La riflessione

Salute Mentale, il ruolo dei genitori e il labirinto delle strade da imboccare

Francesco Caroli

Sorge il quesito se il nostro sistema sanitario sia dotato degli strumenti di intervento per supportare chi ha bisogno di aiuto psicologico

Continua, su vari piani, il dibattito pubblico generato dalla tragica vicenda dell’assassinio di Giulia Cecchettin. Lasciamo ad altri esperti e altrettanti contesti gli approfondimenti sulla storia e sulla situazione processuale dell’assassino Filippo Turetta e, forse, le sue specifiche patologie. Lasciamo qui perdere il tema di come, anche in questo nostro tempo, la società interpreta sul piano culturale il ruolo della donna e i comportamenti degli uomini nei loro confronti.

L’elemento su cui, invece, si vuole provare a indurre una riflessione inizia facendo un passo indietro, ovvero, da una considerazione fatta dal padre del giovane assassino, Nicola Turetta.

Egli racconta di «un figlio che credeva perfetto, mai violento, mai causa di preoccupazioni né a scuola né con gli amici. Spiega che già ad agosto, dopo il primo abbandono, Filippo gli aveva confidato di aver pensato al suicidio».

Gli studi e le ultime ricerche ci dicono che pensieri del genere, nei nostri giovani, non sono così sporadici. Tutt’altro. E allora, cosa può, o dovrebbe fare un genitore davanti a un’affermazione del genere? Da cosa è influenzata e come cambia la risposta a una siffatta situazione? Dal contesto di vita? Dal luogo dove si vive, ovvero un paesino, una cittadina di provincia o una metropoli?

Può dipendere dalla condizione culturale? Dalle disuguaglianze sociali o economiche? Da quanto quel giorno si ha tempo di ascoltare? O da quanto se ne ha voglia? Da quanto si prendono sul serio le parole dei figli e dei giovani? Dal fatto che un figlio scelga di rivolgersi al padre o alla madre?

E ancora, anche qualora i genitori in questione fossero i più attenti, disponibili e sensibili, abbiamo davvero dotato queste persone degli strumenti per affrontare il tema del benessere psicologico nei nostri giovani che quest’epoca ci impone?

Ma soprattutto il nostro attuale sistema di salute, il nostro sistema sanitario ha pronti e disponibili degli strumenti di intervento per supportare chi ha bisogno di aiuto psicologico? Ha le sentinelle per intercettare questo tipo di segnali? Ha quegli strumenti di «pronto soccorso mentale» per evitare che le situazioni degenerino? Cosa può fare nell’attuale sistema un genitore che si rende conto che il proprio figlio ha una situazione potenzialmente pericolosa (vale anche viceversa)?

La risposta, in fondo, la conosciamo tutti e non è positiva. Per anni abbiamo trascurato la salute mentale ritenendola un tema di serie B, la prevenzione in questo campo non è mai stata un tema all’ordine del giorno come società e dunque non lo è mai stata neanche per la politica, semplice specchio del contesto in cui opera. Non solo nei casi che sfociano in episodi di cronaca, ma strutturalmente manca un’azione di prevenzione di sistema.

Davanti a questa evidente carenza organica del nostro sistema di salute, alla palese difficoltà di accesso ai servizi, è l’ora di superare timidezza e ipocrisia, e pretendere da cittadini un salto di qualità verso un sistema di salute complessivo che parifichi l’attenzione alla salute mentale a quella fisica, soprattutto nell’età evolutiva.

Non possono essere lasciate sole le tante associazioni ed enti del terzo settore che si occupano quotidianamente del tema e il loro grande contributo non può sostituire le lacune delle mancate forti scelte di politica sanitarie necessarie.

Il disagio mentale nel 2030 sarà uno dei problemi più diffusi nella società. Occorre affrontare questa emergenza con determinazione e serietà: da un lato lavorando sulla rimozione dello stigma che colpisce chi vive il disagio o la patologia, dall’altro favorendo un approccio rigorosamente scientifico costruito su quello che avviene a livello neurologico, ad esempio, in quell'età straordinaria ma molto complessa che è l’adolescenza.

Il cervello è un organo a tutti gli effetti che può e deve essere tenuto in salute. Impariamo a pretenderlo.

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