L'analisi

Nel belpaese delle spie è tempo di investire in tecnologia e sicurezza

Biagio Marzo

Cui prodest? Di sicuro, l’informazione corretta e trasparente interessa alla democrazia e alla privacy dei governanti, dei politici, dell’establishment, al mondo del vippismo e alla gente in carne e ossa

Cui prodest? Di sicuro, l’informazione corretta e trasparente interessa alla democrazia e alla privacy dei governanti, dei politici, dell’establishment, al mondo del vippismo e alla gente in carne e ossa. Il mercato delle informazioni è diventato commerciale da business ed è cresciuto in modo esponenziale. Siccome è molto digitalizzato, per cui è facilmente accessibile, dato che si possono incuneare tanto le potenze straniere quanto la criminalità. Le informazioni, che fanno business, sono di tipo politico, militare, industriale e finanziario , in quanto hanno un mercato molto ricercato e costoso. Le organizzazioni criminali le cercano spasmodicamente, meno male che, finora, non ci sono riuscite a mettere le mani sopra a dossier scottanti o meno.

Se non si potenzia il controllo con degli investimenti nel cybersicurity, e in Italia il sistema fa acqua da tutte le parti, si facilita la creazione di un mercato dell’informazione illecito con i più svariati fini. Prova ne sia i casi ultimi di spioni e di hacker, il cui fenomeno è molto cresciuto di numero e nelle performance. Un giovane hacker della Garbatella - Roma- ha navigato per due anni nel sistema giudiziario online.

Dopo l’affaire Direzione nazionale antimafia, in cui si è scoperto che il luogotenente della Gdf, Pasquale Striano, faceva accessi abusivi nelle banche dati, di cui sta indagando il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, come un fulmine al ciel sereno, è venuto fuori il caso dell’illustre sconosciuto ex bancario di Banca Intesa, Vincenzo Coviello, con i sui accessi illegali nei conti correnti di ministri e parlamentari, magistrati e forze dell’ordine, religiosi e comuni cittadini, artisti e sportivi, di cui sta indagando il procuratore aggiunto di Bari, Roberto Rossi.

Il luogotenente della Gdf, Pasquale Striano, ha scaricato la bellezza di 33.528 file dalla banca dati della Dna. Il cui servizio lo prestava a capo del gruppo Sos - Segnalazione di operazioni bancarie sospette - e gerarchicamente rispondeva al magistrato, Antonio Laudati, coordinatore del gruppo investigativo Sos della Dna, antica conoscenza della procura di Bari. Il cui procuratore nazionale della Dna era Federico Cafiero De Raho, attualmente, parlamentare 5S nonché vice presidente della Bicamerale Antimafia. Fu il Ministro della difesa, Guido Crosetto, che con un esposto alla procura di Roma, in cui si dichiarava vittima di una presunta attività illecita di rilevazione dei suoi dati sensibili. Crosetto restò sconcertato della pubblicazione di un articolo sul quotidiano «Domani», nel quale venivano riportate con precisione i compensi ricevuti dalla società di Stato Leonardo, per alcune consulenze che aveva svolto, per le aziende in cui aveva partecipato prima di entrare al Ministero della difesa. L’articolo in questione era firmato dal direttore del quotidiano, Emiliano Fittipaldi, e dal giornalista Giovanni Tizian, ma le informazione furono fornite da Striano. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, ossia fu aperta l’inchiesta che, per via della presenza del magistrato Laudati, passò per incompatibilità giurisdizionale da Roma a Perugia. E ci volle l’inchiesta di Cantone a scoprire che Striano aveva fornito - come visto - le informazioni ai giornalisti di Domani sul conto di Crosetto. Guarda caso, il quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti, Domani, coinvolto nell’affaire Striano è il medesimo organo di stampa che ha scoperto il caso dell’ex bancario di Bitonto che prestava servizio all’Agribusiness di Bisceglie, autore di accessi abusivi che, tra febbraio 2022 e aprile 2024, furono migliaia e visionò nelle ore lavorative i movimenti di oltre tremila clienti di 679 filiali di Banca Intesa sia persone famose sia correntisti di persone comuni. L’inchiesta è partita da un medico di Bitonto, cui la banca aveva segnalato una serie di accessi abusivi.

La domanda, cui dovrà rispondere, tramite l’inchiesta, la magistratura, è la seguente: tutta l’opera di dossieraggio, fatta da Coviello, è farina del suo sacco o c’è un mandante. Il che vale anche per Striano. A ben vedere, sono due facce della stessa medaglia: accessi abusivi ad abundantiam, in banche dati, per quale scopo. Insomma, per chi? Per che cosa? Coviello si è giustificato che l’ha fatto perché è un «maniaco del controllo», o meglio dire, un maniaco curioso. Non basta Freud per spiegare la fissazione nell’entrare nelle vite delle persone, in modo illegale. Nella Germania dell’Est la polizia segreta Stasi entrava nella vita delle persone, in modo assoluto e parossistico, controllandole passo dopo passo, intercettazioni dopo intercettazione. Il film Le vite degli altri riassume la tragedia del comunismo che cancellava le personalità e le privacy delle persone. Nel mercato dell’informazione, i dossier illegali sono un’arma potente per «sputtanare» l’avversario quasi sempre politico. I dossier Sifar del generale De Lorenzo ebbero tale fine. Il Ministro della difesa dell’epoca, Giulio Andreotti decise di bruciarli, ma una parte, non si sa com’è, finirono nelle mani di Licio Gelli.

Tuttavia, la preoccupazione maggiore sta nelle «centrali invisibili», soggetti potentissimi in rapporto, quasi sempre, con segmenti del deep state, che raccolgono l’informazioni, di cui fanno uno studio analitico, per capire i problemi del paese, così da evitare brutte sorprese politiche. Le «orecchie di Echelon», stanziate nei vari continenti, raccoglievano informazioni di tutto il mondo che servivano per l’uso innanzidetto. Al loro posto, oggi, ci sono i satelliti spie. In alcuni casi, in base alle informazioni ricevute mettono in campo anche degli «anticorpi» politici. In questi ultimi decenni ne abbiamo visti abbastanza sorgere e scomparire, in Italia, alcuni ancora resistono, avendo cambiato pelle.

Al presidente Meloni e al presidente La Russa, parliamo del Capo del governo e della seconda carica dello Stato, sono stati violati i loro conti correnti dall’ ex bancario bitontino. Tuttavia, questo significa che i governi che si sono succeduti, in questi decenni, hanno sottovalutato i rischi che si corrono e, per evitarli, bisogna investire in tecnologia e nelle risorse umane. Usare questa storia di spie e spioni per fare polemica politica, vuol dire che che l’Italia sarà in balia di potenze straniere, di forze criminali, di poteri occulti e di «centrali invisibili».

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