L'analisi
Crisi idrica in Puglia: la sfida è desalinizzare l’acqua del mare
Negli ultimi giorni sono stati pubblicati sui giornali locali vari articoli a riguardo della crisi idrica nella nostra regione e delle possibili soluzioni
Negli ultimi giorni sono stati pubblicati sui giornali locali vari articoli a riguardo della crisi idrica nella nostra regione e delle possibili soluzioni.
Poiché nel corso della mia carriera professionale ho avuto modo di occuparmi del problema dell’approvvigionamento idrico, voglio fornire il mio modesto contributo alla questione.
Per alcuni decenni ho collaborato con il prof.Vincenzo Cotecchia partecipando, tra l’altro, alla progettazione di alcune importanti opere di ingegneria idraulica realizzate nella nostra regione o a servizio della nostra regione; fra esse cito la Galleria Pavoncelli bis per AQP, l’invaso del Locone per il Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia e l’invaso Pappadai per il Consorzio di Bonifica dell’Arneo.
Venendo alla questione siccità, da almeno quindici anni colleghi esperti nella materia parlano di rischio desertificazione in Puglia; inoltre, puntualmente all’inizio dell’estate si paventa il rischio di razionamento dell’acqua a causa della riduzione dei volumi di invaso dei laghi artificiali che alimentano le reti dell’AQP.
Dunque la questione non è nuova. Ricordo, inoltre, che anni addietro, in tempi non sospetti, Onofrio Introna (se ben ricordo all’epoca assessore della giunta Vendola) propose la realizzazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina per far fronte alla maggiore richiesta d’acqua nel periodo estivo.
Per quanto a me noto, molto è stato fatto negli ultimi anni da AQP per ridurre le perdite delle reti e per cercare nuove fonti di approvvigionamento: si parla di un nuovo acquedotto dal Molise, del collegamento con l’invaso di Campolattaro in Campania, di un nuovo acquedotto dall’Albania. Non me ne voglia il presidente dell’AQP, prof. Domenico Laforgia (persona che stimo moltissimo conoscendolo sin dai tempi in cui insegnava al Politecnico di Bari), ma non è possibile continuare con una politica di acquisizione di risorse esterne che troverà sicura opposizione da parte delle regioni interessate (Molise e Campania; la questione sorgenti di Caposele insegna) o di «sottrazione di risorse» come nel caso dell’invaso Locone, nato per l’irrigazione ed oggi utilizzato principalmente per il potabile.
A proposito del Locone, completato nel 1986, con una capacità massima di 108,00 milioni di metri cubi d’acqua, rientra nell’ambito dello schema idrico «Ofanto» insieme ad altre sette dighe (Lampeggiano, Rendina, Capacciotti, Osento, Saetta e Conza) ed è alimentato da un acquedotto che parte dalla traversa sull’Ofanto, ubicata in località S.Venere al confine tra Puglia e Basilicata . A tutt’oggi, però, dopo circa quarant’anni, non sono stati ancora completati gli invasi sperimentali per cui la effettiva capacità di invaso si riduce a poco più della metà. Nel frattempo le acque dell’Ofanto, che alimentano detto bacino, finiscono a mare.
Per quanto riguarda l’invaso Pappadai, recentemente mi è capitato di parlarne con il capo di gabinetto del governatore della Puglia, prof. Giuseppe Catalano, apprendendo che la Regione Puglia si appresta a intervenire perchè esso possa entrare in funzione. La diga, terminata nel 1997, consente di invasare 20 milioni di metri cubi d’acqua, provenienti dall’acquedotto del Sinni, destinati all’irrigazione. Tuttavia, la diga non è mai stata collaudata per cui non si potrà invasare detto volume d’acqua per chissà quanti anni ancora. Inoltre, sembrerebbe che la tenuta del manto impermeabile non sia perfetta per cui, prima di riempire l’invaso, sarà necessario procedere ad interventi di riparazione. A proposito del Pappadai vorrei ancora ricordare che detto invaso fa parte di un più ampio progetto di irrigazione del Salento, voluto dall’allora presidente della Regione Puglia (Fitto padre), che comprendeva vari invasi in cui raccogliere non solo le acque del Sinni, ma anche quelle degli impianti di depurazione AQP. Purtroppo, venuto meno Fitto, tutto è finito nel dimenticatoio.
Cosa fare per evitare in futuro di dovere razionare l’acqua? A me pare che sia innanzitutto necessario sfruttare meglio la risorsa idrica mediante una sua utilizzazione a cascata. Ciò implica il ricorso a impianti di affinamento in modo che all’agricoltura e all’industria venga fornita acqua depurata riservando l’acqua che proviene dalle sorgenti e dagli invasi agli usi potabili e domestici.
Una seconda linea di intervento dovrebbe essere quella della desalinizzazione dell’acqua di mare. Questo procedimento è tecnicamente ed economicamente possibile come dimostrano gli impianti realizzati in molti Paesi privi di abbondanti risorse idriche (Israele, Egitto, paesi arabi, ecc.).
Qualcuno obietterà che tale processo richiede l’uso di energia e che questa ha un costo. Certo, ma l’acqua non è solo un bene sociale, essa è anche un bene economico, per cui, se necessario, non è scandaloso aumentare le tariffe, se questo significa non dover razionare l’acqua.