L'analisi
Bardi trionfa nelle urne: ora la vera battaglia è contro lo spopolamento
Sullo sfondo l’incognita autonomia tra le ricche royalties e il dislivello dei Lep
La Basilicata riparte da Vito Bardi. Il governatore uscente ha stravinto le elezioni alla guida della coalizione di centrodestra, un campo largo sui generis che ha coinvolto anche partner tradizionalmente collocati con Pd e M5S (almeno nelle amministrative), ovvero Italia Viva ed Azione. Un successo per certi versi annunciato anche a causa dei ritardi che il centrosinistra ha accumulato nel tempo prima di sciogliere ogni riserva sulla candidatura alla fine assegnata al presidente della Provincia di Matera, Marrese.
Ma sarebbe riduttivo spiegare le ragioni del successo del centrodestra solo in considerazione delle pietre d’inciampo collocate nell’accampamento degli avversari. I numeri, del resto, confermano una tendenza che si era per certi versi registrata cinque anni fa in occasione della prima elezione del governatore Bardi, all’epoca scelto direttamente dal presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi. E non regge neanche la retorica sul calo dell’affluenza che, alla fine, colpisce tutti i competitor. Certo, il dato inferiore al 50% impressiona ma era prevedibile soprattutto quando il numero degli elettori è superiore ai residenti della regione. Più che una scelta politica il non voto è stata una decisione forzata dettata dalla collocazione geografica.
I lucani hanno dunque dato fiducia al centrodestra che ha governato in questi cinque anni e per Bardi si tratta di incassare una cambiale in bianco che va onorata per tutto e per tutti perché dopo che si vincono le elezioni si diventa presidente di tutti i cittadini e non soltanto di chi ha votato il centrodestra.
Non si parte da zero, almeno a sentire il governatore uscente, perché qualcosa di importante è stato impostato in una regione per lunghi anni lasciata in disparte dopo la stagione della prima repubblica con Emilio Colombo e le «istantanee» di progresso scattate durante il pre ed il post «Matera capitale della cultura» che, se non altro, hanno riacceso i riflettori su di un’area ritenuta marginale ed in affanno ma che ha potenzialità importanti per riscattarsi.
Sullo sfondo di questo successo, che premia indirettamente anche l’azione del Governo nazionale che incassa il sorpasso con le presidenze regionali chiamate al voto negli ultimi due mesi (Basilicata e Abruzzo al centrodestra, Sardegna al campo largo del centrosinistra), c’è comunque il punto interrogativo dell’autonomia differenziata che, per la Basilicata, potrà essere certamente un vantaggio quando si tratta di gestire le ricche royalties del petrolio, ma che al momento segna non poche incertezze rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni (al minimo sindacale), visto che servirebbero enormi risorse non per mettersi al passo con i «lep» nazionali ma per recuperare il gap che caratterizza qualsiasi parametro di valutazione dei servizi pubblici: dalla sanità ai trasporti; dal welfare al diritto allo studio.
Ecco una delle prove più significative a cui il riconfermato governatore Bardi sarà chiamato ad affrontare, insieme alla sua coalizione, con una strategia dal doppio passo, quello immediato per far fronte alle emergenze inderogabili (basti pensare alla mobilità passiva in materia sanitaria) e quello di medio lungo periodo per gettare le basi di un intervento in grado di abbattere gradualmente le dispari opportunità che caratterizzano la Basilicata al pari delle altre regioni meridionali, fatta eccezione per quelle cosiddette eccellenze che pure illuminano ma non del tutto un percorso accidentato e spesso in salita.
Ma al di là di ogni elemento di valutazione sulle cose da fare (ancora) e su quella da riprendere (dopo i primi cinque anni) c’è un fattore che diventa sostanza per qualsiasi azione politica: fermare il calo demografico non dipendente dalle nascite in ripiego (fenomeno generale in Italia), ma quello legato all’emigrazione soprattutto dei giovani che cercano altrove lavoro, ambiente, opportunità di studio che, evidentemente, non riescono ad intercettare in una terra pure generosa e ambiziosa. Il dato sul calo delle iscrizioni all’Università della Basilicata (quel meno 28% fa venire i brividi) spiega tante cose, ad iniziare dall’impoverimento del capitale umano della regione, ma anche del prodotto interno locale che viene dirottato altrove (pensiamo solo agli studenti fuori sede). È un dovere morale oltre che politico tentare di frenare questa emorragia che ripete le percentuali dei primi del Novecento e degli anni sessanta, quando si emigrava oltreoceano e nel triangolo industriale del nord Italia. Una disperazione circolare che richiama feedback che pensavamo di consegnare alla storia. Ci sono chiaramente ragioni per fuggire, ma ci sono tante altre per progettare un futuro in una terra ricca di storia e di possibilità. Senza i giovani e privi della loro potenzialità e del loro entusiasmo, la Basilicata rischia di essere una regione avanzata sul fronte dell’autonomia ma con una sovranità limitata quanto a capitale sociale. È il compito più arduo ma anche più esaltante che spetta al riconfermato governatore Bardi e alla sua pattuglia di governo. Le elezioni sono finite ma la sfida contro il destino continua.