L'idea
Scomparsi i partiti è il tempo degli apprendisti stregoni
Che fare? Non è facile rispondere al Partito democratico davanti agli arresti e agli indagati a catena in cui sono coinvolti in prima persona il Comune di Bari e la Regione Puglia
Che fare? Non è facile rispondere al Partito democratico davanti agli arresti e agli indagati a catena in cui sono coinvolti in prima persona il Comune di Bari e la Regione Puglia. Politicamente il campo largo si era costituito attorno ai due candidati a sindaco, da un lato, Michele Laforgia, dall’altro, Vito Leccese, adesso, si è trasformato in campo di battaglia. Dopo le ultime vicende giudiziarie, Giuseppe Conte, in una la manifestazione a favore di Laforgia, che ha tenuto con Nichi Vendola, ha affermato che le primarie non si faranno più e, di conseguenza, il campo largo è entrato in crisi. Laforgia e Leccese, direbbe Benedetto Croce, sono due «caciocavalle appise». Fuor di metafora, Conte insiste su Laforgia candidato a sindaco e il Pd su Leccese. Muro contro muro. Insomma, il Nazzareno è restato spiazzato da Conte e non ha idee come proseguire, trovandosi in un cul de sac. Conte, prendendo al volo le inchieste, non smentendosi la mette sul piano moralistico as usal. Per il leader 5s, le primarie potrebbero dare spazio a infiltrazioni di elettori in odore di mafia, ragion per cui, si oppone allo svolgimento e impone a candidato sindaco senza se e senza ma, Michele Laforgia. Ad onor del vero, Laforgia è stato sempre ostile alle primarie, preoccupato che potessero essere inquinate, ma visto che la situazione si era incagliata, per via della ferma indisponibilità a farle dai dioscuri Emiliano e Decaro, aveva, suo malgrado, ceduto allo svolgimento, con la piccola soddisfazione di tenerle in alberghi cittadini, invece, sotto i gazebo piantati in alcuni quartieri. È stato facile profeta, alla luce dei fatti e misfatti. Ma andiamo per ordine. Al momento, si fatica a pensare chi sarà tra Laforgia e Leccese il candidato a sindaco. Ricondurre ad unum facile a dirsi e difficile a farlo. Se non ci sarà una ricucitura, in base alle dichiarazioni dei due poli del campo largo sarà cosa impossibile, si avranno candidati a sindaco Michele Laforgia e Vito Leccese.
L’avvocato è sostenuto da Nichi Vendola, Giuseppe Conte, Matteo Renzi, PSI e movimenti civici, Vito Leccese dal Partito democratico, da Michele Emiliano, Carlo Calenda e movimenti civici.
Tuttavia, Conte mette i puntini sulle i: «Non accettiamo mancanza di rispetto e nessuno può permettersi di dire che il M5s è sleale o alludere a questo». E chiarisce che aveva avvertito la Schlein nel caso in cui l’inchiesta si fosse allargata non sarebbe stato disponibile proseguire con le primarie. Solo se il Partito democratico accettasse il nuovo percorso il rapporto potrebbe essere ripreso. Gira e rigira il percorso porta a Michele Laforgia. Abilmente Conte passa il cerino acceso alla Schlein e lei e solo lei dovrà decidere.
L’inchiesta «Codice interno» della Procura antimafia di Bari ha scoperchiato il vaso di Pandora in cui si è trovato l’inquinamento elettorale alle elezioni comunali con l’arresto clamoroso della consigliera comunale di maggioranza Lorusso e del marito artefice dell’acquisto dei voti. Va da sé che ha bussato alla porta dei clan criminali, la cui disponibilità è stata fuor di dubbio, quando ci sono di mezzo migliaia di euro. Il prezziario malavitoso presentato era il seguente: 25 euro i voti comunali e 50 quelli regionali.
Lo tsunami giudiziario ha colpito il Municipio e la Regione e si è verificato, manco farlo apposta, proprio nel corso dell’avvio della campagna elettorale comunale di Bari a giugno. Gli Enti comunale e regionale sono coinvolti per il voto di scambio e con la complicità di organizzazioni criminali nel caso della consigliera comunale Lorusso, mentre l’assessora ai Trasporti Maurodinoia alias «Lady preferenze» è accusata di corruzione elettorale. La consigliera comunale è stata arrestata e il cui marito è finito in carcere e l’assessora regionale risulta indagata e il cui coniuge arrestato. Circolavano voci sul coinvolgimento nell’inchiesta di Anita Maurodinoia, ma alcuno ne ha tenuto conto, fino a quando, la Procura antimafia non l’ha indagata e a fronte di ciò si è dimessa dalla giunta regionale nonché dal Partito democratico. Nel primo filone dell’inchiesta ci sono stati 130 indagati tra i quali degli arrestati nel secondo 72 indagati. Ai domiciliari il sindaco di Triggiano. Per completare il quadro è scappato anche il morto: un noto pregiudicato è stato assassinato.
Il fenomeno del cosiddetto ventre molle elettorale, i cui spostamenti si verificano a seconda il potere dove si colloca, ha colpito al cuore il Partito democratico. Trattasi di un male endemico politico - elettorale in cui c’è di tutto e di più con la presenza prezzolata della malavita. Non ha connotati ideologici e ha un enorme deficit politico il cui sconfinamento arriva al qualunquismo più deteriore e l’unica cifra cui fa riferimento è il potere per il potere. I Dem non si sono saputi sottrarre al ventre molle e, per dirla con Flaiano, è specializzato nel salto sul carro del vincitore. Chiunque vincesse si ritroverebbe a fare i conti, piaccia o no, con il ventre molle, se non si attrezzerà con degli anticorpi. Ciò che non ha voluto produrre il centrosinistra. Nel Mezzogiorno d’Italia il fenomeno è più presente ed è un male cronico il cui antidoto è la selezione della classe dirigente. Va anche detto che quasi sempre il ventre molle si camuffa nelle liste civiche, non portatrici di civismo bensì di trasformismo. Circondarsi solo e soltanto di yesman e fare politica appoggiandosi all’inner cicle non è un esempio di buongoverno. È un modo di fare esiziale per la democrazia decidente che non significa chiudersi a riccio, imbavagliare le rappresentanze elettive o eliminare la dialettica del confronto. Scomparsi i partiti sono venuti fuori gli apprendisti stregoni del potere che hanno rimpiazzato i professionisti della politica.