il commento

Lasciate l’odio nelle urne, al Sud ora serve un confronto «sano»

Michele De Feudis

L’accelerazione generata dagli imminenti ballottaggi corre il rischio di lasciare strascichi velenosi nella politica pugliese, da sempre scevra di dogmatismi ottusi e di steccati post guerra-civile

Dal fair play e dal riconoscimento dello stile mite dell’avversario ai toni accesi delle ultime ore della campagna elettorale per Bari e Lecce: l’accelerazione generata dagli imminenti ballottaggi corre il rischio di lasciare strascichi velenosi nella politica pugliese, da sempre scevra di dogmatismi ottusi e di steccati post guerra-civile.

Il clima infuocato delle ultime ore di propaganda non può però far dimenticare i verdetti definitivi registrati dopo il primo turno: il sostanziale gradimento per la politica governativa dell’esecutivo Meloni; la nascita della stella dem, Antonio Decaro, nel firmamento della politica progressista italiana ed europea nonché l’elezione di ben quattro europarlamentari pugliesi, che daranno forza alle ragioni territoriali ed economiche del Tacco d’Italia nel labirinto di regole che Bruxelles sforna a ritmo continuo. E proprio nella difesa delle prerogative pugliesi, nel consolidamento delle procedure di spesa del Pnrr e degli altri fondi Europei, la concordia tra le forze politiche - che non significa l’azzeramento delle differenze - è una delle precondizioni per raggiungere obiettivi ambiziosi con ricadute virtuose dal Gargano al Capo di Leuca.

Il comizio con Elly Schlein giovedì a Bari ha di contro mostrato in maniera plastica come la distanza tra maggioranza e opposizioni - categorie che si ribaltano tra la Capitale e la Puglia - si vada in queste ore non solo allargando sui contenuti ma anche nelle dinamiche del confronto. «Scempio», «pugnalata ai danni del Sud», «riforma infame contro gli asili e la sanità barese»: questa mini rassegna delle invettive della piazza dem consegna ai posteri un lessico barricadièro, sintomatico di una potenziale incomunicabilità, esaltata dalla contesa sull’autonomia differenziata, ma che dovrà essere evitata a tutti costi da lunedì, quando chiusi gli scrutini nei Comuni, resteranno da affrontare i grandi dossier della Puglia. Addirittura Decaro, percependo i decibel fuori misura dei suoi correlatori sul palco, ha virtualmente spezzato una lancia per il candidato sindaco di centrodestra, Fabio Romito, spiegando ai suoi dal palco che «non è un mostro…».

La reazione a questi attacchi da sinistra? Il centrodestra ha tirato fuori dagli archivi e dalle rassegne stampa le tante dichiarazioni pro autonomia che hanno rilasciato negli anni scorsi vari leader progressisti: dai corteggiamenti di Massimo D’Alema alla Lega (allora indipendentista), definita «costola della sinistra» alle dichiarazioni pro regionalismo rafforzato di Stefano Bonaccini e Michele Emiliano, passando per Eugenio Giani ed Enzo De Luca. Ma come, si domandano a destra, gli stessi che con Francesco Boccia ministro avviavano le richieste per avere autonomia regionale su svariate materie, adesso si scandalizzano e gridano allo «Spacca-Italia»? E in questo gioco di delegittimazione i cittadini e gli elettori sommano confusione a disincanto.

La crisi della sanità italiana, la sfida trasversale del completamento del Pnrr e la risoluzione delle svariate crisi industriali e occupazionali a partire dall’ex Ilva - solo per enumerare tre grandi temi prioritari anche per la Puglia - hanno bisogno di un intenso impegno bipartisan, della creazione di un fronte comune a difesa delle ragioni del Sud e del suo sviluppo. Oltre gli steccati. In tante occasioni, la politica pugliese ha dato prova di pragmatismo e capacità di sintesi, dall’organizzazione dei Giochi del Mediterraneo del 1997 (grazie al connubio tra Pinuccio Tatarella e Walter Veltroni) all’ultimo G7, per citare due esempi: solo l’aver attivato canali di relazione e dialogo tra maggioranza e opposizioni ha evitato fallimenti e ha snellito procedure che potevano invece portare a brucianti fallimenti.

Concluso l'agone elettorale, bisognerà in fretta ripristinare le condizioni per consolidare una indispensabile collaborazione istituzionale, fondata sul rispetto delle reciproche diversità e su parole scevre da loop guerrafondai.

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