L'analisi

Cultura è la lezione d’arte, non la politica della raccomandazione

Enrica Simonetti

Per fortuna la nostra vita è talmente varia da permetterci di assistere nello stesso giorno a spettacoli totalmente diversi: mentre in tv c'è lo sfacelo gossipparo di un Ministero, in un museo si tiene una lezione d'arte gratuita, per la quale la gente si accalca in modo inaspettato

Per fortuna la nostra vita è talmente varia da permetterci di assistere nello stesso giorno a spettacoli totalmente diversi: mentre in tv c'è lo sfacelo gossipparo di un Ministero, in un museo si tiene una lezione d'arte gratuita, per la quale la gente si accalca in modo inaspettato. Da un lato, la cultura sotto lo schiaffo, dall'altro la resilienza. Se scandali e vomitatoi politicizzati mostrano una ferita profonda... che non è solo sulla testa di un ex ministro ma nel cuore delle istituzioni, evidentemente però i punti di sutura reggono. È vero, tra dimissioni, fallimenti e raccomandazioni, sembra decadere l'immagine di un Paese meraviglioso che possiede beni culturali più di ogni altro luogo del mondo ma in cui – nonostante lo sfascio in evidenza – ogni giorno si lavora per la bellezza, per la conoscenza e per il bene di tutti.

Un chiaroscuro che mette i brividi, un'immagine su cui si riflette profondamente da noi in Puglia, in Basilicata e ovunque si giunga ogni giorno ad un risultato in ambito culturale, grazie ai mille sforzi di singoli, enti e associazioni, ossia grazie a quei gesti che significano impegno e missione (quest'ultima intesa come mission, non come trasferta pagata ai superfunzionari!). È come se ci fossero due Paesi, due mondi nello stesso universo culturale: uno, fatto di nomine, amici, favori e guerre per bande; l'altro di voglia di fare e di scommettere, quell'arte della gioia che, pur tra mille ostacoli, porta ogni giorno a un piccolo passo in avanti.

Provate a curiosare nelle mille iniziative che quotidianamente si svolgono nelle nostre città, nei piccoli e grandi paesi del Sud, dove fare cultura, teatro, musica, promozione della lettura è sempre stata una sfida. Non avremo il mecenatismo che possono permettersi Milano o New York, ma ci sono privati che insieme alle istituzioni lottano contro quel disastro umano che sarebbe l'universo senza cultura. Ci sono le grandi istituzioni, ci sono gli enti locali, c'è tutta la rete e la filiera che dal Ministero ormai impallinato come un facile e immancabile bersaglio, diventa azione, scommessa, programma. Guardiamoci attorno: a Bari si può imparare da un maestro di altissimo livello il significato della prossima opera lirica al Petruzzelli; si può assistere alla presentazione di un libro e porre liberamente domande su un tema; si può seguire da studente una lettura scenica alla Vallisa e conoscere profondamente un classico. Tutto gratuitamente. Così come sono libere le biblioteche (e ora ce ne sono anche in molti quartieri periferici) in cui i prestiti di libri permettono il sogno inseguito da tempo, quello della cultura per tutti. Sì, siamo cretinamente incollati ai social e agli smartphone, ma se frequentiamo i Cineporti pugliesi possiamo vedere film in lingua originale senza nulla spendere. Non è solo un fatto di prezzo, ma una certezza di promozione del benessere di tutti: lo si sta notando nelle ultime domeniche al Museo Pascali di Polignano, davanti al mare, dove le lezioni d'arte contemporanea aperte a fine settembre stanno trascinando un pubblico enorme: ogni volta s'impara a conoscere un autore o due, una corrente artistica, un modo di dipingere che ha rappresentato un momento del Novecento. Domenica scorsa, in piena bufera Giuli-Sangiuli-capi di gabinetti e affini, un accorsatissimo appuntamento con il professor Giuseppe Nifosì, storico dell'arte e saggista che ha il dono della chiarezza e della straordinaria capacità di divulgare, ha incantato tutti con i racconti su due maghi della luce come gli artisti Hopper e Bacon, così diversi, così simili per certi versi; mentre il 10 novembre lo stesso Nifosì affronterà proprio il tema dell'arte di Pino Pascali, dopo aver raccontato Pollock e Rothko, Fontana e Burri. Quella che è a volte arte incompresa diventa patrimonio di tutti, aprendo lo sguardo sulla nostra attualità, sul tempo che è stato, sulle guerre, sulle ingiustizie, su quella domanda continua che è la voglia di sapere.

Non tutto è vittorioso, ci mancherebbe. Ci sono ancora luoghi delle città in cui la voce della cultura serpeggia a fatica o è sconosciuta; esistono generazioni e fasce sociali che sembrano irraggiungibili; permangono muri invalicabili. Eppure ogni piccolo passo compiuto è una vittoria. Negli stessi corridoi degli scandali ministeriali ci sono tecnici che lavorano sodo, che lottano contro il tempo per la scadenza dei bandi, che cercano di rendere la parola «Ministero» vicina ad una fonte non solo di denaro e di finanziamenti, ma anche di programmi veri, di modi di progettare che nulla hanno a che fare con le speculazioni politiche di cui sono piene le cronache.

Pensate, a novembre, il 23, il Ministero della Cultura compirà 50 anni e forse l'anniversario non sarà così celebrabile, visto il clima che questa istituzione sta vivendo in questi giorni, una crisi di mezza età, forse, che quasi ci fa apparire questo gigante culturale come un cinquantenne Peter Pan, un adolescente inquieto che fa i conti con le sue ingenuità e le sue scelte (in)consapevoli. Eppure, il prestigioso ente oggi affidato ad Alessandro Giuli nacque con i migliori auspici sotto un governo Moro del 1974, quando fu staccato dal Ministero dell'Istruzione e divenne autonomo, con suo portafoglio, col nome di Ministero dei Beni Culturali e dell'Ambiente, affidato a Giovanni Spadolini. Non si fanno mai paragoni tra ere: ogni tempo ha i suoi volti e le sue situazioni, ogni tempo ha la sua vena culturale. Ma se i mille sforzi di 50 lunghi anni hanno contribuito a creare le tante realtà virtuose che abbiamo sotto gli occhi, non dovremmo mai commettere l’errore di assecondare l’analfabetismo di ritorno che è imperante, un TikTok martellante, un’eco disfattista e protezionista, capace di far crollare ciò che di bello si è costruito.

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