l'analisi

Su Bari e Lecce la valanga «silenziosa» delle 42 liste

Piero Liuzzi

E quello che lascia perplessi è che, tra una consultazione amministrativa e l’altra, tutta questa effervescenza politica vada in letargo

Poi uno dice che il dibattito politico langue! A Bari, sei liste per Michele Laforgia, sette per Vito Leccese e ben dieci per Fabio Romito. A Lecce, nove liste per Carlo Salvemini e dieci per Adriana Poli Bortone.

Escludendo ogni ignobile sospetto, immagino che nel caso di Bari, nell’area, per così dire, di sinistra, vi siano almeno tredici declinazioni del concetto e quindi tredici visioni del mondo, tredici programmi di governo, tredici culture amministrative, etc. etc. Stessa cosa a destra in variegata ispirazione tra eredi di Araldo di Crollalanza e di Pinuccio Tatarella, tra prezzoliniani e gentiliani, nostalgici e meno nostalgici.

Essendo Lecce città notoriamente barocca non desta alcuna meraviglia che si possa sostenere Salvemini con ben nove sfumature politiche differenti che arrivano addirittura a dieci nel caso di Poli Bortone.

A occhio tanta abbondanza di liste lascerebbe presupporre una pluralità identitaria, una molteplicità di culture, un gran numero di interpretazioni, una moltitudine di idealità. Insomma, un trionfo del pluralismo che vede tra Bari e Lecce ventidue coniugazioni del concetto di sinistra e venti nel caso della destra.

Quello che lascia perplessi è la discrezione assoluta con la quale ciascuna lista motiva la sua esistenza politica. Una assoluta riservatezza sulle ragioni del proprio improvviso apparire. Un severo riserbo su scopi, finalità, propositi, progetti.

Per converso, Laforgia, Leccese, Romito, Salvemini, Poli Bortone sembrano occupare il centro della scena, saturare ogni spazio pubblico. Si deve concludere che ciascuno sia mirabile sintesi di un’abnorme complessità, un’inusitata abbondanza di individualità.

Quello che lascia perplessi è che, tra una consultazione amministrativa e l’altra, tutta questa effervescenza politica vada in letargo, entri nella clandestinità, si iberni, piuttosto venga presa da indolenza e pigrizia.

È strano! Una quantità di sigle mai viste appare all’improvviso. Valanghe di sconosciuti si accalcano sui muri. Spuntano qui e là i celebri «Comitati Elettorali» che per qualche giorno mimeranno l’esistenza di luoghi della politica. Soldi buttati. Ma usa così.

Escluso per principio che si tratti di un mercato delle vacche, inammissibile l’accattonaggio di consenso a buon mercato, non resta che attendere, tra Bari e Lecce, che un totale di quarantadue aggregati politici ci faccia sapere in cosa si distinguono, cosa li rende diversi, quali sottigliezze li differenzino.

Non poche malelingue vedono in questo pandemonio una estrema forma di cialtroneria, un abisso di mascalzonaggine e, peggio, l’anticamera di non pochi disastri.

Certo, si leveranno quarantadue voci per confutare le malelingue. quarantadue programmi elettorali saranno resi pubblici e tutti potranno apprezzare la ricchezza dei distinguo, la profusione dei cavilli, la minuzia delle alterità.

C’è ancora un po’ di tempo prima del voto. Coraggio! Non siate timidi.

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