L'analisi
Donne allo stremo, ora la genitorialità diventi «collettiva»
Tra Child Penalty che determina un’occupazione femminile e maschile con un divario del 40%, il tasso di dimissioni volontarie delle donne che dalla nascita del primo figlio fino al terzo anno arriva al 18% rispetto agli uomini
Tra Child Penalty che determina un’occupazione femminile e maschile con un divario del 40%, il tasso di dimissioni volontarie delle donne che dalla nascita del primo figlio fino al terzo anno arriva al 18% rispetto agli uomini per i quali si attesta stabile al 14% nello stesso periodo, (dati del rapporto annuale dell’Inps del 24 settembre 2024), si delinea un quadro piuttosto scoraggiante specialmente per le donne e per il futuro delle famiglie e della natalità.
La cultura storica sociale, ha delegato troppa responsabilità di cura alle donne, serve ritornare ad un equilibrio concreto e realistico nella presa di coscienza e responsabilità genitoriale e intorno a questo tema, che non può essere «di genere» serve un contributo collettivo. È necessario comprendere che sulle donne grava un quadruplo carico, quando lavorano, poiché spesso sovrintendono alle funzioni genitoriali, domestiche, coniugali e di care giving verso i parenti con necessità di accudimento, completamente da sole. Per poi vivere anche una condizione di assenza di riconoscimento del loro impegno e del loro sacrificio fisico, mentale, emotivo ed economico quando coinvolge la sfera del percorso di carriera, attribuendo all’uomo - bread winner (capofamiglia) - la maggiore responsabilità dell’aspetto economico e finanziario. Donne madri sfinite dalla presenza contemporanea su più fronti, sempre di corsa, sempre in ritardo e spesso incomplete, che spesso per farcela, rinunciano a sé stesse e alle proprie legittime aspirazioni di realizzazione e di indipendenza economica, per ritrovarsi assorbite da un unico ruolo, ovvero quello di angeli della casa, espulse per costrizione indiretta dalla scena sociale che perde, peraltro, un contributo specifico e femminile nella costruzione di politiche e soluzioni a più ampio raggio in questa direzione.
È anche importante comprendere che il tempo dedicato alla cura e al benessere dei figli e del nucleo domestico e famigliare, non consiste in un elenco di attività pratiche, ma si allarga a delle vere e proprie competenze di presenza psicologica fondata sul dialogo, sull’ascolto, sul bilanciamento degli umori e del clima famigliare, mediando le relazioni tra i padri -spesso più assenti- e i figli, o tra questi ultimi e le famiglie di origine fino ai rapporti di parentela allargati. Un ruolo - quello genitoriale - che se delegato non garantirebbe la salute mentale dei figli nei processi delicatissimi di crescita e sviluppo evolutivo, poiché tale esperienza si fonda sul collante relazionale affettivo, in cui nasce, cresce e si alimentano la fiducia e il modellamento dell’esperienza che viene assorbita, trasmessa e appresa, inconsciamente.
I ruoli genitoriali non sono surrogabili nelle funzioni fondamentali, sono complementari e indispensabili nella co-genitorialità, grazie alla quale si garantirebbe una qualità educativa sentimentale oltre che normativa, capace di mettere al mondo persone in stato di salute complessiva, mature emotivamente per affrontare la complessità culturale che la nostra società in veloce trasformazione sta gestendo con enormi costi di violenza e aggressività. La cultura della genitorialità va promossa anche in senso più ampio, quale modello di responsabilità individuale e collettivo, in risposta all’individualismo e al feroce sistema competitivo. Ne hanno bisogno i piccoli gruppi informali, fino ai gruppi sociali più ampi, come le organizzazioni, arrivando alla società civile. Ecco perché è il momento di una risposta forte e consapevole, sull’etica della persona e sulla responsabilità sociale e collettiva, perché diversamente il sistema complessivo perde la sfida della sostenibilità. Non ci sarebbe futuro. Non bastano i bonus bebè, gli asili nido e il welfare aziendale se non abbracciamo una nuova visione. Ognuno si chieda come può farsi carico di una parte di responsabilità per essere genitore di un mondo che cura, che aiuta chi cura a non essere solo e scoraggiato e come può contribuire a cambiare a piccole dosi la cultura dominante, finché non si arrivi a farsi carico in modo collettivo degli squilibri che a cerchi concentrici espandono il disagio a dimensioni sempre più ampie e collegate tra di loro.