani, giovanissimi.

Si verifica che la vita non assuma valore o che perfino venga stimata a poco prezzo. Siamo persuasi che come adulti abbiamo fallito? Che la società, la politica, hanno fallito? Che occorre formare, educare i ragazzi sin da piccoli al rispetto di ogni essere vivente?

Giorni fa ho avuto l’opportunità di ascoltare da vicino la testimonianza di una donna violentata, ridotta in fin di vita e che per fortuna è sopravvissuta. E per di più racconta il suo dramma negli istituti scolastici, in vari contesti sociali e culturali, ovunque sia invitata a parlarne per diffondere non odio, né vendetta, ma parole di amore, di rispetto. Quanto coraggio! Quanta forza! Assaporare da vicino il dolore, cercare di empatizzare con quella violenza subita, non è stato per nulla semplice, ci si sente impotenti, perché le parole non possono nulla per far affievolire quel dolore atroce che, sì, si trasforma, ha abbracciato infatti nuances d’amore parlando generosamente di sé agli altri, aprendosi a nuova vita, ma sono pur sempre segni, tracce indelebili che restano lì, come lame acuite. Quante donne sono in grado di sopravvivere agli urti del destino famelico? Quasi 100 donne in 1 anno sono state vittime di femminicidio. Perché sta diventando un fenomeno così diffuso, quasi come se fosse radicata lacultura della violenza. I motivi potrebbero essere molteplici, uno fra tutti: assenza di punti di riferimento, di modelli sani ai quali adolescenti, giovani, possano ispirarsi, di valide alternative alla delinquenza, alla criminalità. Sono assenti le figure genitoriali. È carente la parola. La comunicazione avviene tramite aggeggi elettronici. Tutto è stato ridotto a oggetto, a bene di consumo. L’essere umano è consumo. Siamo a un punto di non ritorno o – come credo – alberga la speranza di intraprendere il giusto percorso: dell’amore, del rispetto, dell’onestà. È facile: basterebbe insegnarlo ogni giorno in famiglia, a scuola, in chiesa, nel luogo di lavoro, in un bar, con parole, gesti. Raddrizzare i legni storti o almeno smussarli con tutti gli strumenti che si hanno a disposizione è possibile: centri di cura, accoglienza, centri di ascolto. Luoghi di parola. Autentica. Vera. Svestita senza la paura di essere abusata. In fondo il logos è quella parola fatta carne, pur sempre soffio vitale, anima, che non ha bisogno di violenza per lasciarsi ascoltare, ma di attenzione, di cura per permettere che sia accolta e compresa.

E quando ciò non si verifica ripeterla, con pazienza, dirla nuovamente, ascoltare: un giorno qualcuno, più di uno, molti, e forse chissà tutti capiremo che la parola è uomo, è donna, è un essere umano che desidera vivere. Desidera dire sì alla vita. Fortemente vita!

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